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 2020  dicembre 16 Mercoledì calendario

L’Argentina rilancia il capitalismo di Stato


L’INCHIESTA AMERICA LATINA. LA QUASI IMPOSSIBILE RICOSTRUZIONE POST COVID IN UN PAESE DOVE LA POVERTÀ TOCCA ORMAI IL 44,2% DELLA POPOLAZIONEL’Argentina rilancia il capitalismo di Stato, ma le imprese fuggonoRoberto Da RinIl panettone peronista.   «Senza Covid e con giustizia sociale». In vendita davanti al Congresso AFP L’essere in bilico come...categoria dello spirito, e come perenne connotazione di governance. L’Argentina, quella peronista e quella liberista, è un Paese che gioca d’azzardo con la sua gente, con le sue risorse, con la sua storia. E quasi sempre rischia di perdere di vista sia il gioco sia l’azzardo. Non riuscire a risolvere l’annoso problema della povertà, superiore al 44%. Non ridurre un tasso di inflazione, vicina al 50%, tra i più alti al mondo. Non creare le condizioni per attrarre imprese dall’estero pur avendo risorse naturali e umane di grande valore. Sono questi gli “atti mancati” di una classe politica che riproduce se stessa al di là dell’orientamento politico, neoliberista o veteroperonista. Quella in carica oggi è peronista; il presidente Alberto Fernandez si è insediato un anno fa e la matassa è difficile da dipanare. Il Covid ne ha moltiplicato le criticità, l’Argentina ha superato quota 1,5 milioni di contagi. 
Patrimoniale
Pochi giorni fa Fernandez ha varato una patrimoniale. La tassazione, una tantum, riguarda i soggetti in possesso di patrimoni superiori ai due milioni di euro. 
Il provvedimento è stato approvato con i voti della coalizione filo governativa peronista “Frente de Todos” e 26 contrari dell’opposizione di centro-destra.
I promotori della nuova legge si propongono di raccogliere circa 3 miliardi di euro che saranno investiti in progetti produttivi e sanitari. 
Il presidente della Commissione Bilancio e Finanze, Carlos Caserio, ha dichiarato che l’iniziativa «darà un grande impulso economico all’Argentina». Il Paese, ha concluso, sta «uscendo da questa pandemia come si fosse trattato di una guerra mondiale, con migliaia di morti e un’economia molto danneggiata». In effetti la povertà in Argentina ha raggiunto alla fine del terzo trimestre del 2020 il 44,2% della popolazione, in aumento del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. Lo scenario mostra una paralisi degli investimenti, dei consumi e la disponibilità di posti di lavoro nell’economia formale, rallentando qualsiasi attesa di riattivazione, e danneggiando la piccola e media impresa. La relazione diretta tra informalità economica, povertà e escusione sociale genera risultati inquietanti.
La fuga delle imprese
È un rovello metafisico l’incomunicabilità tra il mondo delle imprese e quello dei governi argentini. Quelli liberisti hanno spesso (s)venduto a grandi gruppi stranieri terre e concessioni. Quelli peronisti hanno implementato misure farraginose che ne hanno scoraggiato l’arrivo oppure favorito l’addio. Dazi all’ingresso, tassazione sull’export e regole bancarie capestro. 
Gli italiani rappresentano una presenza storica a Buenos Aires, da Fiat a Techint, da Olivetti a Pirelli, da Parmalat a Camuzzi; automotive, siderurgia, agroalimentare, gas, ma anche Pmi. Tutti settori attraversati da un’ennesima crisi, gestita da un governo peronista guidato da Alberto Fernandez e dalla vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner in un contesto emergenziale, quello del Covid che ha colpito duramente il Paese latinoamericano. La patrimoniale sulle imprese è stata la scelta che alla Casa Rosada è stata considerata ineludibile. 
Cristiano Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli e nipote di Gianni Agnelli, è presidente di Fiat Chrysler Argentina (Fca), ha rilasciato dichiarazioni agguerrite nei confronti di Fernandez, a un anno dal suo insediamento alla Casa Rosada: «Dire che lo Stato produce ricchezza, beh, non l’ho mai sentito né in Venezuela, né a Cuba, né in Unione sovietica». Gli investimenti, ha aggiunto, li possono effettuare solo i ricchi e l’uscita dalla crisi è plausibile solo se trainata dalla esportazioni. E invece «il sistema è costruito con regole che esaltano la modalità anti-esportativa». Infine ha ribaltato gli attacchi al neoliberismo, contrapponendo i pericoli del “neopobrismo”, neo povertà. 
Una polemica aperta, quella tra Rattazzi e il presidente Fernandez che pochi giorni fa aveva implicitamente attaccato l’imprenditoria, dichiarando che «dalla povertà non si esce con programmi ma con imprenditori che investano e creino posti di lavoro». 
Molto meno aspro il confronto tra Paolo Rocca, ceo di Techint, un gruppo presente da decenni, e il ministro dell’Economia, Martin Guzmàn. In un dialogo aperto sulle modalità di ripresa di un tessuto imprenditore lacerato dal Covid, Rocca ha mostrato disponibilità imprenditoriale, «siamo qui per appoggiare, favorire la ripresa». Tuttavia ha chiesto una riduzione della tassazione per incentivare una ripartenza, dopo un anno durissimo. La replica di Guzman, in merito alla tassazione, è stata un “niet”. «Non siamo in grado di ridurre gli introiti fiscali». La stabilità, secondo il ministro dell’economia, è in cima a tutte le priorità. Nell’altalena di accordi e incomprensioni che i governi peronisti e gli imprenditori, di vari settori, hanno esibito negli ultimi anni, quello attuale pare comunque un momento grigio. Al di là delle presenze storiche la ritirata delle imprese è un fenomeno diffuso. Falabella, capitale cileno, attiva nel settore dell’abbigliamento e degli elettrodomestici, ha lasciato il Paese. Nike abdica e lascia ai messicani di Axo, così come Basf che si trasferisce altrove. Un disastro sul fronte delle compagnie aeree; il settore è stato sì colpito dal Covid ma soprattutto dalla forte riduzione di potere di acquisto degli argentini che certo non possiedono liquidità per viaggiare. Air New Zealand, Qatar Airways, Emirates, Norwegian Airways hanno seguito la stessa strada. Il colpo ferale è arrivato da Latam, la compagnia regionale, in Argentina da 15 anni. 
Ciò che dà qualche segnale di vitalità è il capitalismo di stato, Il presidente Alberto Fernández, ha firmato quattro accordi con la Cina del valore di 4,69 miliardi di dollari per la riattivazione di tre linee ferroviarie merci e l’acquisizione di materiale rotabile per il trasporto ferroviario di passeggeri in 13 province argentine. Le opere genereranno più di 28mila posti di lavoro. 
L’Argentina delle grandi opportunità (perdute), osservata in chiave storica, cambia scene e piani temporali ma rimane concettualmente imprendibile. Scriveva Umberto Eco, «di cui non si può teorizzare, bisogna solo narrare».