Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  dicembre 11 Venerdì calendario

QQAN70 I 60 anni del Pirellone. Un libro e una mostra

QQAN70

«In Milano il grattacielo Pirelli, a parte la sua incontestabile bellezza, o forse proprio per questo, è un grande personaggio. Gli occhi, per me poi che abito a due passi da piazza della Repubblica, ci sono abituati. Ma ogni tanto, passando per le strade là intorno, e voltando per caso gli occhi in su, cosa che in città purtroppo si fa di raro, ecco quel coso, pinnacolo, guglia, torrissima, protendersi al di sopra dei cementi, dei vetri, delle vogliose architetture residenziali, con un grande, solenne, puro respiro». È il 1970 e il Pirellone – così lo chiamano da sempre i milanesi – è stato inaugurato da dieci anni. Nel guardare quel gigante architettonico, Dino Buzzati prova ancora meraviglia e gli dedica questo Piccole storie del grattacielo, racconto apparso nella Rivista Pirelli. Suggerendo, fra l’altro, i punti migliori per osservarlo: fra via Fabio Filzi e via Marangoni, ad esempio, «vi si presenta a fil di spada, imprevedibile, con violento lirismo». Oppure, scendendo per via Fara, «a un certo punto, a destra, si apre un varco; è questo, senza possibilità di discussione, uno dei punti più belli di Milano, e Dio solo sa quanto sia avara Milano di bellezza; dovrebbero portarci i turisti, con i pullman, nel rituale tour de la ville». 
Il grattacielo Pirelli, opera dell’ingegno di Gio Ponti, fu inaugurato il 4 aprile del 1960. Per celebrarne i sessant’anni, mercoledì 16 dicembre verrà presentato, online, il catalogo della mostra Storie del grattacielo. I 60 anni del Pirellone tra cultura industriale e attività istituzionali di Regione Lombardia. L’esposizione, promossa dalla giunta e dal consiglio regionale lombardo, curata dalla Fondazione Pirelli e dall’architetto Alessandro Colombo, sarà realizzata nella primavera 2021 con foto, filmati, materiali e illustrazioni dell’archivio storico Pirelli. 
Il volume, edito da Marsilio, con i saggi di Antonio Calabrò, Alessandro Colombo e Laura Riboldi, ripercorre la storia dell’edificio voluto da Alberto e Piero Pirelli e concepito da Ponti insieme, fra gli altri, a Pier Luigi Nervi. Mettendola in parallelo con quella della società italiana di quegli anni. Non poteva essere altrimenti per un edificio che non è solo il quartier generale prima di una grande impresa poi, dal ’78, della Regione, ma è il simbolo stesso di un’epoca. 
Una foto del 1968 di Uliano Lucas ha la potenza dell’icona. In primo piano un emigrante sardo appena arrivato alla Stazione centrale: su una spalla ha una scatola di cartone. In mano una valigia legata con lo spago. Dietro, è sovrastato dai trentuno piani del Pirellone, con i suoi 127 metri di vetro, alluminio, calcestruzzo. Due Italie in uno scatto. «È il momento del boom, in cui il Pil italiano cresce ai ritmi del per cento, più di Francia e Germania», spiega Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli. «Un Paese piccolo, povero, provinciale e contadino diventa in breve moderno, industriale e metropolitano». 
«Il Pirellone era visionario quanto basta per far intravedere un futuro», prosegue Calabrò. «Ancora oggi racconta tre cose: l’innovazione, innanzitutto. Fu costruito in modo nuovissimo, in appena sei anni. La seconda cosa è la bellezza: leggerissimo, di lato è sottile come un foglio di carta. Terzo: la qualità degli interni. Ponti lo progetta perché sia piacevole lavorarci dentro e disegna tutto: arredi, scrivanie, tavoli, persino i servizi di piatti e da caffè». 

Il 18 aprile 2002 un aereo da turismo si schianta contro il ventiseiesimo piano del Pirellone: nell’impatto perdono la vita tre persone: il pilota Luigi Fasulo e due dipendenti della Regione: Annamaria Rapetti e Alessandra Santonocito. I feriti sono una sessantina. Sono passati appena sette mesi dall’11 settembre e la mente va subito a New York. Con il restauro del 2003-2004, il piano dell’impatto è diventato un memoriale. «Anche in questo caso, il grattacielo diventa laboratorio di felice sperimentazione per un restauro del nuovo che ci ha riconsegnato una struttura architettonica bellissima e in perfetta forma», sottolinea Alessandro Colombo. In quell’occasione sono stati rinnovati l’auditorium sotterraneo intitolato a Giorgio Gaber e la terrazza belvedere. Con l’apertura nel 2011 di Palazzo Lombardia, sede della giunta lombarda, al Pirellone rimane il consiglio regionale. 
In un’intervista del 1961, Gio Ponti vedeva così il futuro: «Certamente non voglio una Milano fatta con case basse e un grattacielo qui, uno là, un altro là e un altro ancora là. Sarebbe come una bocca con qualche dente lungo e gli altri corti. I grattacieli sono belli se si trovano uno di fianco all’altro, come delle isole. Così», diceva tratteggiando degli schizzi su un foglio, quasi a preconizzare l’attuale Milano delle torri, di Porta Nuova o di CityLife. Si trattava per Ponti di inventare un paesaggio per una città che non ha un fiume, i colli, il mare. «Per noi di Milano, Dio non ha fatto niente. Niente. Allora spetta a noi renderla una bella città. È una questione di creazione».