ItaliaOggi, 9 dicembre 2020
Periscopio
Beh, se ho composto il numero sbagliato, perché hai risposto al telefono? James Grover Thurber.
Ho scoperto presto che non si può cambiare il mondo. Il meglio che si possa fare è imparare a convivere in equilibrio con esso. Henry Miller.
Non ci sono più popoli primitivi, i loro riti sono delle recite fatte per gli antropologi e per i turisti. Francesco Alberoni. Il Giornale.
La mia professoressa di giornalismo, Hattie M. Steinberg, era una donna di convinzioni in un mondo di incertezze. Thomas L. Friedman, Paix des peuples, guerres des nations. Denoel, 2002.
Con la pandemia, ho scoperto che esiste un desiderio puro: il semplice desiderio di restare vivi, il desiderio che restino vivi i propri cari, il desiderio che restino vivi gli altri, gli sconosciuti. Edoardo Albinati, scrittore (Nicola Mirenzi), Huffington Post Italia.
Di che cosa vado più fiero? Penso di essere stato una brava persona, con tutti. Non ho sospesi. Non sono vendicativo, non serbo rancore. Ho avuto parecchie delusioni però poi scordo tutto: nomi, cognomi, motivo dei contrasti... Comunque ho una certezza: ho avuto più amici che nemici. Adriano Panatta, tennista (Gaia Piccardi) Corsera.
Superata l’età per stare nella Fgci, la Federazione dei giovani comunisti Rondolino ebbe il problema di come mantenersi nella città elettiva. Tra le possibilità, entrare come cronista all’Unità, il giornale del Pci, allora diretto da D’Alema. Fabrizio titubava. Si era laureato in Filosofia teoretica e acconciarsi a scribacchino gli dava il raccapriccio. A convincerlo, fu una rivelazione del condirettore, Renzo Foa. «Non si inizia a lavorare prima delle undici», gli disse incidentalmente. «È il lavoro per me», esclamò subito Fabrizio che la mattina è catatonico. Fu così che divenne giornalista. Come tale è stato portavoce di D’Alema all’epoca in cui fu premier (1998-2000). Era il primo non funzionario di partito a tenere i rapporti con la stampa per un alto papavero dell’ex Pci. Fabrizio Rondolino, scrittore (Giancarlo Perna). Libero.
La Index produce materiali impermeabilizzanti. Oggi esporta in oltre 100 Paesi. Ha protetto l’Empire State Building di New York, le Petronas Towers di Kuala Lumpur, l’hotel Burj Al Arab negli Emirati Arabi, la Place Vendôme di Parigi, il Ponte Normandia di Le Havre, l’aeroporto di Singapore, lo Zenith stadium di San Pietroburgo e il Johannesburg stadium in Sudafrica, il Parco della Musica a Roma, la stazione ferroviaria di Reggio Emilia progettata dall’architetto Santiago Calatrava, il Mart di Rovereto. Luigi Carlon, industriale, creatore della Index e oggi anche del Museo Palazzomaffei di Verona (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Il pallone nel primo dopoguerra concede immunità politica ai presidenti di società, che hanno prosperato con il fascismo, e sostanziosi emolumenti ai protagonisti; ma lo stipendio mensile del più pagato, Valentino Mazzola (80 mila lire, meno di 3 mila euro), è soltanto il quintuplo del salario di un operaio. Il suo Torino senza stranieri domina il campionato: per gli italiani assetati di rivalsa diventa la squadra più forte del mondo (benché la Nazionale con sette di loro prenda quattro gol dall’Inghilterra, proprio a Torino). Aldo Cazzullo, Corsera.
Per un po’ all’Einaudi svolsi le funzioni di ufficio stampa, ma dopo pochi mesi mi nominarono segretario generale. Più che compiti editoriali svolgevo un ruolo di raccordo. Einaudi, Bollati e Ponchiroli dettavano la linea io ero il «porta messaggi». Guardavo i manoscritti le traduzioni e se c’era qualcosa da aggiustare chiamavo il redattore competente. Se, poniamo, una traduzione dall’inglese o dall’americano doveva essere messa a posto interpellavo Lucentini, che era puntualissimo come un orologio nel consegnarmi il tutto corretto. Guido Davico Bonino, operatore culturale (Antonio Gnoli), la Repubblica.
Che cosa strana, papà: da bambina non ti vedevo mai, eri sempre lontano. Ci siamo conosciuti, e riconosciuti, quando ero ormai una donna. Sei morto a maggio, trent’anni fa. Che dolorosa, solitaria estate. Poi è venuto Natale, il primo senza di te, e io al pensiero tremavo. Ma proprio in quella notte di Natale sono uscita per la prima volta con il ragazzo che avrei sposato, il padre futuro dei miei figli. Mi hai fatto tu questo regalo? Non ci facevi regali a Natale, ci pensava sempre la mamma: tu tornavi, se tornavi, all’ultimo momento, da lontano. E invece nel primo Natale dopo la tua morte un amore, una nuova vita, e poi tre bambini. Che regalo, papà. Spedito (mi immagino un grande pacco lucente col mio nome) dalla tua inaccessibile città. Così invisibile, così vicina. Marina Corradi, Lettere a mio padre Egisto. Gazzetta di Parma.
Camilleri era molto attento alle copie vendute. Aveva una memoria di ferro e non gli sfuggiva alcun dettaglio. Ma da scrittore non cercava mai soluzioni ammiccanti per allargare il pubblico. Era molto rigoroso. E in questi anni ha incrementato il suo impasto linguistico particolarissimo, rendendolo ancora più denso e forse meno accessibile a tutti. Antonio Sellerio, editore (Simonetta Fiori), la Repubblica.
Heinrich Himmler, il caro «testa di mulo», come lo definì la moglie Marga, nel 1939 emana un Ordine sulla procreazione dei figli: le SS devono contrarre un secondo matrimonio, detto «matrimonio di pace», per mettere al mondo il maggior numero possibile di figli razzialmente puri. Himmler si prende in parola e, durante la guerra, ne mette al mondo un paio con la segretaria, Hedwig Potthast, di dodici anni più giovane di lui. Marga, anche se ci resta male, non sembra farne un dramma, La razza Über Alles. Diego Gabutti (Informazione corretta).
Operazione complessa quella di Javier. La sua «novela sin fiction», romanzo senza plot, non è solo una sfida stilistica al genere, ma visti i temi che tratta (il passato recente spagnolo, ndr) è una vera e propria esigenza di fare i conti con la storia, di colmare un vuoto. E sa quanto ce ne sarebbe bisogno anche in Italia, o in altri Paesi dove il passato non è mai radicalmente passato ma sopravvive incrostato di stereotipi. Se la letteratura non si pone obiettivi così ambiziosi, che cosa resta? Luigi Brioschi, presidente e direttore della casa editrice Guanda (Roberta Scorranese). Corsera.
I tessitori che in generale erano mezzo contadini, si portavano nel nuovo paese tutte le loro cose, dai polli, ai gatti, dagli aratri alle fisarmoniche. Israel Singer, I fratelli Ashkenazi. Longanesi, prima edizione originale 1937.
Quante donne ho seguito con la speranza di non raggiungerle mai. Roberto Gervaso.