Il Sole 24 Ore, 6 dicembre 2020
QQAN68YDONNE QQAN40YSESSO Dalle meretrici del Duecento alle escort del web
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Sarà anche il mestiere più antico del mondo, come lo definì nel 1888 Rudyard Kipling, però in Occidente il meretricio non è stato un fenomeno ineluttabile, immutato ed eterno. Questa la tesi che innerva l’affascinante tomo di Marzio Barbagli.
Accademico dei Lincei, sociologo dai forti interessi storici, il professore bolognese ha scelto di prenderla alla lontana, tracciando una storia dell’amore venale negli ultimi otto secoli. Il lettore vi ritroverà gli ingredienti che hanno sempre contraddistinto i suoi lavori: una penna cristallina; la spiccata tendenza a rimettere in discussione anche le interpretazioni più consolidate; la padronanza di una vastissima bibliografia, spesso accompagnata da puntuali ricerche d’archivio; i gustosi aneddoti che vivacizzano la narrazione (lodevole l’indice analitico, consuetudine oggi pressoché scomparsa).
Il volume prende le mosse dal 1200 circa, allorché cominciò a formarsi quell’«Europa delle città» cui Marino Berengo dedicò nel 1999 un monumentale studio einaudiano. Fra i beni e i servizi scambiati con sempre maggior frequenza e intensità nella nuova società urbana, vi furono anche le prestazioni sessuali. Ma nella compravendita del sesso, osserva Barbagli, non conta solo l’offerta, bensì anche la domanda. Una delle peculiarità del suo libro è appunto quella di non soffermarsi unicamente sulle donne pubbliche di alto (cortigiane) o basso lignaggio (meretrici), ma di allargare lo sguardo all’intero mercato che ruota intorno al sesso mercenario, soffermandosi sugli intermediari (ruffiani e lenoni) e, soprattutto, sulla vasta ed eterogenea clientela: immigrati, viaggiatori, pellegrini, ecclesiastici, studenti, militari. Senza dimenticare l’«altro mercato», quello delle prestazioni maschili, dalle dimensioni ragguardevoli ma ancora poco conosciuto. In definitiva, Barbagli restituisce una storia dell’intera sessualità occidentale, esplorata attraverso il prisma dell’amore a fine di lucro.
La rinascita della prostituzione nel tardo Medioevo non fu dovuta soltanto allo sviluppo dell’economia di mercato, all’urbanizzazione, all’immigrazione nelle città di lavoratori e studenti celibi, alla crescita delle compagnie di ventura, alla formazione di un segmento assai povero di popolazione spinto a prostituirsi dalla penuria di risorse. Contarono anche i fattori culturali. Ecco dunque che Barbagli da sociologo si trasforma in storico della mentalità.
Alle soglie dell’età moderna, si consolidò la teoria del «male minore» (abbozzata da Agostino e perfezionata da Tommaso), che reputava la prostituzione necessaria alla sopravvivenza dell’ordine sociale. Per questo molti consigli municipali rinunciarono a una politica repressiva, rassegnandosi a gestire i bordelli. Poi irruppe la riforma protestante: abolendo l’obbligo del celibato ecclesiastico, ridusse la domanda e influì anche sull’offerta, caldeggiando la chiusura dei bordelli, epitome della corruzione morale tollerata dalla Chiesa cattolica.
Il ritorno di fiamma della sifilide, a inizio Settecento, spingerà molti Stati ad abbracciare il «regolamentarismo», i cui capisaldi erano l’iscrizione delle prostitute in un registro di polizia, le case di tolleranza e le visite ginecologiche. Nell’Ottocento nasceranno invece correnti abolizioniste, animate dal sincero afflato progressista e talvolta religioso di superare le indegne «case chiuse». Se l’abolizionismo raggiunse i primi successi in Inghilterra (1886) e Norvegia (1898), l’Italia fu l’ultimo Paese a recepirlo, nel 1958, con la legge Merlin.
Barbagli ci accompagna in questo brulicante scenario con l’aplomb di un entomologo, senza nulla concedere al lubrico e al morboso. Soltanto nel lungo periodo, osserva, «i mercati del sesso non ci appaiono più come vaste lagune stagnanti, ma come acque instabili di un mare sempre cangiante». Nessuna legge o provvedimento – conclude l’autore – influì sul consumo dell’amore venale quanto la spontanea liberalizzazione novecentesca dei costumi sessuali, che decretò un crollo della domanda di sesso a pagamento. Fu quella la svolta più grande, documentata da tutte le indagini sociologiche. Come scrisse già nel 1970 una giornalista americana, la nuova società permissiva occidentale aveva eroso la prostituzione, «perché molti giovani, che prima sarebbero ricorsi alle prostitute, hanno ora rapporti sessuali stabili, o non così stabili, con le loro ragazze». Nemmeno internet, con i suoi luccicanti cataloghi delle escort che rammentano quelli dedicati alle cortigiane nella Venezia cinquecentesca, è riuscita a invertire il trend.