Il Sole 24 Ore, 23 dicembre 2020
La Germania e il debito anti Covid
La pandemia ha stravolto i conti pubblici della Germania: ma non è detto che le generazioni future dovranno sopportare il conto di un enorme fardello di debito pubblico anti-Covid-19. La crisi del coronavirus tra la prima e la seconda ondata di contagi ha fatto lievitare la spesa pubblica e quindi lo stock di debito pubblico tedesco di 300 miliardi, 120 miliardi nel 2020 e 179,82 miliardi nel 2021.
Il debito/Pil della Germania chiuderà quest’anno al 71%, un grande salto all’insù rispetto al 59,6% del 2019 chiuso sotto la soglia di Maastricht per la prima volta dal 2002. E il 2021, per colpa del nuovo lockdown, andrà peggio del previsto: diversamente dalle stime del Ministero delle Finanze, che prima della seconda ondata e della stretta di fine anno sulle misure di contenimento prevedevano già un lieve calo al 70,5%, il rapporto debito/Pil l’anno prossimo dovrebbe continuare a salire, assestandosi al 74% l’anno prossimo. Già dal 2022 la Germania intende procedere a passo spedito per tagliare di nuovo il traguardo della soglia di Maastricht del 60%: secondo un rapporto di DZ Bank, basterà una crescita nominale del 3%, rendimento del Bund a sette anni allo 0,29% e un modesto avanzo primario per consentire alla formica d’Europa di rimettere le finanze pubbliche in equilibrio. E di tornare a un debito/Pil del 57,5% già nel 2027.
La Costituzione della Repubblica federale tedesca consente, nel caso di catastrofi naturali e shock esogeni, di sospendere la regola dello zero nero, del pareggio di bilancio, ma non di cancellarla. E il ministro Olaf Scholz, quando chiede al Parlamento di approvare un aumento del debito pubblico, deve al tempo stesso presentare una traiettoria in calo negli anni futuri.
Non sarà tuttavia necessario un miracolo per far tornare la Germania nel club dei Paesi a basso debito pubblico. Basterà prima di tutto che continui ancora per qualche anno l’enorme risparmio sulla spesa degli interessi per il servizio del debito. La politica ampiamente accomodante della Bce, che ha introdotto il tasso negativo sui depositi dal giugno 2014 e il QE dal marzo 2015 incentrato su copiosi acquisti di Bund, ha portato su livelli negativi l’intera curva dei rendimenti dei titoli di Stato tedeschi. E il risparmio per i conti pubblici della Germania è stato senza precedenti in questi ultimi anni: stando alle statistiche ufficiali del Tesoro, nel 2014 la spesa per gli interessi sul debito pubblico era pari a 25,9 miliardi, scesa poi a 21,1 miliardi nel 2015, 17,5 miliardi nel 2016 e 2017, 16,4 miliardi nel 2018, 12,1 miliardi nel 2019 e quest’anno ancor più bassa per la magra cifra di 9,7 miliardi. Secondo DZ Bank, questo “tesoretto” – pari al 2% di Pil rispetto alla Grande Crisi del 2008 – è ideale per consentire al governo di investire per rilanciare la crescita post-Covid nei prossimi anni e al tempo stesso, con un avanzo primario dell’1,5%, di rimettere il debito/Pil sul cammino verso il 60% di Maastricht.
«C’è un’enorme differenza tra la Grande Crisi Finanziaria di dieci anni fa e la crisi del coronavirus. Questa volta, il costo del rifinanziamento de debito pubblico è molto più basso: nel 2008 era in media il 2,5% del Pil mentre adesso orbita attorno allo 0,5% del Pil – ha detto al Sole 24Ore Daniel Lenz, analista autore del rapporto sul debito pubblico tedesco -. Questo significa che circa il 2% di Pil è ora disponibile per finanziare più spesa pubblica o per ridurre il debito rispetto a dieci anni fa. Finita la crisi-Covid, prevedo che il debito/Pil non impiegherà molto per tornare ai livelli pre-crisi: basterà un avanzo primario contenuto per i prossimi sette anni, una crescita nominale media del 3%». Secondo Lenz, l’aumento del debito pubblico in Germania per contrastare la pandemia non diventerà un fardello che peserà sulle prossime generazioni. Il dibattito in Germania sull’aumento del debito pubblico si è già acceso, i sostenitori del rigore hanno lanciato l’allarme generazionale, vorrebbero tornare quanto prima alla disciplina fiscale e a politiche di bilancio restrittive per salvaguardare le generazioni future. Il ministero delle Finanze tedesco in effetti non ha fatto in tempo a sbandierare un debito/Pil rientrato nel 2019 a quota 59,6% sotto la soglia di Maastricht, dopo il picco pari a 82,3% raggiunto nel 2010 durante la Grande Crisi finanziaria, che la crisi del coronavirus lo ha riportato sopra il 70%.
«C’è chi ritiene che le misure di aiuto e di sostegno alle imprese decise dal Governo in questa crisi pandemica siano troppo generose ma io non sono d’accordo perché questa volta il contesto è diverso, abbiamo i tassi ai minimi storici: quindi c’è spazio per aumentare la spesa pubblica rispetto alla crisi del 2008, e non prevedo che i nostri figli dovranno ripagare questo nuovo debito». La seconda ondata di contagi e le nuove restrizioni di fine anno, impreviste in novembre, hanno portato in dicembre a una drastica revisione in peggio della manovra per l’anno prossimo: il debito pubblico nel 2021 non aumenterà di 96,2 miliardi bensì di 179,82 miliardi. Questo forte incremento, pari a 83,62 miliardi, è dovuto a maggiori investimenti (dai 42,09 del 2020 ai 61,85 del 2021), a nuovi interventi nel settore sanitario, a spese per costi extra Covid per svariate decine di miliardi in più e a un rialzo degli aiuti e dei ristori alle imprese nell’ordine di 37 miliardi.
Anche se i tassi d’interesse dovessero normalizzarsi e risalire all’ 1,5% dall’attuale livello sotto zero, in Germania non si innescherebbe una spirale del debito pubblico. «Alla fine del 2019 la cedola media dei titoli di Stato tedeschi era all’1,5% e prevedo che i tassi rimarranno molto bassi molto a lungo», ha sottolineato l’economista di DZ Bank. La durata finanziaria del debito pubblico tedesco è tale da attutire l’impatto di un modesto rialzo dei tassi, che impiegherebbe tempo per trasformarsi in un aumento del costo del rifinanziamento del debito. Se il Bund settennale salisse all’1,5% per la fine del 2027, il debito/Pil orbiterebbe sempre attorno al 60%. «Nel caso di un’impennata dei tassi (per esempio il 5%), ritengo che il debito/Pil tedesco non salirebbe molto (68% circa) mentre per Italia e Grecia (rispettivamente con debito/Pil al 160% e al 200%) si porrebbe un problema di sostenibilità».