“SanPa: luci e tenebre”. Alla Comunità dicono che la docu-serie racconti solo le ombre.
«È difficile spiegare San Patrignano, se non l’hai vissuto. La ragione non sta solo da una parte: può essere bianca, nera o grigia, dipende dalla prospettiva. Glielo avevo detto, a quelli di Netflix. Mi avevano contattato, perché raccontassi tutto: va bene, ma prima spiegatemi esattamente cosa ne volete fare. Non li ho più sentiti».
E allora di che colore è la ragione, a San Patrignano?
«Volete sapere se ci sono state violenze, ingiustizie, bugie, dolore? Sì, molte. Ma non solo. Un tossico, se ha la roba, è tranquillo: però quando gli manca, non c’è più niente di normale. E tu, dalla tua prospettiva, non puoi raccontare, giudicare, spiegare. Non puoi, se non l’hai vissuto. San Patrignano era un mondo a parte: con gente piena di problemi, grossi problemi. E un uomo che quella gente voleva solo salvarla. A qualunque costo».
Vincenzo Muccioli.
«Un bestione di un metro e 90 per un quintale, un leone: faceva paura. Tirava certi schiaffoni. Ma aveva anche un carisma, una sensibilità, un’empatia incredibili: gli passavi accanto, e lui aveva già capito cosa ti girava nella testa. Quando sono entrato c’erano 180 ospiti, 3 anni dopo eravamo 600: gestiva tutto da solo. Ha commesso tanti errori, spesso ha esagerato: ma aveva ragione, credetemi».
Le violenze, ha detto.
«Una volta ho portato da mangiare a un ragazzo: era stato rinchiuso in una stanza, nudo. Sono tornato da Vincenzo, davanti ad altre persone gli ho urlato: “Sei pazzo, non puoi trattare la gente così”. Che ceffone, ho preso. Qualche ora dopo, da soli, mi ha spiegato: “Devo farlo, con voi non ho alternative”. Era giusto così».
Ha mai visto delle persone incatenate?
(Pausa) «Se le avessi viste, non ve lo direi. Ma posso dirvi che molti di quelli che sono scappati, poi sono morti. Vincenzo voleva solo evitare che si uccidessero».
Qualcuno lo ha denunciato, Muccioli è finito in carcere.
«Lo avevano accusato delle persone che volevano andarsene da San Patrignano, e non essere più riprese. Spesso qualcuno cercava dei pretesti per destabilizzare la situazione, e trovare così un motivo valido per fuggire. E tornare a drogarsi. Ci sono invece state cose orribili, imperdonabili: come la morte di Maranzano, pestato a morte nella macelleria chissà da chi. Qualcuno avrebbe dovuto avere il coraggio di ammettere che succedevano anche cose brutte».
Lo ha mai odiato?
«Tante volte. Ma il punto è sempre quello: la prospettiva. E spesso la mia era quella di un tossico. L’ho odiato e gli ho voluto bene, anche se quel giorno dell’87 sono andato da lui e gli ho detto che non mi piacevano troppe situazioni. San Patrignano era un microcosmo: con le sue invidie, gelosie, miserie. “Se dopo 3 anni non hai capito e te ne vuoi andare, vattene”: così mi ha detto. Il giorno dopo ho preso la valigia, lui ha rifiutato di salutarmi. Però quando sono entrato lì ero all’inferno, e Vincenzo mi ha reso un uomo libero».
A 59 anni, Piero Villaggio oggi vive in un casale in provincia di Perugia, insieme alla moglie. E gestisce un’enoteca. Non ha figli. Ma se ne avesse avuto uno disperato com’era lei allora, lo avrebbe mandato da Muccioli?
«Mi spiace dirlo però sì, non ho dubbi: lo avrei portato in quella comunità. Perché lui avrebbe fatto di tutto, per salvarlo».
Le mancano ancora un po’ di puntate, alla fine del docu-film.
«Lasciatemi vedere SanPa sino in fondo, prima di esprimere un giudizio. Spero che prima o poi mostrino anche il sole, i fiori, i sorrisi perché è stato un posto fantastico. Sorrisi che ci sono ancora oggi, ne sono sicuro. Anche se quel posto non lo potrai mai spiegare, se non l’hai vissuto sino in fondo».