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 2020  dicembre 19 Sabato calendario

Intervista a Lorenzo Pellegrini

Speriamo che diventi virale non è una frase facile da usare nel 2020. Però è bello vedere calciatori che possono essere un esempio positivo per tanti giovani tifosi, come Marcus Rashford e il suo impegno per le mense scolastiche dei meno abbienti o Kylian Mbappé che guida la fila dei calciatori di Psg e Basaksehir che escono dal campo per protestare contro il razzismo. I Bad Boys vanno sempre di moda, però c’è anche un altro modo di farsi sentire e di cambiare le cose. Lorenzo Pellegrini, romano e romanista, è uno di quelli che parla a bassa voce ma dice cose sensate. Sarebbe un peccato perderle dentro il frastuono dei social. 
Domani c’è Atalanta-Roma: la meravigliosa sorpresa della scorsa stagione contro la squadra che vorrebbe diventarla. Al 90’ sapremo cosa è veramente la Roma? 
«C’è una cosa che mi dà fastidio: sentir dire che uno scudetto a Roma ne vale dieci da un’altra parte. Io non voglio vincere uno scudetto che ne vale dieci, io ne voglio vincerne dieci. Poi so benissimo che farlo o non farlo dipende da tante situazioni, tanti dettagli. Questa è la mia mentalità. Vorrei vincere anche quando gioco con mia figlia (che si chiama Camilla ed è nata il 15 agosto 2019; ndr)». 
A Roma, come dimostra Daniele De Rossi, si rischia di fare una gran carriera ma di non vincerlo mai, lo scudetto. È pronto al sacrificio? 
«A parte che ha conquistato un Mondiale, che poco non mi sembra… Daniele non ha vinto, ma ha sempre giocato per vincere. Non conosco persone più competitive di lui. Non ha fatto una scelta di comodo, ci ha provato perché qui aveva il cuore. Vincere a Roma, per un romano romanista, è un’emozione unica». 
Non si cade nella retorica? 
«Per un romano è normale sentire il peso: insieme alle tue vivi le tensioni di tanti amici e dei familiari tifosi. Però è anche un vantaggio: io vivo lo spogliatoio in maniera sentimentale e con questa maglia mi sento a casa. Sono romano al 100%. Criticano la città, però chi viene qui poi non vuole andare più via». 
Veramente l’ha detto Dzeko che a Roma ci sono più buche che a Sarajevo… 
«Può darsi, ma questo non mi ha impedito di girarla tutta da ragazzino. Con i mezzi pubblici, non in limousine. Partivo da casa e andavo al Colosseo o ai Fori Imperiali con la mia fidanzata, che è diventata mia moglie. Dappertutto vedevamo bellezza». 
Recentemente ha avuto uno scontro sui social con i tifosi che, sparando fuoco amico, l’hanno criticata… 
«Tutti i calciatori leggono le pagelle dei giornali e guardano i commenti sui social. Io sono un rosicone, come si dice a Roma, ma sono anche autocritico. Non me la prendo fino a quando non mi toccano la famiglia. Ho sbagliato a rispondere in quel modo, però questo non lo sopporto e non faccio sconti. Possono pensare di conoscermi come calciatore, ma non come uomo. Per me la famiglia è tutto. Sapere che mia moglie è parte attiva di tante iniziative benefiche della Roma, insieme alle mogli dei miei compagni di squadra, mi rende orgoglioso. Sono una bella squadra». 
Si è sposato presto, ha già una figlia e un figlio in arrivo. Aveva fretta? 
«Ho sempre sognato di farmi una famiglia e avere figli presto. Da piccolo mi piaceva tanto stare con gli altri bambini. A chi mi chiedeva che lavoro vuoi fare, rispondevo il maestro d’asilo. Poi però ha vinto la passione per il calcio».  
Italia paese per vecchi, i giovani non hanno spazio. 
«Questa storia è un luogo comune come gli scudetti a Roma. Io, a 24 anni, non sono più un giovane. Non lo sono da un po’. Lo ero in Primavera o al primo anno al Sassuolo. Si impara sbagliando e poi si riprova. È successo anche a me e a quei tempi ero scusato. Ora se sbaglio è colpa mia». 
Ha avuto il Covid: quanta paura? 
«Quando ho saputo che l’aveva preso Dzeko ho pensato: ci siamo! Passiamo insieme un sacco di tempo. Paura per la mia famiglia. Ma l’abbiamo preso in modo lieve». 
Si vaccinerà? 
«Mi fido dei medici. Non so se sono immunizzato e per quanto tempo. In ogni caso ci sono delle priorità». 
Psg e Basaksehir sono uscite dal campo contro il razzismo: succederà in Italia o si farà finta di non sentire? 
«È un punto di partenza. Che ci sia ancora razzismo nel 2020 è pazzesco». 
Le piace fare il trequartista, Sacchi diceva che è il ruolo di chi non vuole correre... 
«Nel calcio di oggi corrono tutti e per il mio fisico e per la mia testa è importante giocare, il ruolo non importa. La differenza è la gestione degli spazi da mediano o trequartista, ma quello che devi fare è simile. E poi il mio ruolo naturale è la mezzala». 
Pallotta non c’era mai e Friedkin sempre. Serve il padrone che guarda? 
«Con Pallotta avevo un bel rapporto ma fa piacere vedere la proprietà presente».