La Stampa, 20 dicembre 2020
I 50 anni di Feliz Navidad
Ballare questo Natale non viene proprio spontaneo e pure a cantarlo c’è il rischio di inciampare in molte note stonate, ma oggi c’è un concerto, in streaming, va da sé, che può svelare la musica di queste feste. Tutte le canzoni che traduciamo in leggerezza sono spesso diventate famose in anni molto più inquieti di questo.
Feliz Navidad compie 50 anni. Una canzone da 19 parole in tutto che è la sintesi perfetta del tormentone: semplice, ritmata, empatica. L’unico successo latino sul tema, chiesto a José Feliciano come alternativa alle slitte e alle campanelle nordiche, alla tradizione anglosassone, al romanticismo made in Usa. Un Natale con la chitarra che festeggia il suo anniversario nel 2020 da mattonella. Non ci si può muovere, non ci si può allargare, si deve stare fermi e figurarsi se ci si può immaginare ancheggianti nell’ossessivo «Feliz Navidad, próspero año y felicidad». Eppure Feliciano l’ha scritto per struggimento, lontano dall’infanzia di Puerto Rico, distante da tutto quanto gli ricordava gli anni da bimbo neanche troppo felice, solo che spesso le canzoni spensierate parlano di pezzi mancanti. Feliciano ci ha messo 10 minuti per comporre musica e testo: 6 parole in spagnolo e 13 in inglese e ne è uscito un titolo destinato a restare e a essere spostato tra addobbi, palline e lucette, in un pianeta di vezzeggiativi che si illumina tra l’8 dicembre e il 6 gennaio. Una parentesi in realtà raccontata dalla nostalgia.
White Christmas, il singolo più venduto al mondo, suonato circa 20 milioni di volte in ogni 25 dicembre, esce nel 1941: 18 giorni dopo Pearl Harbor. Bing Crosby canta mentre gli Stati Uniti piangono e dentro quel bianco ci vedono tutto quello che hanno perso. Più passa il tempo e più il brano diventa famoso, prima musica di speranza per giorni migliori, poi simbolo di resistenza e a un certo punto abitudine, quasi necessità perché il Natale ha il suo spirito fatto di tutto quanto non passa. Silent Night ha messo in pausa una guerra, nel 1914 due reggimenti immobili, ognuno dal proprio lato della storia, e una melodia che parte austriaca e cresce globale. Era un Natale che faceva di sicuro più paura di questo eppure è stato cantato.
Jingle Bells nasce per il Ringraziamento quindi non condivide la vena malinconica, ma ha inaugurato i natali nello spazio in uno degli attimi più struggenti. Siamo nel 1965, sul volo Gemini 6A, e gli astronauti Walter Schirra e Tom Stafford replicano Jingle Bells con un’armonica e una campana. Sarebbe uno scherzo per la Nasa, i due vogliono far credere che la musica arrivi da un oggetto alieno in orbita, però dopo le risate c’è il silenzio perché loro stanno letteralmente in un altro mondo e per qualche secondo tornano a casa. Poi è dura ritrovarsi dove stanno.
I canti di Natale hanno sempre sfumature tristi. Brunori Sas le tira fuori tutte in Vigilia di Natale, «perché spesso a Natale mi viene il magone. Con le luci, il presepe e tutte quelle persone», Morgan lo apparecchia in stile Tim Burton in Canzone per Natale, «alberi che puntualmente, giorno dopo giorno, vengono a mancare», Last Christmas evoca un amore finito male, Baglioni si autoflagella per una donna che non si presente neanche per i regali «è un Natale da buttare via, lei non viene più», O come è un grido di rivoluzione e Judy Garland si è più volte rifiutata di esibirsi in Merry Little Christmas perché la giudicava «troppo deprimente».
Non ci sono motivi validi per non cantare questo Natale, non è così diverso dai tanti che hanno reso certe canzoni, solo apparentemente gioiose, immortali. Persino lo spot del Natale All I want for Christams is you racconta di desideri impossibili e sbatte contro l’evidenza che in questi giorni potrebbe essere rassicurante, non si può volere molto, non si può fare troppo, non si può essere in tanti, è complicato viaggiare, è stupido provarci. Bisogna trovare il Natale lì dove sta, che è poi quanto ripetono tutti i brani più famosi e che ricanta anche oggi Feliciano con i suoi ospiti Lin-Manuel Miranda, Michael Bolton e Shaggy. Se loro fanno un concerto con diciannove parole noi possiamo fare un Natale con quattro invitati. E continuare a cantare.