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 2020  dicembre 20 Domenica calendario

Black Lives Matter è l’artista dell’anno

Le classifiche, più che annunciare qualcosa di nuovo, raccontano molto spesso qualcosa che è già avvenuto: un campionato già vinto, una moda già diventata realtà, un futuro già trasformato in presente. La Power 100 che la rivista internazionale «Art Review» ha appena stilato elencando «le personalità più influenti nel sistema dell’arte» mette al primo posto per il 2020 non una persona, bensì un movimento, il Black Lives Matter diventato simbolo delle battaglie antirazziste negli Stati Uniti ma anche in tutto il resto del pianeta: viene dunque da pensare che questa forma di impegno e attivismo civile sia ormai davvero diventata un elemento fondamentale nell’universo di artisti, galleristi, collezionisti, direttori di musei, dealer e trend setter. Ognuno a suo modo, senza bisogno di iscrizioni, tutti (o quasi) sembrano avere sposato la «giusta causa»: creando un’opera di denuncia, mettendola direttamente in vendita oppure più semplicemente sostenendo la battaglia.

«Subito ho pensato che avrei dovuto restare in silenzio e ascoltare le persone di colore su questo argomento. Ma perché dovrei farlo? Il problema non è loro, è mio». Così ha scritto il maestro riconosciuto della street art, Banksy, in un post sul suo profilo Instagram, in cui pubblica l’immagine di una sua opera creata per Black Lives Matter ( Blm in sigla): un volto nero privo di lineamenti in una cornice appoggiata a terra, vicino a fiori, lumini e una candela accesa che incendia la bandiera statunitense affissa alla parete. Stesso coinvolgimento diretto per Takashi Murakami: «Se la mia arte può apportare un cambiamento qui e ora, voglio contribuire non solo a restituire, ma anche a dare potere alla comunità nera afflitta dall’ingiustizia razziale». Così il pittore e scultore giapponese ha annunciato una limited edition i cui proventi sarebbero stati donati a organizzazioni americane che lottano contro il razzismo e la disuguaglianza sociale. La collezione include sei differenti serigrafie ispirate al Blm con i classici simboli dell’artista, a cominciare da fiori e teschi: 300 esemplari per ogni stampa, firmati, numerati e venduti su Ntwrk per più di un milione di dollari diviso tra Black Lives Matter, Equal Justice Initiative e Color of Change.
Anche Kaws, street artist e designer con una grande passione per la moda, ha messo in vendita tre diverse versioni di Take (in nero, rosa, blu elettrico: ennesime variazioni sul tema delle sue sculture con le X su mani e occhi) con lo scopo di raccogliere 250 mila dollari in favore di Black Lives Matter e Color of Change: mettendo insieme due dei suoi personaggi più iconici, il Bff e il Companion abbracciati l’un l’altro in segno di protezione. Non solo: con questo art toy sono stati messi in vendita altri articoli provenienti dall’inventario di Kaws e persino una riproposta del libro Kaws: Companionship in the Age of Loneliness, realizzato in collaborazione con Ngv Design Store per l’omonima mostra alla National Gallery of Victoria di Melbourne, Australia.

