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 2020  dicembre 30 Mercoledì calendario

In Europa è boom di svalutazioni

L’Europa svaluta, l’Italia un po’ meno. Secondo l’ultimo rapporto sugli impairment curato da Duff & Phelps – società di consulenza aziendale su tematiche di governance, gestione del rischio e trasparenza -, le svalutazioni degli avviamenti nelle società comprese nell’indice borsistico Stoxx Europe 600 sono aumentate del 18% nei bilanci del 2019 a 36,4 miliardi, il livello più alto dal 2015, riflettendo i timori di rallentamento economico a livello globale. Valori non più sostenibili anche prima dell’esplodere della pandemia che hanno giustificato le rettifiche contabili incrementatesi in particolare nei settori finanziario/immobiliare (quasi raddoppiate da 9,6 a 17,2 miliardi), beni da consumo (da 1,2 a 7,5 miliardi) e energetico (da 1,5 a 3,2 miliardi).
L’indagine ha evidenziato che, al contrario, le società quotate italiane comprese nell’indice paneuropeo hanno invece registrato un netto calo degli impairment, scesi a 200 milioni rispetto ai 2,7 miliardi dell’anno prima, nonostante il quadro economico non potesse dirsi certamente migliore di quello continentale. Poco cambia se si prendono in considerazione tutte le blue chip dell’indice di Piazza Affari Ftse-Mib: gli importi svalutati nei bilanci 2019 ammontano sempre a 0,2 miliardi contro i 2,8 miliardi dell’’prima. Potrebbe essere un’indicazione che il peggio ha da venire, visto che anche in passato, dopo la crisi finanziaria innescata dal fallimento Lehman, si era notato un ritardo di due-tre anni delle imprese italiane rispetto alle altre nell’adeguare i valori. 
Gli impairment all’interno dell’indice Stoxx Europe 600 hanno interessato 126 società rispetto alle 118 dell’anno prima, per un importo medio cresciuto da 261 a 289 milioni. Del totale di 36,4 miliardi di euro, 19,3 miliardi vengono da società Uk (7,1 miliardi nel 2018), la Germania ha contribuito per 5,9 miliardi, la Francia per 2,5 miliardi. In Francia però il 42,5% delle società con goodwill in bilancio ha corretto i valori, così per il 31,8% delle società spagnole e il 23,1% di quelle del Regno Unito. In Italia invece solo l’11% delle società con goodwill comprese nell’indice ha svalutato. 
Le svalutazioni non sono comunque spalmate omogeneamente. Tendono invece a concentrarsi su poche società. Se nel 2018, per quanto riguarda le blue chip italiane, aveva pesato sulle statistiche la svalutazione degli avviamenti Telecom, nei bilanci 2019, a livello di Stoxx Europe 600, le prime dieci operazioni assommano a 25 miliardi e rappresentano più dei due terzi degli importi totali.
Gli autori dello studio segnalano inoltre che già a inizio ottobre 2020 le prime dieci operazioni per importo, sempre tra le quotate comprese nell’indice Stoxx Europe 600, avevano raggiunto i 25 miliardi, pareggiando il livello di tutto il 2019. In particolare, è stato il settore finanziario a dover ancora tirare una riga sugli avviamenti, sia per la crisi Covid che ha complicato il quadro in un settore già messo alla prova dalla lunga stagione dei tassi bassi, sia per le incertezze legate alla Brexit. Un fattore, quest’ultimo, che aveva già giocato un ruolo su 2019. Infatti, le due svalutazioni più pesanti – entrambe per oltre 6 miliardi di euro – riguardavano due società inglesi (Hsbc e Reckitt) e quattro impairment sui primi dieci erano relativi a società Uk, per un importo complessivo di 16 miliardi di euro sui 25 miliardi totali.
«Anche se non sappiamo ancora quale sarà l’impatto finale della pandemia da Covid-19, le prospettive per le imprese europee, salvo alcuni settori specifici, sono decisamente peggiorate rispetto all’inizio dell’anno e gli analisti hanno rivisto significativamente al ribasso le stime degli utili per il 2020 – osserva Enrico Rovere, managing director valuation advisory di Duff & Phelps in Italia – Il percorso e la velocità della ripresa economica dopo la crisi innescata dal Covid e il suo impatto sulla crescita a lungo termine saranno tra i fattori cruciali per le aziende europee nel valutare se effettuare operazioni di impairment sul goodwill nei prossimi due anni. Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, potremmo ipotizzare che le imprese più diversificate, con prodotti tecnologicamente avanzati e forte vocazione alle esportazioni, possano subire in misura minore gli effetti del rallentamento economico, così come alcuni settori anticiclici come quello alimentare, di cui l’Italia è leader a livello globale. Le banche, da parte loro, hanno fatto molta pulizia nei bilanci negli ultimi anni, ma difficile dire che sia finita. Sarà importante capire la capacità di reazione delle nostre imprese, che dovranno adattarsi ai nuovi paradigmi derivanti dagli effetti della pandemia, primo fra tutti una maggior digitalizzazione dell’economia».