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 2020  dicembre 12 Sabato calendario

Gesù Bambino le buscò davvero?

Proviamo ad entrare in questa indagine, irta ma affascinante, grazie ad un’immagine incredibile: un affresco, che sta in un Monastero del Kossovo. La ieratica, concettosa Visione dell’Incarnazione, circa 1321. Bellicosa propaganda, per via di immagine; disfida teologica, che si fa quasi-icona illustrativa. Issato su un tronetto sbilenco (che non ha ancora avuto la grazia della prospettiva), inserito dentro un’edicola absidata, pseudo classica (già quasi inquisito dai visitatori, sopraggiunti nel monastero) un aitante, muscoloso adolescente (in realtà, senza età), insolitamente asessuato, con un mantello d’inavvertibile velo ed una effige di bambino crespo, intenso se non addirittura burbero, sfoggia un nimbo celeste. Dunque, un Gesù trionfante, che atterra un monaco barbuto, sconvolto, accecato di vergogna: Ario l’eretico. Mentre di lato, paludato in paramenti inequivocabilmente bizantini, si erge Pietro d’Alessandria, preda della sua Visione: «prova irrefutabile dell’Incarnazione di Dio, difesa dal primo Consiglio ecumenico di Nicea».
L’autore del libro Gesù fu veramente bambino, teologo dell’Università di Strasburgo, votato «perigliosamente» alla decifrazione del «Pensiero delle immagini», si pone un problema nevralgico (per quanto disatteso dal Magistero della Chiesa) quello di una lacunosa «puerizia» di Gesù: che avanza a strappi, «vere mancanze». Certo, la Nascita (fin troppo celebrata), l’Epifania con i Magi, la circoncisione (con il bambino che prova il terrore, e vuole fuggire), il Battesimo assai adulto, gli ultimi «fatti», narrati dal Vangeli. Ma invece, lo dice saggisticamente Boespflug, come colmare mai questo «buco» inspiegabile, anche teologicamente, questa vacanza curiosa, della crescita di questo Dio-bambino, «privato della sua infanzia»? Semmai riempita di illazioni fantasiose, che vengono per lo più dai Vangeli apocrifi, dalle visioni mistiche, ma poi anche, per fortuna, da una beata creatività autonoma dei pittori e scultori. Spesso fantasiosa, aneddotica, se non capricciosa. Anche il libro è creativo, quasi sperimentale, beneficamente in fieri, grandiosamente illustrato, anche se necessariamente selettivo (70 illustrazioni, tra le migliaia di «mappate» e sapidamente chiosate), tra teologia, storia dell’arte e l’antropologia (note assai dotte. Peccato che ad un certo punto scompaiano gli apici). Per esempio, quando un bambino ebreo viene svezzato? Mangia la pappa, come da iconologia fiamminga, magari con un cherubino che soffia sul fornello? Partecipa alla cerimonia della Bar-mitzwah? Ma, soprattutto (Dio fatto uomo), ha davvero vissuto una sua infanzia, come un bambino «normale»? Ha imparato a stare in piedi e camminare, correre e cadere, leggere, scrivere (in aramaico?), pregare (in fondo sé stesso) dal momento che il pittore ferrarese l’Ortolano, lancia l’iconografia originale, assolutamente pietistica, di Maria (già edotta dal destino del suo neonato e dunque pensierosa) mentre insegna ad un piccolo infante nudo, il gesto rituale delle mani congiunte?
Il problema non è solo scoprire, da Renan, Winnicott, Ariès, o dalla Dolto (persino da Papa Ratzinger) che cosa sia la giovinezza nell’ «etnologia» ebraica, o nelle immaginette sacre (talvolta Boespflug, un po’ troppo sbarazzino, parla di: «bebè, baby sitter, biberon»). Ma qui, il problema vero è quello dell’Incarnazione. «Gesù, conosceva tutto fin dell’inizio?», oppure, «sembra beneficiare della grazia dell’incoscienza?». Se il Vangelo Apocrifo dello Pseudo-Matteo suggeriva che, appena nato, Gesù era già capace di muoversi, come un vitellino autonomo. Se la mistica Maria di Agrada sosteneva che già nel «terzo» passaggio dell’utero, era stato addottrinato sulla sua sostanza divina. Se Gesù conosceva già tutto in anticipo (con premonizioni e prescienze, che provengono da tante arma Christi, «presagi della Passione», spesso macabre ma così ghiotte da dipingere: chiodi, martelli o croci a grandezza variabile) come mai la Chiesa ha tollerato o «lasciato passare» queste (per noi magnifiche) «false icone», creativamente così eretiche? In cui Gesù planava beatamente con il girello, dentro un devoto Libro d’ore; oppure ordinava miracolosamente ai datteri di sfamare la Madonna, in viaggio verso l’Egitto; e poi, come viveva, come un mendicante, visto che san Giuseppe non poteva esercitare la professione di falegname, per tre anni. Mentre Gesù, apprendista, si occupava di gettare via i trucioli, sciacquava i panni, simbolo di purificazione, o si feriva la mano, premonizione del Calvario.
Una sorta di «docetismo» pseudo-eretico, che sosteneva che Gesù in fondo, prima di raggiugere Dio-Padre, non era che un «fantasma», un docile ologramma. Quel magnifico, sacro Pinocchio, ligio ma indocile, dipinto miracolosamente da Simone Martini, che deve giustificare la sua visita al Tempio, e non è una marachella: «Per che mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio».