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 2020  dicembre 18 Venerdì calendario

L’italiano nei ghiacci del Polo

Rossa? Arancione? No, zona bianca. È quella in cui passerà il Natale (davvero un Natale diverso), Pierpaolo Falco, 51 anni, napoletano, docente di Oceanografia e fisica dell’ambiente all’università delle Marche. È partito il 4 dicembre da Singapore verso Christchurch in Nuova Zelanda, qui ha passato la quarantena anti-CovId poi si è imbarcato sulla nave rompighiaccio Laura Bassi. Arriverà a destinazione la vigilia di Natale, giusto in tempo per addobbare un alberello, lontano dalle polemiche su chiusure e vaccini. Cercherà di prevedere la velocità con cui i ghiacci si sciolgono. Infatti la questione non è se succederà o meno, poiché che si sciolgano è certo e quindi ci sarà un innalzamento del livello dei mari che alla fine potrebbe risultare addirittura di 7 (!) metri e innalzare il livello delle acque globali di 10 cm. Nell’estate 2019 si sono sciolte 586 miliardi di tonnellate di ghiaccio, pari a 532 trilioni di litri di acqua. Uno studio pubblicato su Nature ha calcolato a che se si fondessero tra il 10 e il 20 % delle calotte ghiacciate vaste porzioni della terra, molte isole e, per esempio, Venezia sarebbero irrimediabilmente sommerse. Sarà meglio quindi studiare questi fenomeni prima che sia troppo tardi.Pierpaolo Falco ha il mare nel Dna. È figlio di Ennio, pioniere dello sport subacqueo negli anni Sessanta e recordman mondiale di apnea. Lui s’è dedicato ai ghiacci ed è uno degli italiani che pur tra mille problemi tengono alto il blasone della nostra ricerca. Dice: «L’Antartide è il laboratorio naturale del nostro pianeta, è l’unico posto della Terra dove non c’è presenza umana se non quella degli studiosi. È anche il barometro naturale, il luogo adatto dove studiare e analizzare le variazioni climatiche. Inoltre è un posto affascinante e unico nel quale l’uomo si adatta con difficoltà, coordinandosi con una natura estrema e dove la temperatura invernale può arrivare a 80-85 gradi sotto lo zero. Le università da oltre trent’anni organizzano missioni di studio in Antartide. La mia destinazione è il Mare di Ross, dove per due mesi studierò la variabilità oceanografica ma già durante la navigazione tra la Nuova Zelanda e il Mare di Ross vengono raccolti i dati sulla Corrente circumpolare antartica e sono posizionati a mare diversi strumenti che continueranno a lavorare in assenza degli studiosi». Perché è così importante il Mare di Ross? Risponde: «Perché qui c’è uno degli interruttori che muovono le correnti oceaniche di tutto il mondo, influenzando il clima globale. In particolare, in quest’area si forma una massa d’acqua caratterizzata da un valore relativamente alto di salinità, elemento questo che la rende densa e pesante. Questa massa d’acqua si muove sul fondo del Mare di Ross, mescolandosi con un’altra massa con la quale forma le acque più dense e profonde del pianeta, le cosiddette Antarctic Bottom Water. Queste acque rappresentano la componente più profonda di un enorme circuito che coinvolge tutti gli oceani e ha il ruolo di ridistribuire calore, la CO2, l’ossigeno e di muovere le correnti, con importantissime ricadute sul clima».
Tra le questioni da affrontare vi è quella di una possibile interruzione temporanea della Corrente nord-atlantica a causa dello stress a cui è sottoposta la terra e che potrebbe portare a un abbassamento delle temperature. «È proprio grazie a questa Corrente che nell’Europa nord-occidentale vi è un clima relativamente mite», dice, ed è il motivo per cui le coste di Scandinavia e Norvegia non si ghiacciano.
A causa degli effetti dei cambiamenti climatici, l’apporto di acqua dolce negli oceani sta raggiungendo livelli preoccupanti:»L’apporto di acqua dolce altera il bilancio di galleggiamento dell’acqua superficiale», dice Falco, «con conseguenze sulle dinamiche alla base del meccanismo che fa funzionare la corrente, che va immaginata come un enorme nastro trasportatore che porta l’acqua calda dai tropici verso Nord». Quindi è in Antartide che si decidono le future sorti del nostro clima. Capire cosa sta succedendo tra questi ghiacci consentirà pure di migliorare le previsioni meteo: «I modelli numerici di previsione del clima non sono ancora in grado di catturare questi processi, dice, «e dimostrare il meccanismo che li produce, può essere molto importante arrivare alla loro conoscenza ai fini di un miglioramento delle previsioni»
L’Antartide è il quarto Continente al mondo (14 milioni di chilometri quadrati) situato nell’emisfero australe della Terra, circostante il Polo Sud. Il 98% del territorio è coperto dai ghiacci della calotta antartica, il cui spessore medio è di 1600 metri, che lo rendono il Continente più freddo e inospitale del pianeta. Non è mai stato abitato da popolazioni autoctone. Nel sottosuolo si calcola vi siano 40 miliardi di barili di petrolio ma in base al Trattato del 1959 l’Antartide non appartiene ad alcun Paese, può essere utilizzato esclusivamente per scopi pacifici e sono vietate attività di sfruttamento economico e di tipo militare. I ricercatori italiani sono a stretto contatto con i loro colleghi di tutto il mondo che operano in quest’area. Tanti i motivi di interesse: 1. L’ambiente antartico, in particolar modo durante la notte polare, mostra profonde analogie con l’ambiente spaziale. Per questo motivo durante l’inverno che dura oltre nove mesi si effettuano studi sull’adattamento psicofisico dell’uomo all’ipossia, all’isolamento e all’assenza di luce naturale. 2. È un osservatorio privilegiato sull’adattamento degli organismi viventi alle temperature estreme, essendo un ambiente unico al mondo dove tali organismi hanno sviluppato particolari adattamenti per mantenere il metabolismo attivo alle basse temperature e hanno raggiunto un elevato grado di endemicità. 3. Attraverso l’analisi del ghiaccio estratto da oltre 3.000 metri di profondità è stato possibile risalire alle caratteristiche chimico-fisiche dell’atmosfera del passato fino a circa 800.000 anni fa. Tali studi hanno consentito di rilevare che la concentrazione della CO2 in questo arco temporale non ha mai raggiunto valori come quelli attuali, attribuendo così alle attività dell’uomo la responsabilità dell’effetto serra.
«La situazione è preoccupante», afferma Falco: «Noi abbiamo il dovere di analizzarla e rendere pubblici i risultati, poi spetta a chi ha responsabilità politiche intervenire». È un sacrificio il Natale in zona bianca? «No, è il periodo giusto per la ricerca. È la decima volta che mi reco in Antartide. Ma a febbraio torno in Italia», conclude.