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 2021  gennaio 03 Domenica calendario

L’Africa diventa un mercato grande come la Cina

Il Capodanno 2021 ha visto sui social media i leader protezionisti e nazionalisti gongolare per la Brexit, ma è sfuggito loro che, il primo gennaio ha salutato un opposto evento, che schiaccia in proporzioni l’uscita di Londra dalla Ue e conferma che il XXI secolo non sarà stagione di muri, ma di dialoghi. Un miliardo e trecento milioni di esseri umani, 54 Paesi africani su 55 dello sterminato continente, hanno infatti firmato un patto di libero scambio, commercio, servizi che crea una delle aree di comunicazione senza dazi, tariffe e dogane più grandi della storia. Ci si sarebbe aspettato un clamore non inferiore a Brexit, soprattutto per un Paese come l’Italia.
Un Paese che fronteggia a poche miglia marine l’Africa e ne riceve i flussi migratori in prima linea, invece la notizia è passata in sordina e vale la pena dunque di analizzarla, perché muterà, con il tempo, la nostra vita e quella dei nostri figli.
Battezzato African Continental Free Trade Act, AfCFTA, l’accordo raccoglie una comunità popolosa come l’intera Cina, nella più grande zona internazionale di libero scambio dalla fondazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, capace, secondo le stime World Bank, di liberare dalla miseria decine di milioni di persone nei prossimi 15 anni grazie all’azzeramento del 90% dei dazi intra-africani. A lungo ritardata dal Covid, l’inaugurazione del patto è stata salutata dal presidente del Ghana Nana Akufo-Addo «La nuova Africa emerge con impeto e strategia, aspirando infine ad essere davvero indipendente». Tutti gli Stati africani, con la sola eccezione dell’Eritrea, hanno aderito all’intesa e 34 la hanno già ratificata, mentre 41 dei principali governi organizzano un calendario per eliminare i dazi ai confini e rilanciare i 2140 miliardi di Pil totale. Storicamente, il continente soffre di gracili commerci interni, meno del 17% delle esportazioni totali, un modello neocoloniale angusto contro il 70% del commercio interno europeo e il 60% asiatico.
Il Regno Unito si illude con il passato nostalgico alla "The Crown", la Scozia vuol rientrare presto, libera, nell’Ue, e intanto gli africani scommettono sulla libertà, per persone, merci, servizi. Secondo un rapporto di Hippolyte Fofack, capo economista African Export-Import Bank per l’istituto Brookings, AfCFTA «rinforzerà il potere negoziale africano nelle trattative globali, spostando le frontiere del libero commercio verso un processo più inclusivo di globalizzazione. Saliranno i salari per i lavoratori, sia specializzati che no e il commercio africano potrebbe raddoppiare entro il 2030» fruttando al resto del mondo oltre 60 miliardi di valore, secondo la Banca Mondiale. David Pilling, commentatore del Financial Times, scrive che «Il mercato unico africano offrirà agli investitori economie di scala potenziali, permettendo, almeno in teoria, di produrre merci in un Paese ed esportarle, senza tariffe, nell’intero continente. Jeffrey Peprah, amministratore Volkswagen in Ghana, spera di vendere auto assemblate ad Accra in tutta l’Africa occidentale».
Naturalmente, la firma del patto è solo la partenza, e ostacoli formidabili vanno affrontati e rimossi, in aree immense e Paesi poveri, perché, come osserva Silver Ojakol, capo di gabinetto AfCFTA, «l’integrazione economica è un processo, non un evento, dovevamo cominciare e ci siamo riusciti». Agli europei, del resto, dalla Comunità del Carbone e dell’Acciaio del 1951 al Recovery Fund di questi giorni, ci son voluti oltre 70 anni per una vera fusione, anche l’Africa lavorerà a lungo contro divari millenari.
Il primo nodo saranno le infrastrutture, mancano strade, ferrovie, aeroporti, comunicazioni telefoniche e digitali, le dogane locali sono spesso prive di servizi condivisi, le strategie commerciali e la logistica vanno disegnate pressoché da zero, secondo il segretario generale AfCFTA Wamkele Mene. Ci vorrà tempo certo, e magari dapprima, come per altri accordi di libero scambio, vedi Nafta americano, certe aree verranno premiate e altre penalizzate. Per questo, conclude Fofack, servirà calibrare l’accordo interafricano per evitare contraccolpi populisti come quelli che hanno afflitto Stati Uniti ed Europa. Ma il patto, vera Contro-Brexit che non oppone i 447 milioni di europei a 67 milioni di britannici, ma lascia sperare un miglior futuro a 1300 milioni di africani, è una buona notizia per aprire il nostro 2021, e servirà meglio diffonderla e discuterla.