la Repubblica, 10 dicembre 2020
Basaksehir, la squadra di Erdogan
Tutti in ginocchio, col pugno alzato, perché il messaggio arrivi forte. Anche ai vertici della Uefa. Così, ostentando la più nota manifestazione contro il razzismo, Psg e Basaksehir sono tornate in campo (con nuovi arbitri) ventidue ore dopo quel “negru” che il quarto uomo rumeno Sebastian Coltescu avevarivolto a uno dei giocatori della squadra turca, sentito per primo dal vice allenatore camerunense del club Webó. Un caso quasi inedito di offesa razzista a un calciatore da parte di un arbitro, le cui conseguenze hanno varcato i cancelli del Parco dei Principi che ospitava la partita, imbarazzando l’Uefa che della lotta al razzismo ha fatto il proprio vanto e con contraccolpi politici da Bucarest, con le scuse del ministro dello sport rumeno, fino ad Ankara.
La partita – finita poi 5-1 per il Psg – è diventata una questione nazionale soprattutto per Recep Tayyip Erdogan, il presidente della Turchia. «Erdogan ci ha ordinato di non tornare in campo», avrebbe detto uno dei calciatori del Basaksehir, quando alle 22 di martedì, dopo la lunga interruzione, i calciatori parigini attendevano i rivali. Il perché di tanto interesse è semplice: il Basaksehir non è soltanto una squadra di calcio. È “la squadra di Erdogan”, che ne ha favorito l’ascesa per avere un club di calcio vicino alla propria sfera di influenza. Il Basaksehir è una squadra artificiale. Non esisteva fino a pochi anni fa, ma dal 2014 è l’avamposto sportivo dell’Akp: ha gli stessi colori, gli ultrà sono nazionalisti e sostenitori del partito, il nome è lo stesso del quartiere che proprio Erdogan, da sindaco di Istanbul, iniziò a realizzare. Da piccola provinciale che nel 2007 s’affacciava per la prima volta nella Serie A turca, a vera potenza sportiva. Una squadra senza storia e senza veri tifosi ma con una straordinaria capacità economica dettata da sponsor come il 3° aeroporto di Istanbul, che le ha permesso di sovvertire le gerarchie del calcio turco rompendo l’oligarchia di Galatasaray, Fenerbahçe e Besiktas aggiudicandosi l’ultimo campionato sotto gli occhi soddisfatti del Sultano: all’inaugurazione del nuovo stadio del Basaksehir Erdogan c’era, ha giocato con la maglia n. 12 – da allora ritirata – e segnato 3 gol.
Perché tanto interesse da parte di Erdogan? A volere applicare i regolamenti alla lettera, dopo la decisione di non tornare in campo del Basaksehir si sarebbe dovuto decidere per la vittoria 3-0 a tavolino del Psg, visto che la protesta dei francesi è stata più sfumata, sembra su consiglio del direttore tecnico Leonardo, che voleva evitare una possibile penalità. Ma sul rinvio ha pesato l’imbarazzo della Uefa e la pressione politica: i regolamenti non prevedono l’ipotesi di comportamenti discriminatori da parte di arbitro o suoi collaboratori. Se ne dovrà occupare il dipartimento Social Responsability. Intanto è partita l’investigazione degli Ispettori disciplinari Uefa: Coltescu, sulla cui carriera gravano varie ombre, era alla sua ultima partita europea per l’esclusione dalle lista Fifa. Ora rischia il procedimento disciplinare, che potrebbe riguardare anche l’arbitro Hategan. Ma in Romania denunciano: «In campo ci hanno detto zingari». Di questo, certamente, non si preoccuperà Erdogan.