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 2020  dicembre 20 Domenica calendario

Recensione di "Le muse nascoste" di Lauretta Colonnelli

Quando Bernini scoprì la tresca tra il fratello più giovane e la sua amante, con lei scarmigliata che all’alba aprì la porta di casa per far sgusciare via lui seminudo, si mise a rincorrere il fedifrago minacciando di ammazzarlo a sprangate. Era l’estate del 1638. Da vicolo Scanderberg, lo scultore quarantenne lo inseguì come una furia sino a Castel Sant’Angelo, e si avventò su di lui fratturandogli due costole. Lo scandalo fu enorme, ricorda Lauretta Colonnelli in questa galleria illustrata di grandi perversioni, rivelando i segreti di tanti capolavori dell’arte.
Costanza Bonarelli era la moglie di un lucchese, collaboratore dello scultore. Bernini ne era talmente preso, che ne riprodusse le fattezze in un busto di marmo che custodiva in casa e oggi è al Bargello, rappresentandone la lascivia, come se fosse appena uscita dal suo letto dopo una notte di passione. Tornato a casa, ordinò a un servo di portarle due fiaschi di vino e di sfregiarla con una rasoiata. Ma nulla poté la vendetta contro la gelosia e nemmeno l’esilio e l’arresto dei due fedifraghi. Lo scultore si accasò con una ventenne, ma dieci anni dopo i tratti di Costanza riapparvero nella testa di Medusa conservata ai Musei Capitolini.
PICCOLA ICONA
Meno violenta, ma altrettanto potente l’ossessione di Matisse per la figlia Marguerite, ritratta come un’icona a tredici anni col nastrino sul collo per nascondere la tracheotomia che l’aveva salvata dalla difterite. Modella e assistente del padre, la figlia di Matisse tornò alla vita grazie ai ritratti che le dedicò suo padre, dopo che era stata arrestata e torturata dalla Gestapo, e dopo che era riuscita a fuggire per miracolo dal vagone piombato diretto a Ravnesbrück.
Oltre le amanti e le figlie, ci sono le bambine conturbanti di Balthus, che in nome della cultura della cancellazione oggi si vorrebbe rimuovere dal Metropolitan Museum. Ci sono le madri nobili, come Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo il Magnifico e nuora di Cosimo de’ Medici, dipinta dal Ghirlandaio come una madonna fiorentina di virtù. Ci sono le mogli fortunate come Clarice Orsini, scelta da Lucrezia per il figlio e per mettere i Medici sull’orbita romana, e sfortunate come Hortense Fiquet, la contadina del Giura che doveva diventare una mela e posò tutta la vita per Paul Cézanne, subendone le angherie, le frustrazioni, l’indifferenza. 

PALMA D’ORO
Ma la palma d’oro delle muse nascoste va un’americana, artista mancata, figlia di una patita di Freud e di un pianista fallito. Malgrado il formato mini (1metro e 50 di altezza per 40 kg di peso) e la grazia di una ballerina, Josephine Verstille Nivison era una zitella quarantenne ancora vergine e una femminista radicale, colta, emancipata, indipendente, quando incontrò sulle spiagge dell’Atlantico Edward Hopper, un tipo allampanato, alto 1 e 90, molto bacchettone e un po’ scontroso, che dipingeva, recitava i versi di Verlaine e rimase stupito quando scoprì che anche lei li conosceva a memoria.
L’affinità elettiva portò rapidamente al matrimonio, ma il conflitto tra i due divampò subito colla sua scia di scontri e prevaricazioni. «Ci tengo a precisare che non sposi una donna sola, ma una donna con un gatto», dichiarò lei, perentoria. E lui reagì con l’ironia, prima, e poi col sadismo. Sfornò una serie di caricature feroci come Status quo, dove uno scheletro in ginocchio supplica a mani giunte una donna seduta su una nuvola e immersa nella lettura, mentre in Meal Time un gatto gigante siede a tavola con una tipa impettita, guardando infastidito dall’alto in basso l’uomo che striscia a quattro zampe con un guinzaglio al collo intorno a una ciotola vuota, implorando un boccone. 
Una volta demolite tutte le ambizioni della consorte, sia come artista sia come donna, e presala persino a schiaffi davanti a un gallerista, Hopper utilizzò la moglie fino in tarda età come modella, trasfigurandola come commessa, prostituta, danzatrice di burlesque e moglie impossibile per ricreare nei suoi dipinti la scena americana.