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 2020  dicembre 20 Domenica calendario

Il Natale di dolce & Gabbana

Se lo ricordano eccome il loro primo Natale assieme, Domenico Dolce e Stefano Gabbana. «Eravamo proprio agli inizi: era un 21 dicembre, siamo scesi assieme a Polizzi Generosa, in Sicilia, per stare con i genitori e i fratelli di Domenico», ricorda Stefano. «Io per loro ero un estraneo, eppure mi hanno accolto subito come uno di famiglia. Senza domande, senza problemi, senza incertezze: mi hanno fatto sentire uno di loro, e da allora è sempre stato così. La madre di Domenico (scomparsa una decina d’anni fa, ndr ), una donna intelligentissima, per me era un’amica e una confidente. E con i fratelli, che ora vivono qui a Milano (Alfonso Dolce è oggi l’ad del brand, ndr ), ci riuniamo ogni domenica e per le feste». La famiglia che hanno creato assieme dal loro debutto nel 1984 a oggi, nonostante la loro relazione sentimentale sia finita da tempo, è fondamentale per le loro esistenze e per il loro lavoro, dalle prime collezioni al progetto più recente. «Non potendo sfilare, per presentare l’Alta Moda abbiamo girato un video con protagonista una famiglia assai variegata per età, etnie e stili (nelle foto in alto, ndr ). Certo, l’idea è nata per risolvere un problema, ma funziona perché ci crediamo davvero».
Restando sempre in tema di famiglia, ci tengono a spiegare che per loro il termine comprende pure l’azienda e i dipendenti, ora più che mai. «Ci siamo riorganizzati per dare lavoro a tutti, nonostante i ritardi e gli intoppi. Ora per esempio ci sono problemi con una consegna di scarpe dalla Puglia, perché il laboratorio è stato chiuso per Covid, e lo stesso con delle borse. Si va avanti così, ma la priorità è proteggere chi ha sempre collaborato con noi. Le magliaie sono libere? E noi inventiamo qualcosa per loro. È una nostra responsabilità, dipendono da noi».
Alle feste ci tengono parecchio, ma sanno che quest’anno le cose saranno diverse. «Io non sono cresciuto con il “mito” dei regali sotto l’albero e di Babbo Natale», ricorda Domenico. «A casa mia il 24 si lavorava: mio padre faceva il sarto, doveva consegnare tutti i vestiti per le feste. C’era l’usanza per i bambini di ricevere qualcosa la notte del 31, ma nulla di paragonabile a quello che si vede oggi. Quindi questo per me è quasi un tuffo nel passato. Onestamente? Non mi dispiace troppo». D’accordo Stefano: «Siamo cattolici, quindi sarà un Natale molto più vicino a quello che dovrebbe essere per noi: senza sfarzo, con le persone più care e con pochi regali».
I regali: anche qui, i due sono in sintonia. «Abbiamo già tanto di tutto, stiamo bene così, non vale la pena spendere soldi per noi», riflettono. «Quanto t’è costato? È una domanda che non sopporto, come se il valore di un dono stesse solo nel prezzo», sbotta Domenico. «Da due anni proibisco a tutti di farmi regali, non voglio che si scialacquino soldi per me. Stavolta non avrò bisogno di dirlo, meglio così», rincara la dose Stefano.
Dunque, per loro è il pensiero che conta: lo dimostra pure il modo in cui hanno passato il pomeriggio negli ultimi giorni: «Abbiamo scritto di persona tutti i nostri biglietti di auguri; ci teniamo, anche se si tratta di un impegno “aziendale”. In ufficio abbiamo tre cassetti zeppi di biglietti ricevuti assieme ai regali negli anni. Li conserviamo perché alla fine sono loro la cosa più sincera».
Restando in tema di doni più o meno significativi, tutti e due ricordano bene i primi che si sono scambiati, molti anni fa. «Quello di Stefano fu un portafogli di nylon nero di LeSportsac che mi piaceva», racconta Domenico. «Lo conservo ancora». Più travagliato il suo per Stefano. «Lui voleva il Love, il braccialetto di Cartier. Io, senza avere idea del prezzo, glielo vado a comprare. Era la prima volta che entravo in una loro boutique, mi pareva una cattedrale: saputo il costo, sono scappato. Era una somma inimmaginabile per me ai tempi. Avevo risolto con una versione low cost, per così dire: l’originale era d’oro pieno, il mio era vuoto, quindi costava un sesto. Stefano però capì subito che non era quello giusto. E s’arrabbiò pure!».
Naturale, e complicato, parlare di futuro. Per ora si sa solo che la loro sarà una delle cinque sfilate dal vivo della fashion week maschile prevista a Milan o dal 15 al 19 gennaio 2021. «Certo che ci piacerebbe non vivere più in costante emergenza, ma in molte cose non si tornerà indietro. Come il boom del digitale: la nostra generazione la tecnologia l’ha subita, ma il pubblico oggi è composto in buona parte da nativi digitali, ragazzi che con certi strumentici sono nati. Inutile fare i nostalgici ».