La Stampa, 23 dicembre 2020
Il bando per il Colosseo ipertecnologico
Vedere il Colosseo come solo i gladiatori l’hanno visto, ritorno al passato con i mezzi del futuro, suggestioni preziose offerte al comune visitatore. Il Colosseo pop sarà democratico ma in 3D, non holywoodiano ma grandioso, con il suo meccanismo di chiusura e di apertura studiato dai romani e qui enfatizzato, senza Russell Crowe ma ricco di suggestioni che il cinema ha resuscitato. Finalmente ieri, in tempi record, è stato pubblicato il bando per restituire al Colosseo il suo pavimento che è l’arena e dunque la possibilità di mettere a regime e valorizzare il piano sottostante, gli ipogei, che nascondono il meccanismo dello stesso monumento.
Fino al 1 febbraio i più grandi studi di architetti internazionali si daranno battaglia per aggiudicarsi un lavoro tanto prestigioso, mettendo in campo il loro sapere e la loro creatività. I soldi ci sono, 18,5 milioni di finanziamento complessivo; gli aspetti archeologici già analizzati in tre anni e mezzo di studi, entro il 2021 si stima la partenza dei lavori esecutivi. La possibilità di realizzare un imponente progetto digitale c’è, lo indica Piero Angela che ha giocato con le luci per valorizzare l’ampissimo sito archeologico di Palazzo Valentini a Roma, prima adibito a magazzino e poi i Fori Imperiali.
«La ricostruzione dell’arena del Colosseo è un’idea splendida che ha fatto il giro del mondo. Sarà un grande intervento tecnologico che offrirà la possibilità ai visitatori di vedere non soltanto, come oggi, i sotterranei, ma di contemplare la bellezza del Colosseo dal centro dell’arena». Così il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha commentato la pubblicazione del bando da parte di Invitalia per l’affidamento dei servizi di progettazione definitiva, esecutiva e coordinamento della sicurezza in fase di progettazione dell’intervento di completamento, conservazione e consolidamento delle strutture ipogee e di realizzazione del nuovo piano dell’arena del Colosseo. L’idea di rendere nuovamente fruibile la superficie del piano dell’arena del Colosseo e individuare una soluzione tecnologica, compatibile e reversibile, per la copertura degli ambienti ipogei era stata lanciata dall’archeologo Daniele Manacorda nel 2014 con un articolo pubblicato sulla rivista Archeo. Franceschini consegnò il suo entusiasmo a un tweet nel quale invitava al coraggio della realizzazione. L’idea fu poi inserita nel Piano strategico dei grandi progetti nel 2015. Ne nacquero alcune polemiche di studiosi che temevano la messa a punto di un circo nel quale ospitare qualsiasi show.
Di diverso avviso è appunto Manacorda che plaude alla bella notizia del bando. «Mi auguro che con il recupero dell’arena si torni alle suggestioni che le flessibilità tecnologiche ci consegnano. Io nello scrivere l’articolo ero mosso da una motivazione, sull’uso sociale del bene che avrebbe potuto ritrovare la fruizione dei suoi spazi funzionali. Mettevo un solo paletto alla scelta degli eventi che avrebbero abitato quegli spazi; basta che non siano di pregiudizio alla conservazione del bene stesso, scrissi. E non mi sono mai posto questioni di "decoro". Non capisco perché l’esecuzione di un madrigale vada bene e le canzoni di Sanremo no se non intervengono questioni di decibel. Trovo sia un dibattito surreale e temo l’inquisizione. Sarà il gestore del bene a farsene carico come accade a Siracusa o all’Arena di Verona». E ancora Manacorda: «La cultura archeologica e artistica italiana è imbolsita ed elitaria, guarda con sospetto alle riproduzioni delle modalità del passato offerte al pubblico. Invece gli utenti hanno bisogno di entrare emotivamente e umanamente in un luogo già vissuto, per ritrovare il senso della vita. La rielaborazione in ambito archeologico restituisce emozionalmente il rapporto con il patrimonio culturale, che altrimenti resta un tempio vietato al profano».
Un patrimonio che nel caso el Colosseo è fatto di storia in divenire, «Per 400 anni è stato anfiteatro, poi cava di materiali, ancora un rione di Roma, affittato da stalle e officine di artigiani come da documento del Duecento. Dopo il terremoto del Trecento fu periferia degradata, luogo di malfattori e artisti. Nel Settecento il Papa lo volle come luogo che ricordasse le persecuzioni cristiane per un pellegrinaggio di ritrovata religiosità. Con il Grand Tour ospitò il primo turismo. E oggi potrebbe tornare a essere una piazza dove accadono cose significative. E non sono contrario alla riproposizione controllata, in forme armoniche ed emozionanti di quello che significava lo scontro dei gladiatori. Lo suggeriva Andrea Carandini perché il Colosseo è una rappresentazione simbolica che parla al mondo, un luogo ritrovato nel quale ritrovarsi e ritornare a casa».