Nato come movimento di protesta globale per difendere i diritti degli afroamericani di fronte agli abusi razzisti in una società dominata dai bianchi, fondato nel 2013 negli Stati Uniti da Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi dopo l’assoluzione dell’assassino del nero Trevoy Martin, Black Lives Matter si è trasformato in qualcosa di diverso da una manifestazione di piazza, rielaborando la protesta razziale anche come spunto per fare arte. Un’evoluzione ritornata prepotentemente alla luce con l’ultima esplosione avvenuta in concomitanza con l’assassinio dell’afroamericano George Floyd, ucciso a Minneapolis a maggio durante un fermo di polizia. Ma la 19ª edizione della classifica dei personaggi più influenti dell’arte, pubblicata il 3 dicembre, conferma con la vetta raggiunta da Black Lives Matter una tendenza anti-establishment e anti-eurocentrica già avviata l’anno passato che incorona artisti, collettivi, movimenti, personalità impegnate ad affermare un mondo più equo. I musei hanno riconsiderato le collezioni, le gallerie accolgono artisti neri, vengono messi in discussione statue e monumenti, obbligando i performer a schierarsi.
Stringendo saldi legami con le radici storiche della protesta nera, dalla lotta anti-schiavista fino ai movimenti per i diritti civili e contro il razzismo della seconda metà del XX secolo, Blm ha creato attraverso il web vasti spazi inclusivi da cui organizzare una lotta globale di liberazione dei neri, proponendo di riformare il sistema di sicurezza attraverso la riduzione dei fondi a disposizione delle forze dell’ordine e la loro riallocazione in favore di programmi di sostegno alle comunità nere.
In senso più ampio, il movimento ha rivendicato il diritto a ogni diversità, fino a comprendervi l’identità sessuale, l’appartenenza religiosa, lo status economico e le disabilità. E ribadendo la centralità delle espressioni culturali afroamericane all’interno del sistema mondiale dell’arte, una centralità comunque già da tempo certificata dal successo di personaggi come Kehinde Wiley, Kara Walker, Glenn Ligon, Nijdeka Akunyili Cosby, Lynette Yiadom Boakye (per non parlare del «mito» Basquiat).
La linea tracciata da Black Lives Matter è quella dell’impegno e della blackness (in pratica l’orgoglio nero). Ma il primato nell’Art Power 100 non è occasionale: al terzo posto si ritrovano i due accademici francesi Felwine Sarr e Benedicte Savoy, paladini delle restituzioni degli artefatti africani sottratti dai Paesi europei durante l’epoca coloniale. O il filosofo Fred Moten, figura di riferimento per i Black Studies e per artisti come Arthur Jafa, anche lui in classifica (sesta posizione), primo artista nel senso più tradizionale, cantore della blackness e Leone d’Oro alla Biennale d’arte di Venezia del 2019. 

Mentre le superstar perdono posizione nel segno di Black Lives Matter, si promuovono artisti «nuovi»: Deborah Robert, Miriam Mosqueda, Shirien Damra, Robin Hilkey, Stormy Nesbit, Nikkolas Smith. O si sperimentano combinazioni innovative: a Bristol, al posto della statua dello schiavista Edward Colston, abbattuta sull’onda delle proteste per la morte di George Floyd, c’è ora la statua a grandezza naturale in resina nera di Jen Reid, una delle prime persone ad avere allacciato un cappio intorno al collo del monumento per gettarlo nel fiume. La statua è firmata da una star, Marc Quinn, che l’ha realizzata scannerizzando l’immagine di Jen con 201 macchine fotografiche nella stessa posa e con gli stessi vestiti del giorno in cui era finita sui profili Instagram con il pugno destro levato in aria. «Vogue US» ha invece affidato le copertine di settembre 2020 a due artisti come Kerry James Marshall (al secondo posto della stessa classifica di Art Power per il 2019) e Jordan Casteel, con il vincolo di scegliere un modello di colore.
Ma Black Lives Matter ha obbligato anche a riscoperte necessarie come quella di Jacob Lawrence (1917-2000), paladino della Harlem Renaissance con le sue Migration Series (più volte postate dal Moma sul suo profilo Instagram). O come quella messa in atto dal Blanton Museum of Art di Austin, in Texas; che oltre ad annunciare mostre su Diedrick Brackens e Kwame Brathwaite (questa con il titolo più che esplicito: Black is Beautiful) ha deciso di recuperare dall’oblio di una sala secondaria The City di Vincent Valdez (2015-2016), inquietante polittico in bianco e nero raffigurante 14 uomini del Ku Klux Klan, incluso un bambino cullato tra le braccia della madre incappucciata. Un atto d’accusa contro l’organizzazione razzista. Un monito. L’ennesimo.