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 2020  dicembre 27 Domenica calendario

QQAN63 Su "Ecce homo" di Friedrich W. Nietzsche (Bur)

QQAN63

Tra le biografie di Nietzsche spiccano quelle di Lou Salomé (Nietzsche nelle sue opere), per gli stretti rapporti personali che la Salomé aveva intrattenuto con Nietzsche, poi quella di Curt Paul Janz in tre volumi (Vita di Nietzsche), la più completa, e quella in tre volumi di Charles Andler (Nietzsche, sa vie et sa pensée). Ma la più importante è certamente l’autobiografia, scritta (dal 15 agosto al 4 settembre 1888) da Nietzsche a Torino: Ecce homo. Come si diventa ciò che si è.

Perché la scrisse? Perché si apprestava, disse, a chiedere all’umanità la cosa più difficile e sentiva il dovere di dire chi era lui. Nello stesso tempo, vi cercava conforto contro la solitudine a cui il suo grande compito l’aveva condannato, contro l’incomprensione del pubblico e degli amici, contro i torti subiti e contro il pericolo di essere scambiato con qualcun altro. 
Ma all’inizio dell’opera il fine diverge: «In questo giorno perfetto, in cui tutto matura e non solo l’uva si imbruna, un raggio di sole si è appena posato sulla mia vita: mi sono guardato indietro, ho guardato avanti: mai ho visto così tante e così buone cose in una volta. Non invano ho seppellito oggi il mio 44° compleanno [15 agosto], potevo seppellirlo – ciò che in esso vi era di vita è salvato, è immortale. (…) Come potrei non esserne grato a tutta la mia vita?E così mi racconterò la mia vita». 
Sembra dunque che l’abbia poi raccontata per gratitudine. Il 9 dicembre scrive infatti a Peter Gast: «Da Nizza sono arrivate tre casse di libri. Da alcuni giorni sfoglio la mia letteratura e adesso per la prima volta mi sento alla sua altezza. Capisce che cosa voglio dire? Ho fatto tutto benissimo, ma non me ne sono mai accorto – al contrario!... Per esempio le varie prefazioni, il quinto libro dellaGaia scienza – diavolo, cosa non c’è dentro!» 
Ma se raccontò la sua vita per esprimere la sua soddisfazione, egli incappa allora nella critica generale di Benedetto Croce: «Soddisfatto è solamente colui il quale, a un certo momento, cessa dal pensare, e si mette ad ammirare se medesimo, cioè il suo cadavere di pensatore; e fa oggetto delle sue cure non più l’arte o la filosofia, ma la sua propria persona»; e incappa inoltre nella critica specifica di Giorgio Colli: (in Ecce homo) «l’interesse per problemi oggettivi di pensiero si rovescia in una sovreccitata contemplazione della propria persona, che di tali problemi diventa l’abbreviazione, il compendio visibile. Un evento, tra il mistico e il patologico, sta alla base di quest’ultimo processo involutivo. È come se i nodi teoretici d’un tratto si fossero allentati, addirittura sciolti; l’assillo dei problemi che negli ultimi anni invano egli aveva cercato di circoscrivere, di dominare, improvvisamente risulta svanito, il grande progetto di elaborare una filosofia sistematica è lasciato cadere senza che trapeli nessun turbamento profondo, nessuna indecisione al riguardo, senza segni di crisi. Forse è subentrata una sazietà di fronte ai tormenti e agli allettamenti della ragione, l’ansia di mettere a nudo le radici dell’agire umano si è spenta, forse la verità stessa cessa inavvertitamente di essere desiderabile; oppure si tratta di impotenza, come quella di un cacciatore che ha esaurito le sue frecce. Notevole è che questo scacco (…) non si accompagni per nulla a un rilassamento, a uno stato di depressione, ma si manifesti al contrario in un sentimento di leggerezza, come per un grave fardello deposto, anzi in un’esaltazione e in un’euforia irreversibili. Qui si innesta il patologico, poiché un impeto visionario presenta la frustrazione come una conquista [..]. La lotta filosofica per abbracciare un universo di relazioni, per ridurle in cifra, si è arenata, il tormento si è mutato in baldanzosa lievità, poiché l’oggetto arcigno è stato soppresso, il soggetto è diventato oggetto docile che si lascia raccontare».
Ora, il principio enunciato da Croce è indubitabile, e la geniale analsi dell’anticrociano Colli è certamente fondata, ma bisogna vedere se è vera fino in fondo. Sebbene infatti Nietzsche insista sulla necessità di un libro come Ecce homo quale «preludio della trasvalutazione di tutti i valori», cioè della traduzione (svalutazione) dei valori spirituali in valori naturali, biologici, che sconvolgerà il mondo («in due anni avremo la terra in convulsioni»), la motivazione profonda può essere stata un’altra: quella stessa che era stata di Croce nello scrivere il Contributo alla critica di me stesso, quella di Colli stesso nello scrivere il Dopo Nietzsche e quella di Goethe nello scrivere Poesia e verità, ossia il bisogno di conoscere se stesso e lo sconosciuto che si è portato dentro e ha fatto quel che ha fatto seguendo una logica sconosciuta, vale a dire il senso della sua vita, della sua opera e della sua missione storica. L’individuo, infatti, non conosce se stesso, è per Goethe «un organo del suo secolo che agisce per lo più inconsapevolmente». Tale è il grande in particolare che, come organo della storia, assolve una missione di cui al momento non è consapevole ma dalla quale è dominato e addirittura suscitato, dato che è la storia che fa l’uomo e non l’uomo che fa la storia, come è l’albero che fa la foglia e non la foglia che fa l’albero. 
Quale era la missione di Nietzsche? Portare a termine il multisecolare processo di secolarizzazione (sostituzione di Dio con la Natura e della teologia con la filosofia), scatenato dai filosofi rinascimentali per reazione alla decadenza della Chiesa e della religione, processo che dà il carattere all’età moderna. Nietzsche lo concluse attraverso tutte le sue opere, serenamente con Così parlò Zarathustra, ma poi, quando fu ripreso dalle selvagge correnti dell’epoca, con la grandiosissime (Strindberg) Genealogia della morale, con L’Anticristo, il Crepuscolo degli idoli ed Ecce homo
Con Ecce homo, scrive Nietzsche a Carl Fuchs il 27 dicembre 1888, «ho posto ad acta per la prossima eternità la questione di chi sono io. Da ora in poi non ci si dovrà mai più preoccupare per me, ma solo per le cose per le quali io esisto». Quali sono queste cose? Ecce homo è «l’attentato senza riguardi al Crocifisso» che, scritto dopoL’Anticristo, ma come prefazione all’Anticristo [di cui appositamente fu interrotta la stampa], «termina in tuoni e fulmini contro tutto quanto è cristiano o infettato dal cristianesimo». Con tuoni e fulmini termina infatti questo capolavoro conclusivo dell’opera nietzschiana, già pervaso dalla sulfurea euforia dell’incombente follia. È l’ultima continuazione e la conclusione del pensiero di Nietzsche. Questa continuazione e conclusione costituiscono l’interpretazione in cui Nietzsche, sentendosi prossimo a una scadenza fatale, stringe e sintetizza il suo pensiero e la sua opera, chiarenndo a se stesso e agli altri il senso della sua vita come pensatore, cioè i suoi percorsi ed esiti intellettuali.