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 2021  gennaio 02 Sabato calendario

La vita di Zaniolo è già un reality senza il pallone

Può succedere di non capire Nicolò Zaniolo. Capitò all’allenatore Spalletti quando lo trascurò all’Inter, a molte più persone ora che ne seguono le vicende extra-calcistiche. Probabile accada a lui stesso, mentre cerca di rappresentarsi in ruoli di scarsa compatibilità: futuro padre responsabile del figlio avuto con una ex fidanzata abbandonata, attuale innamorato pazzo di una modella con 12 anni in più e madre di una bambina di 3 anni, eterno figlio di una mamma onnipresente quando c’è una foto da scattare o un video da girare. A 21 anni è improbabile avere una idea definita di sé e di quel che si sarà. Il pallone è una bussola: lo insegui e ti porta fin dove può il tuo talento. Se sei costretto a fermarti da una doppietta di infortuni sulla strada del successo scende la nebbia: la garanzia ridiviene speranza, tutte le carte tornano al mazzo e occorrerà una verifica, a tempo debito. Sì, ma quando? L’attesa è già una condanna. Lontane le luci degli stadi, si accendono quelle dei locali circostanti: dove, incurante della pandemia e incurabile da qualsiasi vaccino, scorre la vita mondana, intesa come concedersi al mondo, fare della propria esistenza un gioco altrui, un forum permanente di estranei da nutrire di dettagli, immagini e parole.
Con l’unica eccezione di Leo Messi tutti i campioni del calcio contemporaneo sono oggetto di una doppia, eccitante narrazione: dal lato professionale e da quello personale. Alla prima provvedono (ancora) addetti all’informazione. Alla seconda si dedicano loro stessi, costruendo e coltivando sui social un proprio avatar che indossa capi arlecchineschi o più spesso li sveste, abita case di vetro, ama donne favolose, con le quali presto litiga a colpi di pubbliche frasi e foto e chissà perché proprio allora scopre figli che riconosce presto o tardi, magari offrendo il gesto alla platea di una partita.
Era retorica la domanda sulla maglietta di Balotelli a Manchester “Why always me?” (perché sempre io?) quanto è paradossale l’affermazione di Zaniolo: «Vorrei tenere la mia vita privata lontana dai riflettori». Pochi come lui fanno autofiction attraverso i social. Ogni calciatore è ormai il personaggio di un romanzo a più mani: quelle del nucleo familiare, dei comunicatori della società per cui gioca, del media manager, dell’agente. Poi ci mette del suo: la disponibilità a entrare nella parte. Quando, sei mesi fa, venne annunciato che Zaniolo aveva affidato la sua immagine alla società di Fedez per «far crescere di pari passo il calciatore e il brand» era prevedibile una virata del linguaggio, una commistione dei generi, intervista a Walter Veltroni e paparazzata sui rotocalchi, un ampliamento della base a sostegno. Il presunto erede di Totti è in realtà già parzialmente de-romanizzato: era sulle rotaie del tram della Milano desertificata dal lockdown il ragazzino con la sua maglia che palleggiava in una foto divenuta simbolica.
L’essere arrivato in azzurro prima di un posto fisso in giallorosso lo ha reso patrimonio comune, soprattutto dei più giovani (purché non laziali) che lo vivono come un eroe dei fumetti, un supereroe se, come gli appartenenti alla categoria, sarà fortificato dalle sventure. Questi stanno dalla sua parte anche in questa fase. Il commento delle generazioni più avanzate, quando rompe il silenzio, è inevitabilmente sprezzante, individua il gene della disgregazione senza l’antidoto del genio assoluto, che nasce ogni cent’anni ed è appena morto. Ai coetanei di Zaniolo questo non interessa. L’olimpo calcistico che venerano è popolato soltanto da dei imperfetti, con figli sparsi, fidanzate discinte, cause per condotte sessualmente discutibili. È quasi un rito di passaggio, un requisito per l’iscrizione. Poi, come nei reality tv, i comportamenti indotti si mischiano a quelli spontanei fino a prevalere. Nel solo mese di dicembre Zaniolo ha fatto un trasloco improvviso, acceso una fiamma per alcuni sospetta con Madalina Ghenea, da poco separata da un milionario romeno e in cerca di ingaggi, sovrapposto la lieta notizia a quella della gravidanza della ex, finito l’anno festeggiando a torso nudo con la mamma. Una sceneggiatura impazzita cui manca l’elemento stabilizzante, più che per il brand, per il giovane uomo: il pallone.