La Gazzetta dello Sport, 15 dicembre 2020
I precedenti tra Milan e Stella Rossa
Se vale il proverbio che non c’è due senza tre… Già, perché il Milan, nei due precedenti contro la Stella Rossa Belgrado, ha sempre eliminato i serbi e poi è andato di gran carriera a vincere il trofeo, che in quei casi era la Coppa dei Campioni, o Champions League. La doppia sfida più recente è quella della stagione 2006-07, quando i rossoneri furono costretti ai preliminari per entrare nei gironi della nobiltà europea. In pieno agosto, il 9 e il 22, con le gambe ancora poco allenate, la squadra guidata da Ancelotti regolò gli avversari a San Siro con un 1-0 timbrato dal solito Pippo Inzaghi e sprecò tantissime occasioni per il bis. Nel ritorno, decisamente più in forma a livello fisico, i ragazzi di Carletto diedero una dimostrazione di forza: 2-1, con reti di Inzaghi e Seedorf.
Anche il 2006 fu o.k.
Dopo aver oltrepassato quello scoglio, e la qualificazione non era per nulla scontata in quell’estate torrida in cui ancora riecheggiavano i festeggiamenti per il Mondiale appena vinto dall’Italia a Berlino, i rossoneri iniziarono una meravigliosa cavalcata che li portò a superare agevolmente il girone e poi a eliminare, uno dopo l’altro, il Celtic, il Bayern Monaco, il Manchester United e, infine, nella sfida decisiva di Atene, il Liverpool di Benitez. E così fu vendicata la sconfitta nella maledetta notte di Istanbul di due anni prima.
Stojkovic, che tassa
Ma quando si pronuncia il nome «Stella Rossa» al popolo milanista viene in mente soprattutto una partita: quella di Belgrado del novembre 1988. Anzi: «quelle» di Belgrado, perché in realtà furono due. Coppa dei Campioni, secondo turno. All’andata il Milan di Sacchi pareggiò 1-1 a San Siro e si prese un brutto spavento: gol di «Pixie» Stojkovic e pareggio di Virdis. Alla vigilia del ritorno Arrigo Sacchi sentì discorsi un po’ disfattisti anche dentro lo spogliatoio. «Allora m’inventai che mi aveva telefonato Berlusconi e mi aveva detto che non aveva speso 20 miliardi di lire per uscire al 2° turno di Coppa dei Campioni. Riportai le parole ai giocatori e aggiunsi: “C’è una sola cosa da fare: vincere”». Mica semplice, però. Il 9 novembre Savicevic segnò il gol del vantaggio, Virdis fu espulso, Ancelotti ammonito e… «E poi meno male che venne giù la nebbia – ammette Sacchi –. Si rigioca il giorno dopo, io sono senza Virdis e Ancelotti che dopo il giallo era squalificato automaticamente. Lancio il giovane Mannari. Galliani viene in albergo, poche ore prima che il pullman partisse per lo stadio, e dice: “Guardate che hanno raddoppiato la capienza”. Allora interviene Gullit: “Quanti spettatori vanno a vedere la Stella Rossa di solito?”. “40 mila – fa Galliani – ma oggi saranno 80 mila”. “Bene, vuol dire che gli altri 40 mila vengono per vedere noi”, replica Gullit, e così mi dimostra che la squadra ha lo spirito giusto».
Mannari e Cappellini
Il Milan va in vantaggio con Van Basten, «e prima l’arbitro Pauli ci ha annullato un gol con il pallone che era dentro di un metro e mezzo. Poi becchiamo un contropiede e subiamo il pareggio dal solito Stojkovic. Supplementari e rigori. Nel frattempo ho fatto entrare anche Cappellini, che aveva 17 anni, al posto di Mannari. E lo metto nella lista dei rigoristi. Mi si avvicina Rijkaard e mi dice: “Mister, il ragazzino ha paura”. “Allora calcia tu il quarto e lui il quinto”, gli dico. E andò bene: Giovanni Galli ne parò due, noi li segnammo tutti. Quando partimmo dallo stadio venne il sindaco di Belgrado a farci i complimenti. “Salutiamo i futuri campioni d’Europa” disse. Ci aveva visto giusto». Superata quella montagna, il Milan di Sacchi eliminò il Werder Brema, il Real Madrid, battè in finale la Steaua Bucarest e salì sull’Everest del calcio.