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 2020  dicembre 27 Domenica calendario

Intervista a Christian De Sica per i suoi 70 anni

Christian De Sica compie 70 anni il 5 gennaio: «Sono nato nel giorno in cui papà in piazza Duomo girava la scena finale di Miracolo a Milano, i poveri che volano in cielo sulle scope. Era il 5 gennaio 1951», racconta l’attore al telefono dalla sua casa all’Aventino.
Mezzo secolo di carriera iniziata nelle balere, passata per la tv del sabato sera e il cinema, 112 film da Roberto Rossellini a Neri Parenti.
Che infanzia è stata la sua?
«Meravigliosa. Papà non mi ha mai fatto sentire il peso di quello che era, guardavamo le partite in pantofole.
Solo dopo la sua morte ho capito che lui e Rossellini avevano rivoluzionato il cinema con il Neorealismo».
Che Natali erano i vostri?
«Quelli di una volta, con l’abete vero che profumava, il piatto dei biscotti per le renne. Io e Silvia lo abbiamo ripetuto con i nostri figli, i regali sotto l’albero e le impronte delle renne…».
Natale era intenso per suo papà.
«Beh, poveraccio, non ci aveva detto che aveva un’altra moglie e un’altra figlia. Faceva tutto doppio».
Cosa voleva fare da bambino?
«Il pompiere e l’architetto. Ma papà, 51 anni e i capelli bianchi, vestiva me e Manuel con due frac neri, sembravamo due cornacchie, e ci faceva recitare scenette, “Cittadini che protestano”, “I suicidi”... Si divertiva, noi un po’ meno. Alla fine mio fratello ha fatto il musicista e io l’attore».
Qualche mattata l’ha fatta?
«Ero un ragazzo diligente. A 18 anni andai in Sudamerica a lavorare, prima cameriere poi cantante. Inizio ad avere successo, mamma mi chiama: “Torna”. Ho ricominciato con piccoli ruoli. E l’orchestrina “La pattuglia azzurra” con Massimo Boldi. Ci conosciamo da prima del cinema. Ancora oggi facciamo i film come Gianni e Pinotto».
Il primo film con Rossellini.
«Vita di Blaise Pascal, nel ‘69. Ero fidanzato con Isabella. Poi tanti altri con Pasqualino Festa Campanile, Salvatore Samperi, Duccio Tessari.
Senza contare teatro e tv. A un certo punto, anche per il fisico, mi è rimasto attaccato il personaggio del borghese mascalzone».
“In vacanza su Marte” è appena uscito sulle piattaforme.
«È una gioia per me e Boldi portare un paio di risate nelle case in questo momento. Dovevamo girare in Marocco, poi con il Covid Parenti ha avuto l’idea di ricostruire Marte a Cinecittà. Abbiamo usato uno schermo di 25 metri, lo stesso di Avatar ».
È mai stato tentato dalla carriera internazionale?
«A Parigi con Monica Vitti e Keith Carradine girammo Un amore perfetto o quasi. Guadagnavo poco e pranzavo a casa di Monica.
Girammo a Cannes durante il Festival, nel film c’è Sergio Leone.
Poi ho fatto la serie Mozart in the Jungle , The Tourist di Florian Henckel von Donnersmarck, amico mio e di mio figlio Brando».
La grande occasione mancata?
«Nel ‘79 quando giravo con la Vitti a Parigi, i giornalieri andavano alla Paramount a Hollywood e piacquero talmente tanto che mi chiesero di fare il cugino di John Travolta nell’ultimo Padrino, pensato per il Natale del 1980. Non ci ho dormito per una settimana. Invece Travolta ha preferito fareUrban Cowboy.
Tornatore aveva scritto per me
L’uomo delle stelle, ma ero sul set in Brasile e prese Castellitto».
Rimpianti?
«No. Il figlio dell’attore in Italia non è amato, ho dovuto fare una trafila dura e stupida. Ma nel mio genere sono diventato il numero uno. Papà diceva “questo è un mestiere che va bene se sei il numero uno, altrimenti ti tocca mendicare, bussare ai produttori, cercare scritture”. Alla mia età è tragico».
Lei ha fama di buon carattere.
«Papà ha sempre detto che nel lavoro non esiste il leader ma la famiglia. E il mio padrino Zavattini, quando gli chiedevo cosa leggere, rispondeva Il capitale ».
La politica non le interessa.
«Non si addice a un attore. Ma ho le mie idee. Sono nato in una famiglia di sinistra e ho visto quel che hanno fatto a papà. Aveva fatto la veglia a Togliatti ed era divorziato, l’hanno scomunicato e da morto non gli hanno fatto la messa, solo una funzione. Molti pensano che io sia un fascistone per via dei miei personaggi. Sono stato amico di Eugenio Scalfari, l’ho fatto piangere cantando le canzoni della sua gioventù, Parlami d’amore Mariù, Sono tre parole, Ma l’amore no. Il padre dirigeva il Casinò di Sanremo e quando papà si giocò tutto gli diede il biglietto per tornare a casa. Eugenio mette soggezione ma è anche tenero e fragile».
Vent’anni fa a Capodanno l’incidente all’occhio con un fuoco d’artificio.
«Il petardo mi aprì completamente il viso, per uno che fa l’attore vedersi la così... Grazie a dio ho avuto medici che mi hanno salvato e una moglie come Silvia».
Non deve essere stato facile, ora, affrontare il Covid.
«Sì, ho un’età a rischio. Lo abbiamo preso io e Silvia, ma in modo leggero, febbre non alta e una fiacca tremenda. Ora sono sul set con Alessandro Siani con la favola per fine 2021 Chi ha incastrato Babbo Natale? e preparo la versione per Rai 1 del mio spettacolo Una serata tra amici, con un’orchestra sinfonica».
Con chi vorrebbe lavorare?
«Con Gabriele Salvatores c’è una fantastica affinità, abbiamo girato
Comedians, faccio l’attore anziano che istruisce i giovani. Amo Pupi Avati, come papà muove poco la macchina ma si dedica agli attori».
Che regalo vorrebbe dal 2021?
«L’amore della famiglia e degli amici, un po’ di tranquillità per tutti».
Come festeggerà?
«Il 5 c’è il lockdown, il 4 faremo un pranzo ristretto con gli amici, Silvia e Brando cucinano benissimo».
La colonna sonora di questi 70?
« I am in the mood for love di Barbra Streisand».