La Stampa, 13 dicembre 2020
8QQAN40 Élisabeth Badinter racconta Maria Teresa d’Austria
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«Lavorava 15 ore al giorno. Ha gestito due guerre enormi, lunghe sette anni. Ha anche riformato l’esercito, l’amministrazione austriaca, la giustizia. Ma al tempo stesso Maria Teresa tirò su i suoi figli. E ne ebbe 16: tre morirono molto presto, ma gli altri li seguì passo passo». Élisabeth Badinter, 76 anni, storica, filosofa e anche femminista di riferimento (da quel saggio,L’amore in più, del 1980, con il quale negò l’esistenza dell’istinto materno), si è appassionata a Maria Teresa d’Asburgo (1717-80). Le ha dedicato il suo ultimo libro (I conflitti di una madre, pubblicato da Flammarion). La Badinter, 76 anni, occhi azzurro cristallino, fisico gracile, piglio austero, ne parla nel suo studio sotto i tetti di Parigi. Per lei l’imperatrice fu «la prima madre della storia in senso moderno».
Come erano, invece, le sue contemporanee?
«Quelle dell’aristocrazia non si occupavano dei figli. E, se morivano da piccoli, restavano indifferenti. Maria Teresa inaugurò un nuovo modello. Si preoccupava della loro salute e del loro carattere. Pure dell’educazione: ad esempio, chiedeva a ogni figlio di scriverle una lettera alla settimana in tedesco, francese e latino, che lei correggeva e rimandava indietro. Trovava il tempo… ».
Fu una brava mamma?
«Né brava, né cattiva. Fu una mamma e basta, e questo era già rivoluzionario. Commise delle ingiustizie. Va detto che non potevano aiutarla le conoscenze della psicologia infantile di Freud».
Si può considerare una femminista ante litteram?
«Quello no. Lei, che era la donna più potente della sua epoca, diceva alle figlie che dovevano sottomettersi ai mariti e non fare politica. Si serviva dei loro matrimoni per promuovere alleanze fra la sua casata e le altre».
A costo di destinarle a una vita infelice…
«Ferdinando IV di Napoli, il Re Lazzarone, uno dei Borboni, era una sorta di delinquente. Ma lei gli destinò Maria Giuseppina come sposa. Una governante scrisse che Maria Teresa non osava più guardare la figlia negli occhi prima che partisse… ».
Il senso di colpa delle madri?
«Sì, in questo Maria Teresa non fu solo una madre moderna, ma oltre. Siamo nel post-Freud, che visse un secolo e mezzo dopo».
Anche Francesco I di Lorena, il marito, è stato un padre all’avanguardia?
«Un po’ sì. Non aveva alcuna responsabilità politica e aveva tanto tempo a disposizione. Non influiva sull’educazione dei figli, ma era un padre affettuoso, soprattutto nei confronti delle figlie».
Però non se ne occupò quando erano molto piccoli…
«Anche le madri li vedevano poco. Da neonati li affidavano alle balie. Lo fece pure Maria Teresa. Ma per i padri era ancora più vero: sarebbe stata una mancanza di virilità».
Lei sottolinea che solo ammettendo la bisessualità psicologica si può permettere l’eguaglianza dei sessi. Cosa vuol dire?
«Con la psicoanalisi si è capito che il principio virile e quello femminile esistono in entrambi i sessi: siamo tutti bisessuali. La separazione dei mondi sessuali serviva agli uomini a lasciare la donna a casa a occuparsi dei figli».
Lei iniziò col suo saggio nel 1980, che fece scalpore, a negare l’esistenza di un istinto materno…
«Avevo avuto già i miei tre figli. Andavo ai Giardini del Lussemburgo e osservavo le madri con i loro bambini. Era chiaro che si annoiavano atrocemente: nel migliore dei casi parlavano fra di loro, nel peggiore leggevano un libro. Non avere un istinto materno, comunque, non esclude che si crei un rapporto tra la mamma e i figli. Ma è una conquista».
La consapevolezza di una bisessualità trasversale che relazione ha con la fluidità dei sessi, di cui si parla oggi?
«Nessuna. Fluidità significa che si sceglie il proprio genere».
Lei ci crede?
«Per nulla. E ancora meno, perché ho lavorato sui trans. Dall’infanzia sono convinti che c’è un errore, perché sentono di appartenere al sesso opposto. Ma questa non è una scelta. È un’obbligo che ti rode dentro, la natura che s’impone. Mentre con le teorie attuali sul genere di Judith Butler, dell’Università di Berkeley, si sceglie. Siamo al delirio».
Nella sua vita lei ha portato avanti due battaglie: sul femminismo e sulla laicità. Si può dire che ha vinto la prima e perso la seconda?
«La prima non sono stata io da sola a vincerla. Ho contribuito modestamente a togliere i sensi di colpa alle madri contemporanee. Sulla laicità, siamo stati un gruppo ristretto a lottare per mantenerla in Francia. E non si può dire che sia stato un grande successo».