A Città del Messico è ora di pranzo, ma non per lui. Il grande scrittore latinoamericano, biografo di Che Guevara, Pancho Villa, Tony Guiteras, autore di decine di libri tradotti in 28 lingue tra cui un giallo ormai di culto scritto a quattro mani con il subcomandante Marcors, una monumentale storia del Messico e romanzi pieni zeppi di anarchici, rivoluzionari e pirati, si è svegliato da poco. E ha già l’immancabile bottiglietta di Coca-Cola in mano, vezzo e peccato del più poetico intellettuale antimperialista dell’America latina. Quasi si giustifica: «La pandemia mi ha gettato in una strana situazione, mi spinge a interessarmi a temi strani. Poi nel profondo della notte scrivo».
Scrive della pandemia?
«Oh no. Scrivo di tutt’altro. In Messico ho da poco pubblicato un romanzo sull’insurrezione degli ebrei nel ghetto di Varsavia. S’intitola Sabemos cómo vamos a morir».
Perché questa scelta?
«È un’idea a cui penso da anni, da quandolessi unalettera diMordechai Anielewicz,ilgiovane comandante dell’Organizzazione ebraica combattenteche guidòla rivolta. Mi colpì il suo desiderio di libertà e resistenza, ho passato anni a documentarmifino aquando,nei primitre mesidella pandemia,ho scritto il libro».
Saggio di storia o romanzo?
«Entrambe le cose, ma nel miostile:
historia narrativa ».
Oltre a scrivere avrà dovuto fronteggiare la crisi del mondo del libro. Da due anni ormai dirige il Fondo de Cultura Económica de Mexico, la più grande istituzione culturale pubblica dell’America latina.
«Siamo stati costretti a fermare le librerie, i festival, le presentazioni, tutto. Ora siamo in una fasedi ripresa: abbiamocirca un centinaio di librerie aperte nel rispettodelle misure sanitarie e stiamo ricostruendo i rapporti con le filiali estere. Abbiamo riaperto punti vendita in Cile, in Guatemalae stiamo perfarlo a La Paz, in Bolivia».
E come editori?
«Nel2019 avevamo pubblicatocirca 600 libri, quest’anno ci fermeremoa 340 titoli. Dati i limiti imposti dalla realtà lo considero un buon risultato».
Nel 2010 fondò la Brigada para leer en libertad, un’associazione che salvava i libri dal macero e li distribuiva nei quartieri poveri. Il virus l’ha fermata?
«Daquandoho assuntolaguida del Fondo ho dovuto lasciare la Brigada, ero formalmente incompatibile.Ma lei camminaconlesuegambeesiè trasferita in rete, organizzando qualcosacomequattro ocinque incontrivirtuali a settimana. Ha anche aperto una piccola libreria».
Le piace la Rete?
«Hatanti difetti, ma anchequalche vantaggio: rende le relazioni tra persone distanti più facili e veloci».
Per questo ha deciso di collaborare a una edizione solo
virtuale del festival di letteratura latinoamericana Encuentro?
«Daannivado aPerugiaper partecipare a questo crocevia incredibile di persone, storie, culture.
Lapandemia loha reso impossibile.
Avevamosolo due possibilità: saltare ungiro oandareonline.Abbiamo scelto difare una mini edizione sul web,gli organizzatori di Encuentro e noidelFondo, e l’abbiamo chiamata OperaciónGaribaldi, dedicandola appuntoall’eroedeiduemondi. Sono quattro tavole rotonde, sottotitolate siain italiano che in spagnolo».
La pandemia insegnerà qualcosa al mondo?
«La stagià insegnando. Qual è la cosa peggioreche puòaccadere durante unacrisi? Avereun governo neoliberale che disprezza la salute pubblica e l’istruzione pubblica. Con la pandemiaabbiamo visto chel’unica difesa possibileè unapparato dello Stato al servizio della comunità. Io credoche il Covidabbia evidenziato la crisi profonda del progetto neoliberale. Ora spetta a noi decidere qualefuturovogliamo, dobbiamo costruire una società diversa, più solidale e più intelligente».
Questo è stato un periodo importante per la politica.
«Oh sì, finalmente! Ci sono segnali che lasinistra sta riguadagnando terreno in America latina: la vittoria in Bolivia dopo il golpe è stata spettacolare, i governi progressisti in Argentina e in Messico, le future elezioni dell’Ecuador… Il movimento a sinistra coincide con la riflessione critica sopra il neoliberalismo e il disastro che ha prodotto nei nostri paesi».
Veramente mi riferivo alla sconfitta di Trump.
«Ah, gli Stati Uniti… E cosa vuole che dica? Abbiamo sofferto Trump, aspettiamo divedere quali sono i limiti di Biden».