Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2020
Una spintarella al vaccino
Disponiamo di più vaccini, e altri forse arriveranno. Dalla biologia alla psicologia: ora si tratta di convincere le persone a vaccinarsi. I sondaggi abbondano. Le risposte a un singolo sondaggio non sono indicative perché le persone possono non dire la verità o cambiare opinione. Lo si è visto in occasione della Brexit e del recente scontro Trump-Biden. Più affidabile è invece una tendenza quando emerge ripetendo la stessa domanda a distanza di tempo.
Consideriamo le vaccinazioni: un’indagine commissionata dal World Economic Forum, interpellando quasi ventimila adulti, ha mostrato che in dodici su quindici nazioni l’intenzione di vaccinarsi è scesa da luglio a ottobre 2020. La pandemia faceva più paura inizialmente, quando era vista come una sciagura imprevista e imponderabile. In paesi come l’Italia, la Spagna, gli Stati Uniti quasi un terzo dei cittadini dichiara che non ha intenzione di vaccinarsi. Questa percentuale sale a quasi la metà in Francia ed è in continua diminuzione in Germania data la fiducia nelle autorità e, in particolare, nel primo ministro (addottorato in fisica e scienziato fino al 1989). Abbiamo uno zoccolo duro di persone che difficilmente cambierà atteggiamento perché hanno forti convinzioni. Col passare del tempo queste convinzioni ingenue o infondate vengono condivise e diventano valanghe che assorbono tutto ciò che incontrano.
Se la quota dei contrari alla vaccinazione non cala, non è un buon segno. Sul piano biologico, però, sarebbe forse tollerabile perché si potrebbe cercare di raggiungere comunque l’immunità di gregge. Purtroppo il quadro è più complicato perché la vaccinazione è volontaria. Di conseguenza, se anche quattro quinti degli abitanti di un paese dichiarano che intendono vaccinarsi non è detto che poi lo facciano veramente. Ogni anno negli Stati Uniti le influenze stagionali causano più di ottomila morti e, tra i duecentomila ricoverati, ci sono molte persone che avevano l’intenzione di vaccinarsi ma che poi non lo hanno fatto.
Lo scarto tra intenzione e azione è un problema antico e prende varie forme. Nella versione classica di Aristotele è un contrasto tra due stati d’animo: «io so che cosa preferirei preferire, ma poi preferisco altro». Oppure tra uno stato d’animo e un’azione: «io so che cosa preferirei preferire, ma faccio altro». Il nostro cervello produce stati mentali incoerenti: nella tradizione psicoanalitica è come se ci fossero due “io” che lottano tra loro oppure si ignorano. Malgrado le differenze, il minimo comun denominatore di queste tradizioni è il conflitto interno tra due stati mentali: tra due preferenze oppure tra una preferenza e una decisione.
La tradizione cristiana è più sottile perché introduce l’idea che preferenze stabili vengano improvvisamente stravolte da qualcosa di esterno, per esempio una tentazione peccaminosa apparsa nell’ambiente circostante. Le stesse conversioni possono essere la conseguenza di una improvvisa “fulminazione” mentale, come in San Paolo, ma possono anche dipendere dall’influenza graduale di eventi esterni, come in San Paolino (matrimonio, morte del figlio, influenza della moglie, e così via).
Alla tradizione cristiana si può ricondurre il lavoro delle scienze cognitive che progettano ambienti tenendo conto delle possibili differenze tra intenzione e azione. I primi tentativi sono stati fatti nell’ambito del commercio: per esempio in un supermercato si cercano di collocare i prodotti alle casse, dove gli acquirenti devono fermarsi, in modo da innescare un atto d’acquisto non pianificato. Oppure si mette una marca subalterna vicino a quella predominante per facilitare la scelta della prima nei casi in cui la seconda non sia disponibile.
A queste pratiche informali si è ispirato il filone di ricerca sul «nudge», la «spinta gentile», come è stato tradotto il titolo del classico di Richard Thaler (premio Nobel economia 2017) e di Cass Sunstein. Abbiamo a che fare con «spinte» che inducono ad azioni che non verrebbero fatte spontaneamente. Spinte però «gentili» perché fanno il bene di una persona a sua insaputa.
Inventare «nudge» è importante per spingere a vaccinarsi quella quota di persone che non è né irriducibilmente contraria né dichiaratamente favorevole. Si annida qui la vasta zona grigia di chi intende vaccinarsi ma che poi non lo fa e finisce in ospedale.
Milkman, Beshears, Choi, Laibson e Madrian sono i pionieri delle spinte gentili alla vaccinazione (la ricerca, capostipite di molte altre, è libera in rete). Hanno interpellato 3,272 dipendenti con più di 50 anni di una azienda, tutte persone con malattie croniche e eventuali complicazioni in caso di influenza. I partecipanti sono stati divisi a caso in tre gruppi che hanno ricevuto per mail tre tipi di messaggi. A tutti sono stati comunicati orari e date in cui erano aperte le cliniche convenzionate. A un secondo gruppo è stato chiesto, in aggiunta, quando avrebbero preferito vaccinarsi e, al terzo gruppo, in quale clinica e con quale orario. Il messaggio, era sempre più personalizzato in modo da coinvolgere il destinatario. Risultato: le persone si sono tanto più vaccinate quanto più si sono sentite accudite e seguite.
Il metodo è interessante perché in precedenza la «spinta gentile» era stata ottenuta faccia a faccia, con effetti di pressione sociale. Un contatto diretto non è però facile in presenza di decine di milioni di persone che devono vaccinarsi in poco tempo. I vantaggi ottenuti sono stati quindi effetto della pura personalizzazione. La stessa strategia ha funzionato per ridurre lo scarto tra intenzioni di risparmio e effettivi investimenti o tra preoccupazioni per la vecchiaia e scelte previdenziali. Le spinte gentili funzionano indipendentemente dai contenuti se entra in campo una personalizzazione mirata ad aiutare il passaggio dall’intenzione all’azione. Con un effetto benefico su sé stessi e, nel caso dei vaccini, anche sugli altri.
Il Covid-19 è nuovo sul piano biologico ma poco c’è di nuovo nelle sue implicazioni cognitive, emotive e sociali: sono state già studiate e misurate. Katherine Milkman e i pionieri dell’uso dei «nudge» per le vaccinazioni si danno oggi molto da fare sui media anglosassoni. Purtroppo in Italia abbiamo subito l’influenza di una cultura che ha considerato lo scarto intenzione/azione come una forma di debolezza della volontà, di peccaminoso cedimento alle tentazioni. Questa tradizione si è poi saldata con la tendenza illiberale a credere di sapere quale sia il bene altrui imponendolo dal centro e dai vertici.
Tempo è di cambiare.