il Fatto Quotidiano, 16 dicembre 2020
Tutte le scuse dei politici per dare buca
Il copione è lo stesso di qualche mese fa, quando era l’ora di siglare l’intesa sullo stop alla prescrizione caro al Movimento 5 Stelle. E Teresa Bellanova, attesa al Consiglio dei ministri preferì traccheggiare in giro per Mosca pur di non presentarsi a Palazzo Chigi: trattenuta, quella volta lì, per una missione istituzionale tra covoni di fieno e banchi dell’ortofrutta con vista Cremlino.
Stavolta che c’è di mezzo la verifica di governo bisognerà attendere che il ministro dell’Agricoltura torni da Bruxelles dove sta combattendo col coltello tra i denti una battaglia campale sull’etichettatura nutrizionale che ha intanto avuto l’effetto di far evaporare il previsto faccia a faccia di ieri all’ora di pranzo tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e la delegazione di Italia Viva.
A Palazzo erano attese lei ed Elena Bonetti, le due ministre fedelissime di Matteo Renzi che da giorni alza la posta tanto per far capire ai colleghi della maggioranza che non è contento. Un po’ come fece con il Quirinale, un anno fa di questi tempi, l’altro Matteo, leader leghista pure allora arrabbiatissimo per via di una serie di cosucce compresa la revisione dei sui decreti Sicurezza: diede buca al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che lo attendeva assieme agli altri leader politici al Colle per il brindisi di fine anno. Mi si nota di più se vengo o se non vengo? Meglio dare buca, ma con la consueta eleganza: “È in concomitanza con la recita di Natale di mia figlia, ubi maior”.
E che dire di Silvio Berlusconi? È sempre pronto a stupire i magistrati quando c’è un’udienza che lo riguarda: le volte che ha invocato l’impedimento, sempre legittimo, non si contano. Negli annali delle aule di giustizia resta scolpita la faccenda dell’uveite fino ad allora patologia sconosciuta ai più. Del resto pure nella Prima Repubblica si disertava all’occorrenza. Chiedere per conferma a Clemente Mastella, politico di rito Dc, che non si presentò al Consiglio dei ministri e neppure al congresso sulla famiglia organizzato da Rosy Bindi, rea di aver lavorato ai Pacs, le unioni civili all’italiana, su cui il governo di Romano Prodi nel 2007 aveva ballato seriamente: “Non vado, ma solo perché ho altro da fare” disse il ras di Ceppaloni con un pretesto o meglio una pietosa bugia. Prima di lui si ricordano altre gesta: Giuliano Amato, che ha imparato a farsi anguilla fin dai tempi di Bettino Craxi, nel 1997 diede buca a Massimo D’Alema all’assise del Palaeur sulla Cosa 2. Il dottor Sottile declinò l’invito dopo aver a lungo meditato la scusa: “Da presidente dell’Antitrust verrei meno al mio ruolo super partes”.
Dilettanti rispetto a Giulio Andreotti che lasciò di stucco Gianpaolo Pansa che gli aveva chiesto della sua mancata partecipazione ai funerali di Carlo Alberto dalla Chiesa, ammazzato a Palermo dalla mafia: “Preferisco andare ai battesimi”.