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 2020  dicembre 13 Domenica calendario

I vini più assurdi

Bevemolo strano. Ma strano assai. Il mondo del vino è pieno di storie strampalate, progetti spericolati, vigneti improbabili, idee visionarie. Negli ultimi tempi ci siamo imbattuti in diverse etichette da raccontare, differenti ma unite da una vena di follia.
Ao Yun. Un vino himalayano? Certo che sì. Lo prodice la holding del lussso LVMH in quattro villaggi dell’alta valle del Mekong: Adong, Shuori, Sinong e Xidang. Terroir incredibili ed estremi, diversissimi tra loro ma con il fil rouge di un’altitudine tra i 2200 e 2600 metri sul livello del mare. Vendemmia infinita, dal 2 settembre al 9 novembre, rese bassissime, assemblaggio certosino con degustazioni al livello del mare, a Hong Kong. Cabernet Sauvignon per tre quarti, poi Cabernet Franc, Syrah e Petiti Verdot. Vino elegante, balsamico, salino, lunghissimo in bocca e in bottiglia. Prezzo sopra i 300 euro. Vera chicca. 
ViaMari10. A Reggio Emilia, in via Mari al numero 10, c’è un vigneto di 20 metri quadri da cui la famiglia Masoni, che ama definirsi il più piccolo produttore vitivinicolo del mondo. La vendemmia è un rito familiare, le bottiglie prodotte sono 25 all’anno, dal prezzo inestimabile, l’etichetta recita la dicitura «vino prodotto in zona a traffico limitato». Unico.
Gorgona. Progetto quasi commovente quello di Frescobaldi, che in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria ha preso in gestione un piccolo vigneto vista mare a Gorgona, arcipelago toscano, unica isola penitenziario d’Europa, affidandone la cura ai detenuti, che sviluppano in questo modo delle professionalità utili al reinserimento a pena terminata. Due i vini, dalle bellissime etichette «giornalistiche»: il Gorgona Rosso (Sangiovese e Vermentino Nero) e il Gorgona Bianco (Vermentino e Ansonica). Prezzi elevati (il rosso è sui 200 euro e il bianco sugli 80) ma il progetto lo giustifica interamente.
The Urban Wine Company. Un progetto vagamente hipster ma assai affascinante quello di questa cantina collettiva nata dall’idea di due vignaioli urbani nel 2007, che fa vino con le uve delle varie piccole vigne della metropoli britannica, spesso in spazi nascosti o di risulta e nei pocket parks, le piccole aree verdi che il Comune affida in gestione al quartiere. Il risultato è Chateau Tooting, le cui poche bottiglie sono distribuite tra ristoranti e wine-bar cittadini e i collaboratori del progetto.
Venissa. Chi ci legge con un minimo di attenzione avrà la bontà di ricordarsi il racconto di Venissa, il vino che i Bisol producono sull’isola di Mazzorbo, accanto a Burano, nel comune di Venezia. Storia quasi incredibile di un’uva bianca, la Dorona, destinata all’estinzione fin quando Gianluca Bisol ne scovò alcune piante in un giardino privato di Torcello. Bisol raccolse tutte le piante esistenti e le piantò in un hortus conclusus in un angolo brumoso della laguna. Oggi la piccola vigna produce due vini: il Venissa, già prodotto in sei annate (dalla 2010 alla 2015), dal prezzo da amatore, e il nuovo arrivato Venusa, second vin di altissimo livello. Unico il terroir, unico il vino, unica anche l’etichetta. 
Villa dei Misteri. Nella città campana mummificata nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio si beveva e anche bene. C’erano vigne anche all’interno della cinta muraria, e gli studi archeologici hanno consentito di ricostruire i metodi di lavorazione. Da ciò l’idea di ripristinare la viticoltura in un luogo mitico, visitato da milioni di turisti ogni anno. Negli anni Novanta la soprintendenza affidò il compito all’azienda Mastrobernardino, una delle cantine leader della Campania, che oggi gestisce una vigna di un ettaro e mezzo con vista sull’Anfiteatro. Il frutto è il vino Villa dei Misteri, un Rosso Pompeiano Igt da uve Piedirosso (90 per cento) e Sciascinoso (10), prodotto in modo tradizionale e con una sosta di dodici mesi in barrique francesi.