il Fatto Quotidiano, 21 dicembre 2020
Intervista alla sociologa Chiara Saraceno
L’Italia di questo weekend è stata in coda per uno shopping compulsivo. Qualche giorno fa abbiamo visto un’altra coda che è un’altra Italia: quella lunghissima per un pasto gratuito.
Due file e due Italie.
“Le due file non sono in verità i fotogrammi fedeli di due Italie. Temo che esistano varchi tra le due code, e che molta gente che solo qualche mese fa aveva capacità di spesa si trovi oggi, improvvisamente e repentinamente, nello stato di necessità. E domani possa capitare a chi affollava, per esempio, via del Corso a Roma”.
Chiara Saraceno ha indagato meglio di ogni altri la cornice sociale della povertà. E con lei l’immagine televisiva di un Paese doppio perde però nitidezza.
“Si casca di botto, più velocemente e più inaspettatamente”.
È una povertà mobile e di massa, una novità a cui non eravamo abituati nonostante i racconti di una crisi così feroce.
In effetti in strada non c’è la sensazione di un crash sociale acuto, di un degrado economico così ampio. Le presenze di chi non ce la fa e ci tende la mano nell’attesa di qualche spicciolo, che è la visione a cui ciascuno di noi fa riferimento per pesare empiricamente il malessere sociale, è stabile. Invece quella fila così lunga ci dice dell’ecatombe di un pezzo di società e quell’altra fila, altrettanto corposa, che affolla nei brevi pomeriggi di libertà i negozi, è la frazione di un benessere per tanti fragile e provvisorio.
Eppure la Rolls Royce di Briatore parcheggiata in doppia fila che ostacola il passaggio del tram a Milano sembra la metafora perfetta di un’Italia dei ricchi e dei poveri.
È una metafora suggestiva e purtroppo sconfortante. Ma, più dei ricchi, che ci sono e si fanno anche riconoscere, il problema di oggi è che la divisione tra garantiti e non è davvero abissale.
Nel senso che il non garantito è proprio sul lastrico?
È sul lastrico e basta poco perché colui che oggi si sente al di fuori della soglia di rischio ci entri. C’è un travaso enorme da una fila all’altra. Perciò io non ho condiviso alcune misure del governo per far fronte a questa difficile pandemia.
Quali ritiene ingiustificabili?
L’enorme e indiscriminato uso di bonus. Dare soldi a chi compra una bici o un monopattino, in una crisi così dura, mi sembra un fuor d’opera, un esborso immotivato e incongruo.
Lei parla anche di un governo pasticcione.
Beh, molti sono stati i pasticci. Capisco lo stress per una situazione chiaramente al di fuori della portata ordinaria. Però giungere a una settimana dal Natale per indicare cosa si debba o non si debba fare è sinceramente troppo. Usare la finanza pubblica per destinare sussidi a una moltitudine indistinta, benchè l’emergenza non dia tempo per profilature sociali accurate, è stata una decisione molto approssimata, eccessiva, confusa. Ma purtroppo in questa Italia doppia, dei garantiti al caldo e di quegli altri esposti alle intemperie, non è solo la classe politica a non aver dato una grande prova di abilità.
Anche lei trova che i luminari abbiano illuminato poco.
Confusi e ci sta. Poco attrezzati a dare risposte chiare a un virus misterioso pure ci sta. Però questo battaglione di virologi, immunologi eccetera così dominante in tv, con tante dichiarazioni anche avventate, alcune decisamente improvvisate e antiscientifiche, non era previsto.
Non hanno saputo resistere al vizio della vanità.
Forse troppo forte l’impulso, il richiamo per una notorietà inaspettata, per la voglia di esserci. Mi lasci però dire che anche voi giornalisti non state facendo un figurone.
Prego, dica ogni cosa.
Presenze ripetute in un circuito chiuso e giudizi spesso poco documentati. Fino al sorprendente epilogo della narrazione da talk show: noto che ai conduttori non basta più il loro programma, ma sono ospiti di altri c