Il Sole 24 Ore, 19 dicembre 2020
L’economia della Nuova Zelanda cresce
Il 2020 è stato un annus horribilis per il mondo intero, ma per la Nuova Zelanda si conclude con una nota positiva. Dopo aver registrato due trimestri in contrazione, il Paese down-under è cresciuto oltre le aspettative nel terzo trimestre dell’anno, grazie a una gestione vincente della crisi generata dal Covid-19. Parte del merito va indubbiamente alla giovane leader neozelandese, Jacinda Ardern, 39 anni, considerata oggi una dei più efficienti e carismatici leader mondiali.
Nel terzo trimestre il Pil neozelandese, sostenuto da una crescita nel settore delle costruzioni e della manifattura, è cresciuto del 14% rispetto al secondo trimestre dell’anno. Rispetto allo stesso periodo del 2019 l’aumento è stato dello 0,4%, contro una perdita prevista dell’1,8 per cento. Ad aiutare la ripresa è stato l’aumento dei consumi: i neozelandesi si sono dati allo shopping dopo che, a seguito dell’imposizione di uno dei più restrittivi lockdown al mondo, il Paese si è sbarazzato del coronavirus a maggio. «Questa ripresa a V – spiega Paul Bloxham, chief economist di HSBC per Australia e Nuova Zelanda – è la prova che la strategia di eliminazione del Covid-19 perseguita da Wellington è stata una decisione vincente». Tuttavia, continua Bloxham, «la perdurante chiusura delle frontiere pesa su turismo e servizi che continueranno a soffrire ancora per qualche tempo».
I magnifici quattro
Nonostante le zone grigie, il ritorno ai livelli pre-Covid è un risultato eccezionale. «Ci sono solo tre altri Paesi al mondo che hanno fatto altrettanto – spiega Stephen Toplis, capo della ricerca di Bank of New Zealand a Wellington -. Taiwan, Cina e Irlanda». Wellington ha destinato 62 miliardi di dollari neozelandesi a politiche fiscali atte a ravvivare la domanda interna e proteggere l’occupazione, mentre la Banca centrale ha tagliato i tassi d’interesse e avviato una politica di allentamento monetario e credito a termine che ha ridotto ulteriormente il costo del denaro. Queste iniziative hanno dato le ali anche al settore immobiliare, con prezzi che hanno ragiunto livelli record.
All’arrivo dei primi casi a fine febbraio, la strategia della Nuova Zelanda è stata quella di chiudere immediatamente le frontiere internazionali e adottare misure di lockdown tra le più severe al mondo, con scuole e uffici chiusi, apertura solo per i servizi essenziali, come supermercati e farmacie (era proibito, per esempio, il servizio da asporto) e forti limitazioni agli spostamenti. Queste tempestive decisioni hanno portato al debellamento del virus in meno di tre mesi (dopo 1.744 casi confermati e 25 decessi), e alla veloce ripresa delle attività economiche a maggio. Un focolaio si è aperto a metà agosto che ha richiesto l’adozione di un nuovo lockdown temporaneo, ma solo per Auckland, la città più popolosa del Paese.
Un leader carismatico
Dietro al successo del Paese down-under c’è il carisma del primo ministro Jacinda Ardern che ha vinto la sfida del coronavirus con politiche coraggiose ed efficaci, dimostrando al contempo una grande empatia e capacità di comunicazione. Durante la crisi, i suoi messaggi alla popolazione via Facebook Live Chat (per i quali si presentava spesso in tuta), sono stati chiari e coerenti. I neozelandesi hanno apprezzato il fatto che Ardern «non predica, ma sta dalla parte della gente», spiega Helen Clark, primo ministro neozelandese dal 1999 al 2008.
«Magari non capiscono completamente perché siano state prese alcune decisioni – continua Clark – ma non dubitano che ogni mossa sia stata fatta a loro beneficio». Tradizionalmente i neozelandesi credono nelle istituzioni e questo è stato più che confermato nel 2020: un sondaggio di Colmar Brunton ha rivelato che ad aprile l’88% dei kiwi aveva fiducia nelle decisioni che Ardern avrebbe preso per affrontare il Covid. Inoltre l’84% approvava la risposta del governo alla pandemia, in entrambi i casi una percentuale più alta rispetto a quella registrata nelle sette maggiori economie mondiali, Stati Uniti compresi.
Il successo neozelandese è difficilmente esportabile: si tratta di una nazione piccola e relativamente isolata, dai conti pubblici in regola, con un buon sistema di welfare e una popolazione di soli 4 milioni di abitanti sparpagliati su una superficie grande quanto l’Italia. Tuttavia, il successo kiwi nell’affrontare la crisi, confermato dai dati sul Pil, resta straordinario.
Nel momento del bisogno i kiwi hanno fatto quello che sanno fare meglio: si sono stretti intorno al loro leader e con un impressionante sforzo collettivo che ha unito popolazione, governo e partiti dell’opposizione, hanno superato un nemico che ancora mette in ginocchio le principali economie mondiali.