Il Sole 24 Ore, 5 dicembre 2020
Gli investimenti americani in Cina sono aumentati
Nuovi investimenti e flussi di capitali stranieri continuano a fioccare sulla Cina, a dispetto delle frontiere praticamente chiuse agli spostamenti individuali e di business, nel timore dei famigerati “contagi di ritorno”. In più gli americani si confermano il principale driver, in pratica non hanno mai mollato il Paese, considerato un mercato estremamente promettente.
Per il settimo mese consecutivo infatti – lo rivela il MofCom, il ministero del Commercio cinese -, a fine ottobre gli investimenti diretti esteri in Cina sono aumentati, del 18,3% rispetto all’anno prima, a 81,87 miliardi di yuan (pari a circa 12,4 miliardi di dollari). Gli investimenti diretti, duramente colpiti nel primo trimestre del 2020 a causa del Covid-19, sono rimbalzati fino a guadagnare il 6,4% nei primi 10 mesi dell’anno.
Gli investitori statunitensi, in particolare, hanno continuato a puntare sulla Cina snobbando le richieste del presidente uscente Donald Trump di tagliare i ponti con Pechino. Gli investimenti dagli Stati Uniti sono aumentati infatti del 6% in termini di yuan nei primi sei mesi del 2020 rispetto all’anno precedente e, negli ultimi cinque anni, del 26%. In tutta l’Asia gli americani hanno investito quasi un trilione di dollari.
Una prima lettura del fenomeno ci dice intanto che le operazioni di M&A si sono concentrate sull’enorme mercato interno del Paese, in particolare su fusioni e acquisizioni, che non richiedono spostamenti fisici, al contrario dell’impianto da zero di nuove aziende (greenfields).
Gli investimenti statunitensi utilizzati per M&A in Cina tra gennaio e ottobre sono aumentati del 69% in termini di valore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente a 11,35 miliardi di dollari grazie a 25 accordi siglati. Con oltre 115 miliardi di dollari in investimenti diretti esteri in Cina, gli Stati Uniti sono ben allineati con la Cina.
Nel periodo gennaio-ottobre, gli investimenti stranieri nel settore dei servizi hi-tech in Cina hanno aperto la strada, in aumento del 27,8% rispetto all’anno precedente. I servizi di ricerca e sviluppo (R&S) e di progettazione hanno guadagnato l’82,1%, i servizi tecnici professionali sono aumentati del 77,9% e l’e-commerce del 44,3%.
Le aziende straniere hanno approfittato della rapida ripresa economica della Cina dalla pandemìa, mentre altri Paesi erano ancora bloccati. Inoltre, un ruolo importantissimo l’ha giocato la liberalizzazione dell’economia e del sistema finanziario.
Negli ultimi due anni, il Governo cinese ha ridotto i limiti alla proprietà straniera nel settore automobilistico e finanziario, ha assegnato nuove licenze commerciali e incentivi per le imprese straniere già presenti in Cina. Oggi è possibile creare una società interamente cinese costituita da stranieri in tempi brevi.
«Oltre alla liberalizzazione di alcuni settori, la Cina quest’anno ha visto infatti anche l’introduzione della Foreign Investment Law – dice Marco Marazzi, China desk di Baker&McKenzie – che consolida un trend di semplificazione e sburocratizzazione del quadro per gli investimenti stranieri. Per esempio, oltre ad aver unificato il diritto societario per società a capitale straniero e capitale cinese, tutte le procedure di costituzione, cessione ed acquisto partecipazioni sono molto più semplici che in passato, tranne nel caso in cui si rientri in alcuni settori “limitati” per l’investimento estero che comunque sono molti meno rispetto solo a 3 anni fa e riguardano in misura marginale il tipico investitore italiano». Marazzi aggiunge: «Purtroppo, di questa semplificazione si sa poco, tant’è che a volte ci viene ancora chiesto se si possono creare società al 100% anche in settori che ormai sono aperti al controllo dell’investitore estero da 15 anni».
Joerg Wuttke, presidente della Camera europea in Cina è, prima ancora, vice presidente di Basf China. «Confermo il trend, ci sono in corso forti investimenti in Cina – dice – noi di Basf abbiamo messo sul piatto 10 miliardi, Volkswagen si espande in Hefei, BMW a Shenyang, Benz a Huairou. Questo per parlare solo dei tedeschi. Certamente sono avvantaggiati i Paesi che hanno già una forte presenza sul territorio». «Se ci sono anche flussi monetari oltre agli investimenti industriali? Certo – replica Jorge Wuttke – un fiume di interessi sugli investimenti corre veloce perchè in Cina il differenziale dei tassi di interesse è più alto che non in altri Paesi».