Innanzitutto complimenti per il riconoscimento del Time . Gitanjali, quando è nata la tua passione per la scienza?
«A 4 anni mia madre coinvolgeva me e i miei amici in una sfida del tipo "Progetta il tuo hotel": vinceva chi ricorreva agli ultimi ritrovati della tecnologia. Io mi impegnavo molto, ricercavo informazioni. E in genere vincevo. Ho smesso di vincere quando ha iniziato a partecipare anche il mio fratellino, ma solo perché se non lo facevamo vincere scoppiava a piangere!»
A soli 11 anni hai iniziato a pensare al problema dell’acqua contaminata da piombo…
«Sono venuta a sapere della crisi del piombo nell’acqua — che ha colpito duramente la città di Flint, nel Michigan — durante un laboratorio scientifico che abbiamo fatto a scuola per imparare come si può ripulire il mare dalla contaminazione da petrolio grazie ai filtri. E lì mi sono detta: "Wow, quello di Flint è un problema vero, perché rimuovere il piombo dall’acqua non è facile come separare l’acqua dal petrolio…".
E come hai trovato la tua soluzione?
«Per la parte tecnologica ho preso ispirazione dalla pagina web di ricerca sulle scienze dei materiali del MIT. Lì ho visto che i ricercatori del MIT usavano i nanotubi di carbonio per rilevare la presenza di vari gas pericolosi nell’aria. È allora che mi sono resa conto che puoi usare i nanotubi di carbonio anche se vuoi trovare il piombo nell’acqua. Devi solo usare nanotubi in una forma meno dispersiva, così che si possano immergere in un liquido».
E così hai costruito "Tethys", il
tuo rilevatore di piombo nell’acqua…
«L’ho fatto perché chiunque possa trovare risposta immediata alla domanda: "L’acqua del mio acquedotto è sicura?". Il mio sistema funziona così: faccio passare una corrente elettrica nei nanotubi, che ho cosparso di ioni cloruro. Gli ioni cloruro, quando trovano atomi di piombo, reagiscono formando delle molecole più grandi — di cloruro di piombo — che alzano la resistenza elettrica nei nanotubi. Ciò viene misurato da un processore che manda via Bluetooth un segnale allo smartphone, dove un’app ti dice quanto è inquinata l’acqua».
Qual è l’aspetto di questa invenzione che ti rende più orgogliosa?
«Mi ci è voluto un po’ per trovare un laboratorio dove fare i miei esperimenti. Dopo aver mandato centinaia di email e di telefonate, finalmente ho avuto accesso a un laboratorio. E quello è stato il mio "momento A-Ha!" dove tutto ha iniziato ad andare per il verso giusto. Sono stata molto fiera».
Come funziona il tuo sistema per diagnosticare la dipendenza da oppiacei?
«Il mio dispositivo analizza un campione di fluidi corporei e misura quante proteine vengono espresse da un gene detto "Mu opioid receptor". Più proteine vengono prodotte, più sei a rischio di dipendenza. L’idea mi è venuta dopo che un amico di famiglia ha avuto un incidente d’auto e si è ritrovato dipendente dai farmaci antidolorifici. E quando ha saputo di esserlo, ormai era troppo tardi per rimediare».
Hai degli eroi scientifici a cui ispirarti?
«La mia maggiore ispirazione è Jonas Salk, per il suo genio e per il suo altruismo. Sviluppò il vaccino per la poliomielite e non volle mai brevettarlo. Per me è un grandissimo esempio di come si possa davvero contribuire al benessere di tutti».
Sembra che per te l’aspetto sociale della scienza sia molto importante.
«Penso che non potremmo avere un mondo pieno di positività e speranza senza coinvolgere la scienza. Possiamo fare esperimenti e creare teorie, ma il punto cruciale è che dovremmo usarli per portare cambiamenti positivi, per avere un impatto sul mondo. E questo è quello che mi prefiggo di fare».
Ancora oggi in molti Paesi le ragazze vengono scoraggiate dall’intraprendere una carriera scientifica. Come si può rimediare?
«Credo che il problema principale sia quello dei modelli. La cosa migliore è mostrare alle ragazze delle altre ragazze che sono come loro, parlano come loro e fanno le cose che fanno loro, ma che si occupano di scienza».
Non rischi di essere un modello irraggiungibile per i tuoi coetanei?
«Spero proprio di no. Penso che la cosa più bella dell’innovazione è che chiunque può essere un innovatore. Quello che vorrei trasmettere al mondo è l’idea che io sono solo una ragazza che segue la sua passione, e che chiunque può farlo. C’è questo luogo comune che solo chi ha dei voti altissimi a scuola o al college può essere un innovatore, ma la realtà è che chiunque può cambiare il mondo, se ci si dedica davvero. Sai, tutti possiamo sognare in grande: nessuno può fermarci, se non noi stessi».