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 2020  dicembre 19 Sabato calendario

Intervista a Madame

«Con un cast come questo non mi sento fuori posto». Ci sarebbe voluto uno sforzo di immaginazione in più per infilare una come Madame in un Sanremo tradizionale. Non solo per l’età, a 18 anni è la più giovane in gara, ma perché, in un’edizione che ha colto il cambiamento in atto nella musica italiana, lei rappresenta qualcosa di fresco, una rapper che esce dai cliché della chica mala, una teen con un pensiero forte e una penna che ha conquistato Negramaro, Marracash e Ghali. 
Arriva dal mondo rap/urban che guarda con sospetto il rito festivaliero... 
«Sono cresciuta con quello, in famiglia eravamo attaccati alla tv per cinque serate. Ricordo quando vinse L’essenziale di Mengoni, codice 01 per il televoto. E anche Arisa con Controvento, codice 01. Vorrei avere lo stesso codice come portafortuna». 
Fan di Mengoni e Arisa? 
«Delle canzoni. Come artisti amavo Bieber e De Andrè». 
Uno spettro ampio... 
«La fluidità è il bello della mia generazione. Non solo nella musica. Anche nel genere: uomo, donna o fluido, chiunque può essere ciò che vuole. È una filosofia di vita. Sono individualista, ma allo stesso tempo noto che i social ci hanno uniti, nel bene e nel male. Guardo al lato positivo: sono cadute barriere su razzismo e omofobia, migranti e sessualità che spesso vedo nei coetanei dei miei genitori». 
Cosa racconta «Voce», il brano che porta in gara? 
«Proprio di quello. È un invito a trovare la propria voce, la propria identità, nel casino che ci circonda. È una preghiera, anche a me stessa». 
A proposito di voce, lei racconta che è stato il timbro della sua a portarla verso il rap... 
«Sin dalle recite a scuola mi tarpavano le ali perché era bassa... Non mi definirei rapper, perché ogni canzone che faccio è diversa, ma una che usa quel genere. Il rap amplia il discorso, spiega nei dettagli quello che il pop è costretto a semplificare». 
Chi sono Madame e Francesca Calearo? 
«Come diceva Alda Merini parlando della letteratura e della poesia, devi capire la gente senza farti capire, riconoscerli senza farti riconoscere. Francesca è la cavia, fa esperienze di vita come Pinocchio. Ho amato il cartoon forse perché ero bugiarda. Madame è la voce narrante, il Grillo Parlante». 
Perché Madame? 
«Viene da un generatore automatico di nomi per drag queen. Prima di quello avevo pensato a spes, speranza in latino, ma non funzionava. Così è arrivato Madame Wild che poi ho semplificato». 
La vita fuori dalla musica? 
«Sono sensibile e percepisco subito se qualcosa mi fa stare male. Devo tenere il telefono in un’altra stanza di notte, se mangio troppo bevo una tisana... insomma, coltivo quello che mi fa stare bene. Dopo la morte del cane di famiglia ne ho preso uno per me, passeggio per la natura, abbraccio alberi, dipingo acquerelli, e scrivo moltissimo, rime dantesche, assonanze». 
Ha raccontato di amare Dante e Petrarca... 
«Più in generale amo le parole, tanto che mi rende più fiera essere un’autrice che andare sul palco. Mi piace sceglierle come uno chef fa con gli ingredienti. Pesco dalla straordinaria cultura italiana. Dante è un talento raro. Però guardo anche fuori dai confini. Adesso sono conquistata da Lolita di Nabokov: amo il linguaggio sessuale e pornografico. Quando è esplicito però rischia di non essere una rottura ma di non andare giù a molti. Le parole di Nabokov invece sono così precise che ti fanno quasi apprezzare fisicamente quella 12enne. Che sia chiaro, non è quello che cerco nella vita reale». 
In «17» dice la sua sull’immagine della donna... 
«Un pezzo ambiguo. Nel testo prendo le distanze da quelle che la danno via subito, ma così facendo divento io stessa vittima del pregiudizio. L’ho fatto per ribadire che ognuno è libero, ma se lo avessi detto così non mi avrebbero notata». 
In Italia scarseggiano le donne: maschilismo? 
«Siamo noi donne che ci mettiamo limiti: non dire questo, non fare quello». 
Cosa significa «femminista» per una 18enne? 
«Preferisco parità di genere. Davanti alla parola femminista molti non ascoltano».