il Giornale, 12 dicembre 2020
Il cappotto ricucito del principe Carlo
Ama le giacche doppiopetto dal taglio impeccabile, non disdegna i colori brillanti e gli accostamenti insoliti e si affeziona agli abiti e agli accessori che indossa. Il suo stile viene premiato o denigrato ad anni alterni e lui ne prende atto con regale noncuranza. Rimane fedele ai suoi fornitori di sempre, senza lasciarsi influenzare dalle mode passeggere, convinto che lo stile più vero affondi le sue radici nella bravura degli artigiani, nella creatività legata alla competenza, nello studio maniacale del dettaglio, nella qualità delle materie prime. Un Principe «sostenibile», l’erede al trono d’Inghilterra porta avanti la sua battaglia per un consumo più consapevole da tempi non sospetti, ben prima che stilisti suoi connazionali come Vivienne Westwood invitassero ad acquistare meno, ma con più oculatezza.
Per Carlo questa è sempre stata una regola di vita. Quando si innamora di qualcosa che indossa, continua a portarla per decenni, senza preoccuparsi se il particolare viene pubblicato sui giornali. Piuttosto che buttare un abito preferisce farlo rammendare o riparare ed è convinto che l’arte di ridar nuova vita alle cose debba venir tramandata e protetta. Prendiamo le sue calzature. Il primogenito di Sua Maestà è noto per essersi sempre servito da John Lobbs, in St.James Street, specializzato in scarpe dal taglio classico e dal prezzo poco democratico.
Pensavate che le Church’s fossero care? Le creazioni di Lobbs possono costare dieci volte di più. Però durano per sempre, se è vero che Carlo si vanta di usare ancora un paio di semplici Oxford nere che ha indossato per la prima volta quando aveva vent’anni. Pur di non gettarle le ha fatte riparare più volte e calzano sempre una meraviglia. Per gli abiti il Principe si serve da trent’anni da Anderson & Sheppard che per lui confezionano splendidi vestiti doppiopetto e relative cravatte. Pare che a tagliare i suoi completi sia sempre mister Hitchcock, che benché già pensionato, continua ad offre i suoi personali servigi facendo visita al Principe nella sua residenza di Clarence House. È abitudine degli uomini della famiglia reale usare i propri outfit per anni ed anni. Il Duca di Windsor indossava l’abito del suo matrimonio anche trent’anni dopo, al funerale della Principessa Marina avvenuto nel 1968 e il cappotto usato da Carlo la mattina del suo matrimonio era stato confezionato sette anni prima. E un paio di cappotti, uno in classico color cammello e l’altro in tweed di lana, gli sono stati visti addosso innumerevoli volte dagli anni Ottanta in poi. Il suo non è certo uno stile per tutti, come ricorda John Utter, segretario privato del duca di Windsor.
«Se noi ci vestissimo come il Duca risulteremmo obsoleti e ridicoli – spiega Utter – ma il Principe Carlo ancora indossa gli stessi abiti di suo padre e su di lui sono perfetti. Sono di buona fattura, eleganti e convenzionali come si addice al suo ruolo. Ma sono anche il meglio che i sarti inglesi possano produrre».
«Quando qualcosa che amo si rovina o si rompe preferisco farla riparare piuttosto che buttarla – ha spiegato Carlo – e voglio pensare che in questo modo contribuisco al mantenimento di professionalità importanti. Ricordo ancora quando, in Scozia, portavamo le nostre scarpe da risuolare dal calzolaio. Guardarlo lavorare era affascinante». Per promuovere una moda più sostenibile ed opporsi alla tendenza usa e getta, il Principe ha recentemente lanciato una nuova linea disegnata da sei studenti italiani del Politecnico di Milano e realizzati da alcuni tra i migliori artigiani inglesi. Non dureranno quarant’anni come le sue scarpe, ma è pur sempre un buon inizio.