la Repubblica, 7 dicembre 2020
Storia della prima della Scala
(…) E tutto il teatro, cominciando dal suo sovraintendente Dominique Meyer, tutti i suoi collaboratori, tutta la comunità della musica, si sono accordati per salvare la magia insostituibile di una serata che si ripete da quasi 250 anni, dal 3 agosto 1778, quando il nuovo teatro del Piermarini fu inaugurato con L’Europa riconosciuta di Salieri. Che si sa essere un’opera tremendissima, poi scelta eroicamente da Riccardo Muti per il ritorno nel teatro dopo il lungo restauro, il 7 dicembre 2004, e c’era per la prima volta il premier Berlusconi che dopo quella dura esperienza non ci tornò mai più e si separò persino da sua moglie Veronica che, bellissima, quella sera lo aveva accompagnato.
L’inaugurazione della stagione scaligera è sempre stata essenziale, tanto che il teatro non volle cancellarla neppure negli anni di guerra, con la Scala distrutta dalle bombe alleate nella notte del 16 agosto del 1943: infatti il 26 dicembre il Mefistofele di Boito andò in scena al teatro Sociale di Como, il 28 gennaio del ’44 l’ Aida di Verdi al Teatro Lirico di Milano e l’anno dopo, il 13 dicembre, sempre al Lirico, la Francesca da Rimini di Ricordi- D’Annunzio.
Per questo 7 dicembre era quasi pronta un’opera che mai aveva inaugurato una stagione del Piermarini, la Lucia di Lammermour di Donizetti, diretta da Riccardo Chailly, regia di Yannis Kokkos, venerato francese ultrasettantenne di origine greca, protagonisti il divino Juan Diego Flòrez e la carinissima americana di origine cubana Lisette Oropesa, detta la nuova Callas più che per la voce, per aver perso 30 chili in pochi mesi. La si vedrà a teatro riaperto e se tuttora vivo ci sarà chi potrà confrontarla con Maria Callas che già fascinosissima faceva delirare il pubblico come inimitabile Lucia. Ancora di corpo monumentale e già Meneghini, Maria Callas era stata la protagonista del primo 7 dicembre, nel 1951, come Elena dei Vespri Siciliani di Verdi, perché sino ad allora e quasi sempre il giorno dell’inaugurazione ingioiellata e litigiosa era stato il 26 dicembre, data che pareva meglio destinata a stravizi postnatalizi.
Qualcuno ebbe un’idea fulminante: perché non anticiparla al 7, celebrando il patrono di Milano, il laico Ambrogio, romano originario di Treviri nella Gallia belgica (come Karl Marx!), battezzato e fatto vescovo il 7 dicembre del 374, appassionato musicista e autore di inni liturgici, che usò il canto per entusiasmare le masse dei fedeli? (…)
Si rimpiange almeno il 7 dicembre 2019, solo un anno fa, presente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a lungo applaudito, in piedi come tutti alle note solenni dell’inno di Mameli diretto da Chailly e tutti a cantarlo con una specie di ritrovata emozione risorgimentale, di colta italianità. Trasmessa in diretta da RaiUno, intervalli lussuosi compresi, quella Tosca è stata vista da quasi tre milioni di telespettatori italiani, mezzo milione in Germania e Francia. Stasera ce ne saranno molti di più.