Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  dicembre 06 Domenica calendario

La sinistra dalla “Cosa 2” a Zoom

Sia consentito di restar fuori dai contenuti del ponderoso matinée digitale che la rivista ItalianiEuropei ha voluto intitolare: “Il Cantiere della Sinistra”. Oltre che per ragioni di spazio, dato che il tele-meeting ha sfiorato le tre ore senza interruzioni, la dispensa è qui invocata anche perché la retorica del “cantiere” reca l’indubbia usura del tempo.
Una trentina d’anni ormai, e senza grandi frutti, a voler essere sorvegliati e cortesi. Dai primi scambi velleitari Martelli-Occhetto (fine anni ’80) alle confuse diatribe intorno alla dalemiana Cosa2 (fine anni ’90), non c’è stato periodo e non c’è stato leader che non abbia inutilmente evocato il suo proprio cantiere come luogo comune, idea tappabuchi e desolante espediente programmatico-declamatorio, vedi Fassino prima del Pd, vedi Renzi dopo il secondo terremoto, vedi l’omonima ed effimera lista Di Pietro-Occhetto, vedi perfino il Cavalier Berlusconi (“Cantiere Italia”, dopo il precedente terremoto), vedi per ultimo Giggino Di Maio, per non dire del convegno dell’eroe del Monte dei Paschi, il compagno Mussari: «Cantiere futuro» – e vabbè. Per cui forse è meglio soffermarsi sulle immagini. Con la premessa che su Zoom lo spettacolo politico va a ramengo ed è impossibile per tutti venire bene.
Dunque prima di tutto le librerie sullo sfondo (la più vissuta quella di Giuliano Amato, la più ordinata di Elly Schlein); poi il sistema di luci funestato da bagliori e globi ectoplasmici; e terzo elemento i volti, ma sarebbe meglio dire, sia pure con rispetto, i capoccioni degli ottimati e delle ottimate che si affacciavano sul video come visitors chiamandosi tutti per nome, Mario, Dario, Nadia, Goffredo, Roberto, a parte «il presidente Amato» e il «presidente D’Alema». Alle spalle di quest’ultimo, che si è riservato il gusto delle conclusioni e che sui tre quarti ha imbroccato una sequenza di sei o sette «diciamo» in un minuto e mezzo, invece dei libri è parso di scorgere una vetrinetta con delle brocche. Il ministro Franceschini, oltre alla bandiera, aveva al fianco una statuetta di bronzo, forse un satiro o Mercurio, in entrambi i casi creature problematiche; mentre Speranza, nonostante il tricolore, ha battuto ogni record di algida mestizia per l’arredamento. Zingaretti ha parlato sotto un incombente quadro astratto; lo si visto in maglione, poi se l’è tolto e poi se l’è rimesso. Renzi, con polo bianca e colletto eretto fichetto, si è manifestato in uno strano budello-bunker a mattoncini; poco prima o poco dopo, vai a sapere, ha postato sui social un selfie di lui fradicio commentando quant’è bello correre alle Cascine sotto la pioggia (ma il luogo dello scatto è controverso). Bettini, cantilenante, ha esordito sul tema: la caduta delle forme. È cosa che riguarda tutti, compresi gli osservatori maliziosi: comunque dopo un po’ ha proteso il collo e si è poggiato le mani sulle orecchie come in un segno di resa.Alla fine hanno fatto tutti ciao ciao con la mano. Adesso il cantiere è deserto, dominano scheletrici i “pilastri del pensiero progressista”.