La Stampa, 15 dicembre 2020
QQAN30 Nei sette concerti di Beethoven le ragioni dell’immortalità
QQAN30
Il 16 (o 17) dicembre di 250 anni fa nasceva Ludwig van Beethoven: nulla di più opportuno per concludere quest’anno anniversario, passato quasi in silenzio senza spettacoli né concerti, che poter leggere la guida all’ascolto dedicata da Giorgio Pestelli ai Concerti di Beethoven (ed. Donzelli), ossia ai magnifici cinque per il pianoforte, più il concerto per violino e il Triploconcerto per violino, violoncello e pianoforte: un testo prezioso per accogliere e comprendere in tutto il suo splendore lo sfolgorio del genio beethoveniano.
Anche qui, come nel Genio di Beethoven, siamo davanti a un magistrale esempio di equilibrio tra critica specialistica e divulgazione. Pestelli conosce a menadito la letteratura pianistica, che pratica in prima persona come complemento all’attività di storico della musica: affronta dunque il dettato dei cinque concerti di Beethoven con una conoscenza capillare del loro mirabile tessuto compositivo. Ma non si perde in minuzie descrittive: a beneficio del lettore comune, ne mette in luce gli elementi salienti, ne indica i passaggi più significativi e rende vivissima l’immagine dei vari concerti, facendone spiccare l’individualità.
Le 150 pagine del volumetto ci accompagnano, così, attraverso un viaggio pieno di sorprese. Il bozzolo settecentesco, ancora ben formato nei primi due concerti per pianoforte, comincia a spaccarsi, lasciando emergere tratti di un’energia e bizzarria inaudite (finale del Primo concerto), si richiude, in parte, nel Secondo, per venire completamente distrutto nel Terzo sotto l’impulso dell’espressione tragico-patetica: e qui il discorso di Pestelli comincia a salire a livelli molto alti di evocazione poetica (ad esempio nella descrizione del Largo del Terzo concerto). Poi, negli ultimi due, ci mostra un repertorio di meraviglie: quelle che Beethoven esibisce nel più lirico dei suoi concerti (il Quarto) e nel più grandioso confronto tra solista e orchestra che il genere avesse sino ad allora conosciuto (il concerto Imperatore).
La descrizione, spesso meravigliata, sempre avvincente, dei sette capolavori è accompagnata da continui riferimenti ad altre pagine di Beethoven, e alla produzione concertistica compresa tra Bach e Brahms. Ne risulta una sintesi di singolare spessore e utilità per scoprire, in musiche magari mille volte ascoltate, le ragioni della loro immortalità.