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 2020  dicembre 29 Martedì calendario

22QQAN40 Alle origini dello stile Thatcher

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Il 4 maggio 1979, Margaret Roberts Thatcher si presenta al numero dieci di Downing Street. L’attende una folla di giornalisti. L’esordio della prima premier donna della Gran Bretagna è spiazzante. Dopo essersi definita emozionata e consapevole della responsabilità, la futura Lady di ferro recita alcuni versi della preghiera semplice di san Francesco: «Dove è discordia che noi portiamo l’armonia, dove è l’errore che noi portiamo la Verità, dove è il dubbio che noi portiamo la fede, dove è la disperazione che noi portiamo la speranza». A inserire il brano nella dichiarazione inaugurale è stato Ronnie Millar, autore teatrale e televisivo. Fino all’ultimo, la neopremier si è mostrata scettica, per convincerla Miller le aveva ricordato il “coraggio” di Winston Churchill. Nella scelta di pronunciare quel discorso, rimasto il più popolare della sua storia politica, si legge in controluce lo “stile Thatcher”. La cui cifra politica è l’equilibrio «tra teoria e prassi, nel quale anche l’antiintellettualismo viene in un certo senso trasformato in principio», scrive Eva Garau in Margaret Thatcher. La formazione e l’ascesa (Carocci, pagine 270, euro 28,00). A differenza delle biografie tradizionali sulla leader conservatrice, il saggio sceglie di concentrarsi sul periodo precedente al premierato, con uno sguardo «rivolto alle condizioni e allo stile di vita, all’influenza dei valori religiosi e morali e alle ambizioni che tanto peso avrebbero avuto nel compimento del suo percorso politico», afferma l’autrice, storica di Cagliari ed esperta dei partiti di destra in Italia e Gran Bretagna. Gli anni di Grantham – trascorsi nella casa sopra alla drogheria paterna – e Oxford e il primo periodo di attività politica sono fondamentali nel formare la personalità e la visione politica della futura premier.
Cruciale è, ad esempio, la figura del padre Alfred Roberts, self made man «che aveva saputo cogliere le opportunità offerte dalla nuova congiuntura economica del dopoguerra, alternava al lavoro nella drogheria il ruolo di lay preacher, predicatore laico della comunità». La sua rigida etica del lavoro e la fede nella responsabilità individuale e nel merito, in Margaret diventeranno «prassi e linguaggio politico». Come pure sono importanti gli studi di chimica a Oxford, dove «si distingue più per l’affidabilità e la precisione nello studio e nella scrittura che per i risultati brillanti». Al tempo, risale il suo esordio politico con l’associazione dei giovani conservatori, esperienza che l’avrebbero resa «determinata e flessibile, capace di trasformare la continua ridefinizione di pensiero politico e azione pragmatica in uno stile di governo riconoscibile». Già in questi anni, emerge «il tentativo di trovare solide basi teoriche per la costruzione di un nuovo conservatorismo, di una filosofia politica ricavata dallo studio dei pensatori classici e contemporanei» e, al contempo, impregnata di prassi. Attraverso l’analisi di documenti d’archivio, discorsi e interviste, il saggio ricostruisce l’approdo al Parlamento e la lenta ascesa fino ad assumere la guida dei Tory, l’11 febbraio 1975. Un percorso accidentato, che ne avrebbe forgiato la tempra, rendendola la leader “inevitabile”. Il suo slogan, quattro anni dopo, sarebbe stato there is no alternative, non c’è alternativa. Il thacherismo – un conservatorismo radicale e intransigente fondato sulla libertà responsabile, il merito e il sacrificio – era ormai un dato di fatto.