Corriere della Sera, 29 dicembre 2020
Appello ai poeti per ricominciare
Nei giorni di Natale, i ragazzi di Santarcangelo di Romagna hanno girato il paese per regalare letture di versi ai concittadini. I quali camminando per strada, aspettando in posta o in stazione, entrando al supermercato, affacciandosi alla finestra o alla porta di casa sentivano leggere testi di Majakovskij e di Tonino Guerra. Santarcangelo è un paese che, pur nel suo piccolo, ha (avuto) una impensabile concentrazione di poeti: oltre a Guerra, il grandissimo Raffaello Baldini e Nino Pedretti. È comunque sorprendente (e, perché no, incoraggiante) registrare come in certe fasi complicate ci si ricordi che esistono i poeti e la poesia, a cui si può sempre ricorrere. Non meraviglia che papa Francesco, nell’omelia della vigilia, abbia citato Emily Dickinson: «Da stanotte la residenza di Dio è accanto alla mia». Sorprende, invece, che a conclusione dell’accordo con Boris Johnson sulla Brexit Ursula von der Leyen abbia trovato il modo di inserire, nel suo discorso, due citazioni poetiche degne di nota (ne ha accennato Paola De Carolis). La prima è tratta da Shakespeare (Romeo e Giulietta): «Separarsi è un sì dolce dolore». La seconda, più interessante, proviene dai Quattro quartetti di T.S. Eliot e dice: «What we call the beginning / is often the end, and to make an end / is to make a beginning». In italiano: «Ciò che diciamo principio / spesso è la fine, e finire / è cominciare». Tutt’altro che una citazione ovvia. In primo luogo perché Eliot, oltre a essere uno dei maggiori poeti del Novecento (il più amato da Montale), era un europeista critico ma convinto: convinto anche, tra l’altro, che il grande classico comune è Virgilio e che Dante è più influente di Shakespeare per la cultura europea (cosa che persino noi italiani riusciamo a sottovalutare). E in secondo luogo perché, parlando di inizio e di fine, quei versi ci riportano a questi giorni, in cui la separazione dalla Gran Bretagna è in fondo poca cosa rispetto al congedo dall’annus horribilis, che coincide perfettamente con la speranza di un nuovo inizio, forse liberati dal virus grazie al vaccino. Pazienza la Brexit, adesso quel che conta è la Covidexit. E l’augurio è che la fine (anche scaramantica) del 2020 sia davvero con «ciò che diciamo principio». Sempre tenendo presente l’avvertimento di Tonino Guerra: «C’è chi non sa dove andare e sta correndo per andarci subito».