la Repubblica, 12 dicembre 2020
1QQAFM13 La donna rinata nella vasca di Hitler
QQAFM13
Non è una biografia, non è un romanzo, non è un romanzo storico: è la storia di un incontro fatale, tra l’autrice di tanti libri, Serena Dandini, e una fotografia, una celebre fotografia, scattata alla fine di aprile del 1945, forse proprio il 30 aprile, il giorno in cui Hitler ed Eva Braun, sua moglie da un giorno, si suicidavano nel bunker berlinese. La scattò David Scherman, fotografo di Life Magazine, al seguito dell’esercito americano, nell’appartamento piccolo borghese del Führer a Monaco di Baviera: una stanza da bagno piastrellata, moderna per allora, ai piedi della vasca un paio di scarponi infangati e slacciati, una giacca militare ripiegata su uno sgabello, sul tavolino un piccolo nudo femminile di marmo, a sinistra, appoggiato contro il muro un ritratto incorniciato, la foto di Hitler ovviamente in divisa. Dalla vasca, proprio nel mezzo dell’immagine, sporgono le spalle nude di una donna che con un guanto di spugna si sta massaggiando, il volto stanco, lo sguardo assente: lei è una celebrità dalle tante vite, è Lee Miller, fotografa americana dalle mille immagini, che ha convinto la raffinata rivista Vogue ad alternare la moda lussuosa e il bel vivere alle immagini della tragedia europea, dove anche i giovani soldati americani stanno combattendo e morendo. Quel bagno ristoratore dopo settimane nel fango, in quel luogo, mitico e malefico, è un modo per lei provocatorio, definitivo, di celebrare la fine dell’inferno, per chiudere l’itinerario nelle tenebre che ha percorso come corrispondente di guerra: la Normandia distrutta, la Parigi ferita e liberata, la Germania affamata e perduta, e poi le allucinazioni di Buchenwald, di Dachau, l’incontro con la disumanità, l’inaccettabile, l’incancellabile.
Per forza la Dandini, davanti alla messinscena surrealista di quella foto si incanta: sa benissimo chi sia quella signora, ha letto e visto molto, biografie, memorie, raccolte di foto, di lettere, ha visitato i luoghi dove ha vissuto, ma sente di poterla raccontare ancora una volta, con il cuore di una donna di oggi, e ha già il titolo perfetto: La vasca del Führer (Einaudi Stile libero). Come ci è arrivata in quel luogo sinistro una donna americana nata a Poughkeepsie nello Stato di New York nel 1907, 113 anni fa, che in quell’immagine ha quindi 38 anni e dietro di sé una lunga vita speciale, unicamente sua, non decisa dal suo tempo: disordinata e creativa, inquieta e coraggiosa, sventata e fortunata, una vita di tante vite diverse, libera come ancora oggi raramente una donna sa o può essere.
La bellezza straordinaria l’ha aiutata a realizzare le ambizioni professionali ed è stata l’esca sicura per far perdere la testa agli uomini a lei sottomessi, molto amati e presto lasciati, sostituiti e dimenticati. Non credo che sia stata l’intenzione dell’autrice, ma leggendo come lei racconta Lee Miller, ho provato non solo una grande ammirazione per le due donne, quella che racconta e l’altra raccontata, ma anche una specie di invidia per quest’ultima che in tempi molto precari per le donne, ancora imprigionate in leggi e costumi patriarcali, lontane dal risveglio femminista, ha vissuto estranea alle convenzioni e soggezioni, quindi al rancore, che ancora inquinano i rapporti di genere.
Il romanzo è impeccabile nell’alternare la moltitudine di diverse Lee attraverso i decenni, ai suoi ultimi anni di vita, quando l’alcol e la depressione cominciano a cancellarla. A vent’anni è stata la più ricercata modella di Vogue, come la più perfetta immagine degli anni folli, a 22 era già a Parigi per imporre a Man Ray di insegnarle l’arte della fotografia che ama da quando adolescente, il padre Theodore la riprendeva nuda. Ma la forsennata passione del genio surrealista e l’ammirazione di tutto quel mondo (Picasso, Cocteau, Éluard, Dalí) non le bastano: non può essere la musa di nessuno, lei è lei, un’artista con un solo vero grande amore, il suo mestiere di fotografa. Va avanti e indietro da New York, lavora, spezza cuori importanti e poi a 27 anni si sposa, così, per caso, con un magnate egiziano, Aziz Eloui Bey e trionfa nella ricca società egiziana di allora, che vive laicamente all’europea.
Aziz lascia libera la sua meravigliosa donna di andare sola a fotografare il deserto e poi a Parigi con una governante perché si diverta. E subito conosce l’inglese Roland Penrose, artista surrealista, curatore di mostre e pure Lord, e va a vivere con lui a Londra: chiederà il divorzio da Aziz nel 1947, dopo la guerra, dopo il bagno del Führer, dopo un lungo viaggio nell’Europa orientale distrutta. Ha 40 anni, aspetta un figlio e diventa Lady Penrose. Le pagine più belle raccontano quello che dovrebbe essere il lieto fine, e vissero felici e contenti in una bellissima dimora con grande giardino e mucche e boschi (Farley Farm, oggi museo, nel Sussex), lui, lei e il loro piccino: i primi anni sì, poi tutto si frantuma, si disperde: e diventa il racconto drammatico di un destino irreversibile, che, al di là del mito, alla fine ti fa rientrare nei ranghi, ti ruba la libertà, ti riconsegna alla dipendenza, insignificanza, solitudine, ai doveri di essere femmina.
Il piccolo Antony cresce non amato, un fastidio, un ingombro, un ostacolo, che «ha convissuto con una donna problematica e infelice senza mai capirne le ragioni», scrive Dandini, fin quando trova «il famoso nascondiglio segreto in cui Lady Penrose aveva occultato le prove delle sue vite precedenti».
Decisa a inabissarsi, a scomparire per tutti, compreso suo figlio, che ha scritto: «La Lee che ho scoperto era molto diversa da quella con cui ho battagliato per anni, e mi è rimasto il profondo rimpianto di non averla conosciuta meglio». In soffitta a Farley Farm, anni dopo la sua morte, ha trovato scatoloni con almeno 60 mila negativi, poi articoli, lettere d’amore, decine di ricordi, tutta una vita. Oggi Penrose ha 73 anni, e quella cattiva madre è il suo mestiere, il museo, i libri, i documentari, le mostre (da noi l’ultima a palazzo Pallavicini a Bologna, nella primavera 2019). Le ceneri di Lady Penrose, Lee Miller, morta di cancro a 70 anni nel luglio 1977, sono disperse nei campi di Farley Farm.