Il Sole 24 Ore, 12 dicembre 2020
Orbán, amici e famiglia in affari con i fondi Ue
Via Árpád Fejedelem, tra ponte Margherita e piazza Zsigmond, è una delle strade più trafficate di Budapest, specie di sera, quando all’ora di punta le auto scorrono lungo il Danubio per attraversare la città. Sei anni fa, grazie ai fondi della Ue, i vecchi lampioni che la illuminano sono stati sostituiti con nuovi apparecchi a led, più efficienti ed ecologici, al prezzo di 444 euro l’uno. In quegli stessi giorni i nuovi led erano arrivati anche a Keszthely, una cittadina di 20mila abitanti a 187 chilometri da Budapest. Ma lungo il tragitto era accaduto qualcosa di inspiegabile: il costo delle lampade era aumentato del 56%, fino a 695 euro l’una.
Il perché lo avevano presto scoperto alcuni giornali ungheresi. E non era un buon motivo. Mentre a Budapest i lampioni erano stati acquistati direttamente dal fornitore, a Keszthely erano stati consegnati dalla Elios Innovatív Ltd, la società responsabile della modernizzazione del sistema di illuminazione pubblica della città, che in quel momento aveva tra gli azionisti István Tiborcz, genero del primo ministro ungherese Viktor Orbán. I giornali fecero due più due e denunciarono il conflitto d’interessi per gli appalti finanziati dalla Ue e assegnati a parenti del premier.
Una denuncia all’Olaf
Arrivata la denuncia alle orecchie dei funzionari dell’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode di Bruxelles, l’indagine sui led ungheresi è scattata quasi subito e si è conclusa nel 2017 dopo aver esaminato 35 appalti sospetti. «L’Olaf – sottolinea al Sole 24 Ore l’ufficio antifrode – ha spedito il rapporto finale con raccomandazioni finanziarie alla Direzione generale per le politiche regionali e urbane della Commissione europea, per il recupero di 43,7 milioni di euro, oltre a raccomandazioni giudiziarie al procuratore generale ungherese».
Il cerchio magico
Non è un caso isolato. A Budapest c’è un acronimo che negli ambienti dei giornalisti investigativi e dei think tank anti corruzione riassume lo stato degli appalti pubblici, per circa il 75-80% finanziati dall’Unione europea. La sigla è “Mgts+” e sta per Mészáros, Garancsi, Tiborcz e Simicska. Quattro cognomi molto conosciuti in Ungheria, figure miste di imprenditori e (a volte) politici che costituiscono il “cerchio magico” di Orbán.
Sono loro tra i principali beneficiari degli appalti finanziati dalla Ue. Il simbolo finale dell’acronimo “Mgst+”, dove il segno più rappresenta tutte le altre società controllate da altri imprenditori vicini al leader di Fidesz o intimi amici del leader. Tutti sono raggruppati in una lista di 35 imprese stilata dal Corruption research center di Budapest (Crs), think tank apartitico finanziato da donazioni private e fondi di ricerca.
L’amico del capo
L?rinc Mészáros è il più potente del “cerchio magico”. Amico d’infanzia del primo ministro ungherese ed ex sindaco di Felcsút (il villaggio dove Orbán ha trascorso la sua infanzia), oggi è milionario. Nel 1990 ha fondato una piccola azienda di installazione di impianti a gas a Felcsút. E Orbán, che ha fondato l’Accademia di calcio Ferenc Puskas, lo ha scelto come presidente. La società di impianti di gas di Mészáros, la Mészáros & Mészáros Ltd, è ora un grande attore nel mercato delle costruzioni grazie ai contratti del governo finanziati dalla Ue.
Basta scorrere la lista degli appalti nel supplemento della Gazzetta Ufficiale della Ue per rendersi conto di quanti progetti le società di Mészáros si sono aggiudicate negli ultimi anni.
Passione calcio e non solo
Il secondo è Istvan Garancsi, proprietario della squadra di calcio del Videoton, presidente dell’Associazione escursionisti dell’Ungheria e amico intimo di Orbán, tanto da alimentare il sospetto (mai provato, per la verità) che funga da uomo di paglia per i rapporti d’affari del leader di Fidesz.
La “S” di Lajos Simicska, fa invece parte del passato recente. Fino al 2015 è stato l’uomo più potente del Paese dopo il premier. Era il compagno di stanza del giovane Viktor Orbán durante gli studi, poi è diventato tesoriere di Fidesz, uomo d’affari potentissimo e ricchissimo, proprietario di media e tv. Ha però litigato con Orbán ed è caduto in disgrazia. Oggi ha venduto gran parte del suo impero industriale. A chi? Al nuovo favorito L?rinc Mészáros.
Infine, c’è István Tiborcz, l’uomo dei Led a 695 euro, il genero del premier per aver sposato sua figlia maggiore Rahel. C’è poi un inner circle del quale Tiborcz fa parte. È il cerchio dei parenti, in primo luogo il padre del primo ministro, Gy?z? Orbán senior, e i due fratelli Orbán, Gy?z? junior e Áron.
