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 2020  dicembre 13 Domenica calendario

Dizionario «pronato» dal Covid


IL VOCABOLARIO DELL’EMERGENZA. IL DEVOTO-OLI 2021 REGISTRA NEOLOGISMI E NUOVI SIGNIFICATI DI LEMMI GIÀ PRESENTI: MOLTI TERMINI RESTERANNO A LUNGO PERCHÉ LA FERITA È TROPPO PROFONDA E LA LINGUA VIVE ANCHE DI MEMORIADizionario «pronato» dal CovidMatteo MotoleseLa pervasività del virus.   Il Covid-19 ha sconvolto le nostre vite, ha portato morte in tutto il mondo e sta cambiando anche il nostro vocabolario in modo repentino (in foto, carri alla sfilata del Rose Monday di Düsseldorf, lo scorso febbraio) REUTERSAnni fa ho trascorso molti mesi a studiare la lingua usata per descrivere un’epidemia in corso. Il mio campo di indagine erano i trattati scritti nel Rinascimento contro la peste: piccoli libri in cui si suggerivano cure per un morbo di cui, al tempo, si ignorava la natura. Buona parte del mio lavoro consisteva nel definire il significato di parole comuni che, nel lessico medico del tempo, avevano un valore tecnico:  carbone per descrivere un agglomerato di foruncoli circondato da necrosi;  accesa,  effimera,  sottile per definire diverse tipologie di febbre. Ricordo distintamente il momento in cui, sfogliando una raccolta di opuscoli in Biblioteca Vaticana, mi sono imbattuto in alcune carte in cui qualcuno aveva segnato a mano, sestiere per sestiere, le vittime dell’epidemia a Venezia nel 1576. Mai avrei creduto di trovarmi un giorno di fronte a conteggi simili e di osservare l’impatto di un’epidemia sulla lingua intorno a me. 
Non c’è bisogno di essere linguisti per notare come, insieme alle abitudini, anche il nostro modo di parlare sia cambiato negli ultimi mesi. Parole come tracciamento contatti sono di colpo diventate frequenti, positivo ricorre ormai nelle conversazioni quotidiane più nella sua accezione medica che in quella comune. L’uso di bolla si è arricchito di un nuovo significato: chiunque abbia un figlio piccolo sa che questa è la parola con cui oggi si definisce il gruppo ristretto di bambini tenuti insieme all’asilo per limitare il contagio (ma l’uso non è circoscritto solo a questa condizione). Intendiamoci: è del tutto normale che la lingua si adegui ai cambiamenti. È raro però che questo avvenga in modo così rapido, capillare, trasversale tra le generazioni e le fasce sociali. 
Sul sito Treccani.it è possibile monitorare – settimana per settimana – la comparsa di nuove parole ed espressioni nel circuito dei media. Scorrendo all’indietro il censimento si può seguire il primo affiorare nel dibattito pubblico di parole oggi divenute comuni: è il caso di droplet documentata in un titolo di giornale del 2 marzo 2020. Non sempre però espressioni che oggi sembrano nuove sono realmente tali: smart working e lavoro agile sono documentati dal 2016; lo stesso vale per lockdown: compariva in un articolo di giornale del 2013 relativo della chiusura improvvisa del Congresso americano per ragioni di sicurezza. Si trattava però di forme episodiche, marginali. L’epidemia le ha rese centrali, ha sovvertito le gerarchie tra i significati, ampliato lo spettro semantico. 
Questo lessico dell’emergenza comincia a filtrare anche nei vocabolari dell’uso. Nel Devoto-Oli 2021 – il celebre dizionario fondato da Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, oggi diretto da Luca Serianni e Maurizio Trifone – sono diverse le aggiunte legate alla pandemia tra neologismi e nuovi significati di lemmi già presenti. L’edizione esce a tre anni dalla precedente e presenta un rinnovamento su diversi fronti: si sono aggiornate le definizioni, incrementati gli approfondimenti sui punti sensibili del lessico (uso delle parole straniere, errori più comuni, differenze di tipo stilistico), si è potenziata la versione digitale. Scorrere l’elenco delle nuove entrate aiuta ad avere un quadro degli àmbiti nei quali il dibattito pubblico degli ultimi anni è stato più vivace. I problemi dell’informazione distorta (ad esempio, debunkingdeepfakeinfodemia), l’impellente richiesta di un’economia più sostenibile (ad esempio, bioeconomiadenatalista), la salvaguardia dell’ambiente (ad esempio, ecoquartiereecotassaplastic freeplastic tax). Ci sono poi parole di tendenza che rimandano a una normalità che oggi sembra lontana, come aperisushi oppure acquapole che – imparo – indica una particolare attività aerobica acquatica. 
Le parole legate all’emergenza di questi mesi sono una quota ridotta ma sorprendente visto i tempi lunghi di lavorazione di un dizionario. Tra le nuove entrate ci sono superdiffusorecontact tracingdroplet ma anche spillover, “salto di specie”, parola resa celebre dal titolo del saggio premonitore di David Quammen (in Italia, pubblicato da Adelphi). Più ancora di queste forme sono però soprattutto verbi come quarantenare a essere significativi: il passaggio dal nome al verbo è indizio di alta frequenza nell’uso corrente. Lo stesso vale per aggettivi come tamponato pronato. Questa volta anche la gerarchia tra i diversi significati risente della pressione degli ultimi mesi. Nel caso di tamponato, ad esempio, viene segnalata prima l’accezione “chiuso con un tampone” e dopo quella relativa a un veicolo che ha subito un incidente. Per pronato il dizionario presenta tre diversi significati: il primo è quello di “paziente che viene disposto in posizione prona per favorire la ventilazione polmonare”; il secondo è un sinonimo di valgo con riferimento a un arto; il terzo – segnalato come disusato e letterario – è quello di “reso prono, sottomesso”. Se si cerca la voce nel Grande dizionario della lingua italiana, è solo quest’ultima accezione a essere presente. 
È lecito chiedersi quanto tutto questo resisterà nel tempo. Si tratta di parole entrate in pianta stabile nell’italiano oppure di forme effimere, passeggere, come molte altre che di anno in anno entrano nel circolo della nostra lingua per poi scomparire? È difficile, naturalmente, dare una risposta netta. Molto dipenderà dalla durata dell’epidemia e da come cambieranno le nostre abitudini. Ciò che possiamo osservare è che alcune parole come lockdown tracciamento hanno ormai un indice di frequenza così alto che difficilmente verranno dimenticate anche quando l’epidemia – speriamo presto – sarà alle spalle: la ferita è stata troppo profonda, e la lingua vive anche di memoria.