la Repubblica, 22 dicembre 2020
In Parlamento ogni partito ha almeno un ex grillino
I grillini in fuga hanno risparmiato solo le minoranze linguistiche. Per il resto, non c’è gruppo parlamentare dove non si siano insinuati: chi è andato con Giorgia Meloni e chi con Roberto Speranza, chi con i forzisti e chi con Renzi. Perché sì, dentro il record costituito dalla nutrita pattuglia di eletti che ha lasciato il Movimento (55 fra deputati e senatori, uno su sei), c’è un primato forse ancor più singolare: i transfughi si sono ricollocati in ogni partito rappresentato in Parlamento. Con l’eccezione della componente dove siedono i tirolesi della Svp: forse non amano il tedesco.
I seguaci di Grillo si confermano post-ideologici, anche a divorzio avvenuto. Maggioranza e opposizione, poco cambia. Il gruppo che più ha beneficiato dell’apporto di ex pentastellati è la Lega, con quattro transfughi, tutti al Senato. Dal professore universitario napoletano Ugo Grassi all’avvocatessa milanese Alessandra Riccardi, salita sul Carroccio dopo aver votato contro l’autorizzazione a procedere contro Salvini per Open Arms. Dai nostalgici dell’alleanza gialloverde ai saltafosso dentro il recinto giallorosso: in tre, alla Camera, sono passati nel Pd. Fra loro Michele Nitti, musicista e direttore d’orchestra. La sua elezione fu salutata con enfasi dai pentastellati: «La prima di un Maestro in parlamento dai tempi di Giuseppe Verdi». E invece via, Nitti è finito fra le braccia di Graziano Delrio e Nicola Zingaretti. Alla faccia di chi, fra i 5S, chiamava i suoi nuovi compagni di viaggio “pidioti”.
La politica, si sa, cancella le ferite e anche i risentimenti. I deputati Flora Frate e Nunzio Angiola hanno scelto “Azione!”, il movimento di quel Carlo Calenda che consigliava al Pd come gestire i grillini: “Semplicemente cancellandoli”. La senatrice calabrese Gelsomina Vono è passata con Renzi, un altro che a Grillo e a Casaleggio non gliele ha mai mandate a dire: «Matteo avrà pur fatto degli errori ma ricordate che è nato come rottamatore», dice Vono. E, messa così, non fa una grinza.
E poi c’è chi ha riscoperto l’animo di destra. Come l’ex parà della Folgore Davide Galantino, che dopo aver mollato M5S per Fratelli d’Italia è stato al centro di una rissa alla Camera nella quale l’epiteto più carino ricevuto dai suoi ex colleghi l’ha raccontato lui – è stato “venduto di merda”. Ma i meloniani, nell’occasione, l’hanno difeso schierandosi a testuggine: «Mi sono sentito protetto», ha detto Galantino, con orgoglio militaresco.
Li vedi dappertutto, i vecchi profeti del nuovo che avanza: Antonio Tasso e Andrea Cecconi, eletti rispettivamente a Cerignola e Pesaro, sono fra i rappresentanti degli italiani all’estero. Gianni Marilotti difende le Autonomie. Bandito il movimentismo di una volta, non si indugia nel sedere accanto ai politici di lungo corso: Veronica Giannone è al fianco di Maurizio Lupi in Noi con l’Italia,Elisa Siragusa è nel Centro Democratico assieme a Bruno Tabacci.
Ma questa storia non può che finire dov’è iniziata, con il primo deputato grillino a lasciare i 5Stelle, nel settembre del 2018, per finire addirittura ad Arcore: Matteo Dell’Osso, ingegnere malato di sclerosi multipla, se ne andò per il mancato sostegno ai suoi emendamenti a favore dei disabili: «Mi sentii tradito e andai a Palazzo Grazioli con l’amica Renata Polverini: Berlusconi si mostrò elegante e generoso, mi regalò tre cravatte e mi disse “spero che altri come lei aprano gli occhi”. I 5Stelle sono invidiosi del Cavaliere come di tutte le persone di successo». E in queste parole chi vuole può leggere il senso di una rivoluzione mancata.