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 2020  dicembre 13 Domenica calendario

Stato e religione, quanto conta puntare i piedi

La stampa liberale degli Stati Uniti esorta il suo nuovo presidente a onorare le promesse fatte durante la campagna elettorale. Se Joe Biden vuole davvero dimostrare il suo attaccamento ai valori democratici, l’occasione da cogliere sarebbe l’Egitto: un Paese in cui la classe politica sembra approfittare del passaggio dei poteri a Washington per distruggere ciò che ancora rimane delle sue organizzazioni democratiche. Un probabile esempio, tra gli altri, è quello di una associazione («L’Iniziativa Egiziana per i diritti individuali») di cui è membro il giovane Patrick Zaki, arrestato all’aeroporto del Cairo il 7 febbraio mentre rientrava dall’Italia, dove stava completando i suoi studi alla Università di Bologna. Ciò che molti americani attendono da Biden è probabilmente l’abituale ricorso alle sanzioni, dalle armi al rifiuto del visto per ospiti sgraditi.
In occasione di una recente conferenza stampa a Parigi con il presidente egiziano, (il generale Abdel Fattah al Sisi), trasmessa telematicamente al mondo, Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, ha adottato invece verso l’Egitto una linea politica alquanto diversa. Ha concluso un trattato per la fornitura di armi spiegando che l’Egitto è un indispensabile alleato contro il terrorismo islamista. Ma ha riconosciuto l’esistenza fra i due Paesi di alcuni discordanze; e ne ha dato subito la prova impartendo una lezione di laicità al leader di un Paese che ospita una delle maggiori istituzioni del mondo musulmano (la moschea di Al Azhar). 
Non è la prima volta che Macron affronta questo problema. Lo aveva fatto quando disse che le vignette satiriche dedicate dal settimanale Charlie Hebdo alla persona di Maometto erano manifestazioni di un diritto alla blasfemia. Ora, nella conversazione con Al Sisi, è andato oltre invocando la prevalenza dei diritti della persona su quelli delle istituzioni ecclesiastiche. La sua posizione ricorda quella del cancelliere Bismarck quando nel 1871, dopo la nascita del Secondo Impero tedesco, pronunciò al Parlamento di Berlino un discorso che passò alla storia come l’inizio di un Kulturkampf (guerra di civiltà o di culture) fra i diritti dello Stato e quelli delle Chiese. Il risultato in Germania fu una rottura con la Santa Sede romana, il divieto dei convitti ecclesiastici, l’espulsione dei gesuiti, la limitazione del potere disciplinare delle autorità religiose. 
Con la sua strategia politico- religiosa, Macron sembra archiviare quella fase di storia europea, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in cui le democrazie cristiane e i partiti popolari erano riusciti a trovare forme di convivenza fra i principi democratici e i sentimenti religiosi delle masse. Ma forse questa è soprattutto la mossa di un ambizioso uomo politico che aspira a prenotare un posto di prima fila nella storia d’Europa e del suo Paese. 
La sua prossima mossa sarà la promulgazione di una nuova legge (dopo quella del 1905) sulla separazione tra le confessioni religiose e lo Stato.