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 2021  gennaio 02 Sabato calendario

L’Alfa Gt 2000 di Pasolini è ancora in circolazione

È lei senza ombra di dubbio, ma con il tempo e le modifiche subìte è come fosse stata risucchiata da un “corpo” altro. L’Alfa Gt 2000 di Pier Paolo Pasolini da lui utilizzata la sera del 1° novembre 1975 per raggiungere l’Idroscalo di Ostia non è mai stata demolita e si trova in provincia di Varese, dove siamo stati. Le foto che ritraggono il veicolo e che pubblichiamo qui in esclusiva dimostrano l’esistenza dell’Alfa a 45 anni dai fatti: stesso il telaio (nr. 2429845) e stessa la targa (K69996 Roma) la quale, però, a detta di chi l’ha venduta al nuovo proprietario, fisicamente non esiste più. Il grigio metallizzato e le pesanti ammaccature che l’hanno resa poi tanto nota spariti: ora è verde oliva e i suoi interni, in gran parte, sono pezzi provenienti da altri “corpi” di Alfa Romeo.
A riferirne la probabile esistenza per primo, alcune settimane fa, è stato il sito Patrimoni e Finanza, testata specializzata. Qualche giorno dopo il Giornale chiede al demolitore romano Rozzi Agostino se l’auto avesse subìto davvero un processo di demolizione, ma la risposta è stata l’impossibilità di recuperare il documento dati gli anni trascorsi; mentre tutto questo si svolgeva, noi eravamo già in viaggio per Varese. L’automobile era stata indicata come demolita (1981) dall’erede Graziella Chiarcossi che allo scopo l’aveva consegnata all’attore Ninetto Davoli, il quale di lì a qualche giorno l’avrebbe portata al demolitore (verbale 2010). Poi il veicolo sarebbe stato smembrato. Di lì a qualche anno, metà 80, un appassionato di motori d’epoca di Misilmeri (Palermo), di passaggio a Roma, se ne invaghisce e la acquista per poche lire. Cercherà di restaurarla ma poi per ragioni di denaro, visti i costi che necessitano questo tipo di automobili, rinuncia. In quel momento il colore dell’auto era già un altro. La terrà in un casale per molti anni finché nel 2017 un altro appassionato di Alfa Romeo d’epoca di Erice (Trapani) la acquista e nel 2019 la reimmatricola per poi rivenderla l’anno dopo all’attuale proprietario. È qui che l’uomo di Erice scopre essere stata di proprietà dello scrittore. In questa fase entrambe le targhe, anteriore e posteriore, si perdono. Passaggi che non hanno generato a quanto sembra grandi introiti: si parte da 900 mila delle vecchie lire per finire ai 15 mila euro odierni come certificato dalla visura. Il nuovo proprietario è un signore gentile che insieme alla moglie manda avanti la sua attività e nel frattempo coltiva la sua passione per le auto d’epoca. Come l’uomo di Erice, anche il proprietario preferisce non essere citato né ulteriormente contattato da privati. Non vuole che questo fatto divenga una occasione per speculare sull’oggetto, per questo si raccomanda: “Ho letto cifre astronomiche assegnate all’auto ma voglio che si sappia che non ho alcuna intenzione di venderla, vorrei avere la possibilità di riportarla alle sue fattezze originali e magari restituirla alla collettività consegnandola alle istituzioni, a un museo, pur mantenendo la proprietà”.
L’Alfa Romeo di Pasolini, da lui acquistata usata nel febbraio del 1975, merita un posto tutto suo in questa storia irrisolta. Intanto non fu l’unico veicolo presente quella notte all’Idroscalo romano e in generale non fu l’unica Alfa protagonista del sormontamento del corpo dello scrittore. Rimasta esposta per diversi giorni nel cortile della caserma dei carabinieri di Ostia e malridotta, durante una manovra di rimessaggio, presentava segni di aggressione e di tracce ematiche esterne e interne ormai sparite e non più visibili, almeno a occhio nudo. Probabilmente non più utile ai fini della ricerca di altri profili attraverso l’esame del dna. In questa vicenda fitta di verità negate trova posto anche l’orario del rinvenimento dell’auto che resta di fatto un “mistero” nonostante i verbali – non sempre coerenti – che ne hanno attestato il fermo da parte dei carabinieri il 2 novembre alle 1.30 del mattino. Proprio la stessa Chiarcossi durante il 40ennale dell’omicidio, e dopo anni di silenzio, confermò ciò che il regista Sergio Citti aveva riferito nel 2005 durante le indagini difensive condotte dal Comune di Roma: il suo rinvenimento alle 3 del mattino presso la Tiburtina annunciato dalla polizia alla famiglia. Non lontano tra l’altro dall’abitazione di Giuseppe Mastini, il recidivo evasore, anche conosciuto come Johnny Lo Zingaro, coinvolto spesso nelle indagini e uscito dalle ultime dopo una repertazione del suo dna poco ortodossa.
Pasolini quella notte si reca a un appuntamento con l’Alfa Gt insieme a Giuseppe Pelosi, l’unico colpevole riconosciuto dell’omicidio. Appuntamento il suo, come testimoniato tardivamente da Citti stesso, concordato con altre persone rimaste ignote per ragioni altre da quelle individuate nell’unico processo svoltosi contro Pelosi, il quale il 30 ottobre del 1975 d’accordo con altri aguzzini dirà: “Mi raccomando ho un appuntamento con Pasolini fatevi trovare lì” (verbale del 5 aprile 2011). Le parole sono di un testimone che ha riferito prima a Oriana Fallaci e poi, a 37 anni dai fatti, ai carabinieri del Ros, il contenuto di una telefonata a cui aveva assistito avvenuta in un bar di Piazza dei Cinquecento a Roma, riconoscendo l’ex ragazzo di vita. Il testimone ha sempre avuto un nome e un cognome ma guarda caso al tempo della prima istruttoria non era mai stato rintracciato. La telefonata è stata ammessa anche dallo stesso Pelosi in un libro (Io so come hanno ucciso Pasolini, Vertigo 2011), senza però indicare le parole che a tutti gli effetti confermavano la dinamica di un agguato e che dunque lo avrebbero potuto nuovamente coinvolgere se sommate alla testimonianza. L’avvocato Stefano Maccioni, che nel 2010 per volere di un parente dello scrittore aveva fatto riaprire le indagini, si rammarica per il tempo trascorso e per la stessa decisione presa dall’erede sull’automobile: “Una decisione inspiegabile. Oggi ma già cinque anni fa, come accaduto con la Renault 4 dove fu rinvenuto il corpo di Aldo Moro – auto conservata dalle autorità –, si potevano effettuare altri esami”.
L’ex generale Gianadelio Maletti, responsabile del reparto D del Sid al tempo, riteneva Pasolini insieme a tutto il reparto che ne seguiva i movimenti, un personaggio “scomodo” e, sempre parole sue, “anti istituzionale” (corrispondenza con chi scrive del 13 aprile 2020). Parole che un po’ riempiono i tanti vuoti di questa vicenda.