Le società di Gy?z? Orbán
Le principali società di Gy?z? Orbán senior – Dolomit, Gánt K? e Nehéz K? – sono state monitorate attentamente dal sito di giornalismo investigativo Direkt36, che ha scoperto come il padre del premier ungherese abbia partecipato ad alcuni lavori finanziati con i fondi dell’Unione europea. Per esempio, nella costruzione della strada M4 che collega Budapest con il confine romeno, la Dolomit ha fornito il pietrisco. Così come ha venduto elementi in calcestruzzo e ghiaia per lavori alle fogne di Budapest e di Kulcs (questi ultimi finanziati dalla Ue), mentre la Nehéz K? ha lavorato come subappaltatore nella costruzione di una linea ferroviaria di 53 chilometri sul lago Balaton. Tutti questi lavori sono stati eseguiti come fornitori e sub appaltatori delle società di L?rinc Mészáros. Impossibile, però, quantificare quanto abbiano guadagnato le società della famiglia Orbán dai lavori finanziati dalla Ue.
Il treno del premier
Il 28 settembre 2016 un folto gruppo di europarlamentari interrogò la Commissione europea sulle accuse di appropriazione indebita di fondi europei in Ungheria, sollevate dalla relazione dell’Ufficio antifrode nel 2015. Per gli europarlamentari che firmarono l’interrogazione, «gran parte dei fondi destinati a programmi infrastrutturali e per l’occupazione sarebbe stata dirottata».
Per finire dove? E qui fecero un esempio che, ancora oggi, fa scuola: la linea ferroviaria di 5,7 km che porta alla casa di campagna del primo ministro, costata ai contribuenti 1,9 milioni di euro. Nell’estate 2015, una fondazione appartenente al sindaco di Felcsút, L?rinc Mészáros, la “Felcsúti Utánpótlás Nevelésért Alapítvány”, che gestisce l’accademia calcistica, ha ottenuto un co-finanziamento Ue per una linea di appena tre fermate, costruita nel villaggio dove è nato il Primo ministro, tra Felcsút e Alcsút.
Le affermazioni stando alle quali la linea sarebbe utilizzata da 2.560 a 7.080 passeggeri al giorno si sono dimostrate esagerate, sostenevano gli europarlamentari, «dal momento che – si legge nell’interrogazione – solo 30-50 passeggeri al giorno se ne servono». Scontate le richieste alla Commissione: sapere quali misure avesse adottato per incoraggiare l’Ungheria a tener conto delle raccomandazioni formulate dall’Olaf, se fosse al corrente dell’operato delle autorità ungheresi e degli eventuali procedimenti giudiziari e, infine, avere informazioni sugli importi che fossero stati eventualmente recuperati.
Corsa a ritroso
Il 15 dicembre 2016 rispose l’allora vicepresidente della Commissione Kristalina Georgieva che, però, lo fece in maniera vaga e si limitò a dire che i dati in possesso della Commissione erano altri, rimandando ad una risposta data in precedenza, per l’esattezza il 5 luglio 2016.
In questa corsa a ritroso, bisogna allora tornare ad un’altra interrogazione sul “treno di Orbán” inaugurato (con ritardo) il 30 aprile 2016 e dichiarato un investimento prioritario: quella presentata il 2 maggio 2016 dall’eurodeputato ungherese Csaba Molnár (S&D).
Tutta da leggere la risposta della Commissione: «Sulla base delle informazioni ricevute, non vi sono prove che dimostrino l’esistenza di irregolarità nel progetto». Un po’ come chiedere all’oste se il vino che serve è buono. E ancora che «i risultati obbligatori da raggiungere (compreso il numero di passeggeri) sono stati concordati tra l’autorità di gestione del programma e il beneficiario e sono inclusi nel contratto di sovvenzione. Essi saranno pertanto verificati prima di procedere al pagamento finale del progetto». Già, ma qual è il numero concordato di passeggeri?
L’escalation con il Covid
Che il rischio corruzione sia altissimo in Ungheria, lo testimonia anche il rapporto pubblicato nel maggio 2020 del Corruption research center di Budapest sugli appalti pubblici tra il 2005 e il 2020. Il Centro ha analizzato i dati di 248.404 contratti, concentrandosi sul rischio di corruzione, rispetto della concorrenza e favoritismi politici.
I risultati mostrano che nei primi quattro mesi del 2020, il rischio di corruzione sugli appalti pubblici ha raggiunto il livello più alto dal 2005. A fine aprile 2020 la quota di contratti privi dell’elemento della concorrenza sul mercato era del 41%. Non solo. La quota di appalti pubblici vinta dalle società legate alla classe dirigente politica, è aumentato significativamente dal 2011 (...). Durante la pandemia sanitaria da Covid-19, la quota di contratti aggiudicati alle società legate alla politica è stata ancora più alta». Insomma, un meccanismo perfettamente oliato e perfezionato nel tempo che funziona benissimo anche senza ricorrere alla mangiatoia dei fondi Ue.