Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  gennaio 02 Sabato calendario

La rinascita di Wuhan dopo un anno di Covid

A metà del primo tempo della partita di calcio tra la squadra di Wuhan e quella di Suzhou l’arbitro fischia un rigore. Gli spalti dei tifosi vestiti di nero e di arancione, assembrati qui nella prima trasferta da quando Wuhan si è chiusa nel primo lockdown della pandemia da Covid-19, sono esplosi di gioia. Lo stadio tremava sotto i piedi di centinaia di fan. Striscioni con scritto «Forza (in italiano, ndr.) Wuhan Zall» e grida di pura gioia, come se quell’urlo al limite del truculento liberasse tutte le frustrazioni e le difficoltà che la provincia di Hubei ha dovuto affrontare dal Capodanno del 2019. Un anno terribile (il 31 dicembre di dodici mesi fa Pechino avvisava l’Oms di una «polmonite di origine sconosciuta»), che proprio attraverso lo sport si chiude svelando i primi bagliori di speranza, accompagnati da dati economici eccellenti. Certo, quell’1 a 0 è importantissimo per lo Wuhan Zall che rischiava la retrocessione e con questa rete può restare invece nella serie A cinese, la Super League, battendo lo Zhejiang Greentown. Ma questo risultato ha un significato ben più ampio che non sfugge a nessuno dei tifosi venuti in trasferta e nemmeno a quelli rimasti in città a guardare la partita sullo schermo.
«È stato un momento catartico, questo gol», confessa il tifoso Qin Youxiong a «Time». «C’è una sensazione di vittoria, ma anche l’emozione dI aver sconfitto la pandemia. Ciò vuol dire molto per Wuhan». Gli fa eco He Xinping dello Wuhan Zall Supporter club: «Nel 2020 la nostra eroica città è stata traumatizzata. Per noi tifosi la vittoria in questa partita vuol dire finire in bellezza». La redenzione dopo l’angoscia.
Il 2020 da incubo è finito davvero con tanta speranza, aprendo le porte a un 2021 che promette bene per Wuhan, per la provincia di Hubei e per tutta la Cina. Come diceva Mandela, lo sport ha il potere di cambiare il mondo. E in questo caso la vittoria di una squadra di calcio serve a ricordare ai cinesi la tipica capacità di recupero e inventiva, caratteristiche per le quali gli abitanti della provincia di Hubei sono famosi nel resto della Cina. Sono, si dice, come l’uccello a 9 teste della mitologia cinese che non si lascia mai uccidere.
A Wuhan ci sono stati ufficialmente almeno 50 mila casi di coronavirus e 4 mila morti, l’80 % del totale in Cina, anche se molti esperti indipendenti dicono che siano cifre sottostimate. Ma dopo 76 giorni di durissima quarantena, in cui nessuno degli 11 milioni di abitanti di Wuhan poteva uscire di casa e il fiume Yangtze lo poteva vedere solo dalla finestra o in tv, sono e riusciti a contenere il mostro. Quindi ora la città che prima del Covid era famosa per le università e i tifosi rumorosi si avvia alla normalità.
Certo, molti negozietti e ristorantini restano ancora chiusi e lo Wuhan Zall non può ancora giocare nello stadio cittadino, per ora solo in trasferta, ma i centri commerciali sono di nuovo pieni e le strade intasate dal traffico tipico di queste laboriose città. A novembre del 2020, le esportazioni cinesi erano il 21% in più in confronto al novembre del 2019, l’aumento più marcato dal 2011. Il merito, va detto, è del Covid, perché questo balzo è dovuto alle vendite nel resto del mondo di materiale sanitario, maschere, tute e dispositivi di protezione individuale. La capacità di rialzare la testa viene anche dall’agilità nell’aver saputo trasformare una catastrofe sanitaria globale in fonte di guadagno.
Normalità e ripresa. Lo si vede in quei treni stipati di tifosi che sono partiti dalla loro città (moltissimi alla loro prima uscita in quasi un anno), per affollare un treno dove intonare gli inni alla squadra, canti tribali che adottano le stesse ritmiche melodie in ogni parte del mondo, e viaggiare 600 chilometri tra le nebbie e il freddo per arrivare allo Stadio Olimpico di Suzhou a fare il tifo. «Durante la pandemia», racconta il tifoso Zhu Fulei, «dovevamo starcene tutti a casa perché era proibito uscire. Per mesi, anzi per metà anno, non abbiamo potuto vedere nessuna partita di calcio. Ci siamo rimasti malissimo. È stata davvero dura».
Eccoli adesso, tutti assieme, finalmente senza mascherina, liberi di sgolarsi con gli occhi lucidi, tra le urla di tripudio e di gioia, liberi anche di abbracciarsi, finalmente, cercando di dimenticare le morti di conoscenti e di amici, quell’asfissiante claustrofobia della vita nei piccoli appartamenti. E poter cominciare a credere che il 2021 riporterà il mondo che c’era prima, o forse addirittura un mondo dove la Cina, come sembrano indicare i dati, sarà ancora più forte. Anche grazie al Covid-19.