Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  dicembre 24 Giovedì calendario

Investimenti Ue e statistiche cinesi

Il denaro o la politica: ancora una volta, la Ue è di fronte alla scelta. Non che l’economia e le strategie siano sempre in contraddizione; ma certe volte lo sono. È il caso del dossier sul tavolo in queste ore a Bruxelles e a Pechino: i negoziatori europei e cinesi si stanno affrettando per firmare entro fine anno un trattato bilaterale sugli investimenti reciproci, il Comprehensive Agreement on Investment. Strettamente dal punto di vista del business, un accordo ha senso. Prima di tutto, migliorerebbe l’accesso delle imprese al mercato cinese, rimuoverebbe ostacoli, creerebbe un terreno di confronto più ugualitario tra le aziende delle due regioni. Inoltre, la potenza economica della Cina è in grande salute. Nel nuovo piano quinquennale 2021-2025, Pechino non ha messo obiettivi di Pil. Ma quest’anno l’economia cinese crescerà attorno del 2% nonostante la pandemia e l’anno prossimo del 7,9% secondo la Banca mondiale, dell’8%secondo l’Ocse e dell’8,2% secondo il Fondo monetario internazionale. Significa che il Paese sarà il motore principale della crescita nel 2021. D’altra parte, l’interscambio commerciale tra Ue e Cina è enorme. Secondo Eurostat, nel 2019 la Cina è stata il terzo partner degli europei per esportazione delle merci: 198 miliardi di euro, il 9% del totale dell’export extra-Ue. Per quel che riguarda le importazioni in Europa, la Cina è invece stata il primo Paese: da lì sono arrivati beni per 362 miliardi, il 19% dell’import da fuori la Ue. (Per un deficit commerciale degli europei di 164 miliardi). Questa la statistica che segnala l’importanza economica della Cina e suggerisce la necessità di un accordo sugli investimenti (purtroppo i termini del negoziato non sono pubblici e non si sa quali siano i contenuti). Ci sono però anche statistiche di altro genere. Per citarne due: Pechino considera il numero di condanne alla pena di morte eseguite un segreto di Stato, ma secondo l’americana Dui Hua Foundation sono nell’ordine delle 2.400 l’anno; in settembre, Pechino ha pubblicato un documento nel quale ammette che 1,29 milioni di lavoratori sono stati mandati in campi di «training attitudinale» (soprattutto uiguri dello Xinjiang), quello che i difensori dei diritti umani chiamano lavori forzati. Numeri che alimenteranno l’opposizione al nuovo accordo in molti Paesi; oltre a quella geopolitica della Washington di Joe Biden.