Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  gennaio 02 Sabato calendario

Il gasdotto Tap apre i rubinetti

Il gas nel tubo interrato e, 11 metri più su, gli ulivi che tornano al loro posto. A quattro anni e mezzo dalla cerimonia di inizio lavori a Salonicco, il Trans adriatic pipeline è adesso operativo: il gas proveniente dall’Azerbaijan è iniziato a fluire fisicamente nella rete nazionale italiana dalle 6.04 del 31 dicembre scorso, grazie a un gasdotto di 878 chilometri (parte di un progetto infrastrutturale più ampio di 3.500 chilometri) che, attraverso Grecia (550 chilometri), Albania (215), Mare Adriatico (105) arriva fino a Melendugno (Lecce), in Puglia. Un’opera da circa 4 miliardi di euro collegata alla rete europea grazie al metanodotto di 55 chilometri, da Melendugno a Brindisi, realizzato in 21 mesi da Snam. Un’infrastruttura che comincia ad avere anche effetto sui prezzi: da quando Tap, in agosto, ha pubblicato il codice di rete (per i servizi offerti) lo spread di prezzo con il Nord Europa, in concorso con altri fattori, ha cominciato a ridursi dai 2 euro per megawattora, fin quasi ad annullarsi. 
Eppure, nel marzo del 2017, per lo spostamento dei primi 211 ulivi destinati a far spazio agli scavi, dovette intervenire la polizia a causa della protesta degli ambientalisti che si opponevano al gasdotto. E comunque, nella mattinata del 20 marzo di quattro anni fa, fu possibile trasportare dal cantiere appena aperto del microtunnel a un sito di stoccaggio distante 8 chilometri, solo 33 ulivi: l’opposizione dei «No Tap» bloccò l’espianto di altri alberi. 
Adesso quell’opera è terminata e i 2.109 ulivi di San Foca, frazione di Melendugno, interessati dal passaggio dei tubi fino al collegamento con la rete Snam, possono far ritorno a casa. Grazie alla numerazione e alla geolocalizzazione di ogni albero e a un tocco di vernice blu sul tronco che indica la posizione nord nel sito originario.
In realtà, di quei 2.109 ulivi, alla fine 352 non si sono mai mossi: sono stati preservati al loro posto, trovandosi ai margini della pista di lavoro (che, evidentemente, in quei punti è stata ristretta). Dei 1.757 rimanenti, 568 sono stati subito abbattuti perché colpiti dalla Xylella fastidiosa, l’infezione degli ulivi che continua a diffondersi in Salento. Alla fine, quindi, ne sono stati spostati 1.189, preservati in questi anni in otto tendoni, e di questi altri 361 – adesso contrassegnati da una X di vernice rossa sul tronco – sono stati successivamente colpiti dalla Xylella. Per questo, da riportare nella posizione originaria ne restavano 828, con le restanti 929 buche da riempire con nuovi ulivi – dall’età compresa tra 1 e 4 anni – di cultivar resistenti alla Xylella: Favolosa e Leccino. Che stanno sempre più prendendo piede: nel periodo 2017-2020, in particolare, sono state vendute quasi 1,3 milioni di piante Favolosa (e su quasi 800 mila c’è la firma del Consorzio Oliveti d’Italia, che ha sede in Puglia ma con soci in tutta Italia).
Il trasporto degli ulivi nei terreni originari è iniziato il 2 dicembre scorso e, a un mese di distanza, 1.197 sono già stati ripiantati (685 originari ripiantumati e 512 nuovi). Nel frattempo, però, tutto intorno il verde degli scorsi anni si è tramutato nel giallo degli ulivi malati. Il 20 marzo del 2017, su 231 ulivi individuati lungo il percorso del gasdotto, solo 4 furono trovati con la Xylella (i restanti 16, per arrivare al totale di 211 da spostare, erano ulivi monumentali, quindi da lasciare al loro posto). Quattro su 231 significa una percentuale inferiore al 2 per cento. Nell’ultimo spostamento di ulivi effettuato un anno fa, nell’autunno del 2019, la percentuale è salita di 20 volte, al 45% circa. Il rischio che gli 828 ulivi originari vengano colpiti dalla Xylella circostante, una volta tornati al loro posto, è quindi reale. La speranza è che il trasporto di una decina di camion al giorno (ognuno con tre ulivi) di quest’ultimo mese non si riveli inutile.