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 2020  dicembre 05 Sabato calendario

La Germania cambia l’alfabeto fonetico nazista

Le parole sono importanti, e i tedeschi lo sanno. Il grande filologo Viktor Klemperer dedicò alle manipolazioni del linguaggio nazista uno dei suoi più impressionanti studi, Lingua Tertii Imperii. La tesi era che le loro espressioni, i loro prefissi tipici, i loro tic, le loro figure retoriche avessero impregnato di veleno nazista la società tedesca molto più di qualsiasi slogan propagandistico. La consapevolezza che la lingua è un’arma micidiale è rimasta profondamente radicata, in Germania. Nei decenni, mentre la società progrediva, i tedeschi hanno eliminato “signorina” dal loro vocabolario, hanno sdoganato il dispregiativo “schwul”, “frocio”, trasformandolo in un termine positivo e ufficiale, hanno rivoluzionato i suffissi che ora devono sempre essere maschili e femminili insieme. E, proprio in questi giorni, il Bundestag sta discutendo come cancellare la parola “razza” dal Grundgesetz, dalla costituzione tedesca.
Ma una cosa che i tedeschi avevano quasi dimenticato, in questi decenni, è che non solo le parole, ma anche le lettere sono importanti. La Germania ha rimosso a lungo l’origine del suo alfabeto fonetico. È stato Michael Blume, ombudsman per la lotta contro l’antisemitismo del Baden-Wuerttenberg, a ricordarglielo. Quando i tedeschi fanno lo spelling e recitano a memoria “S come Sigfrido”, “N come Nordpol” (Polo Nord), “D come Dora” o “Z come Zeppelin”, non si riferiscono a un codice qualunque. Ma a quello che i nazisti introdussero nel 1934 per sostituirne uno che includeva molti nomi biblici. Troppo ebreo, per i seguaci di Adolf Hitler.
Prima di quella data, i tedeschi si affidavano al cosiddetto codice di Weimar, e dunque era “D come David”, Z come Zacharias”, “S come Samuel” o “N come Nathan”. Il personaggio più saggio della letteratura tedesca, celebrato dal capolavoro di Gotthold Ephraim Lessing, dovette cedere un anno dopo la presa di potere di Hitler a “Nordpol”, Polo Nord, mitico luogo d’origine degli ariani secondo la stramba e infondata mitologia del Führer.
Grazie a Blume, che ravvisa nella sopravvivenza del codice nazista il sintomo di «un modo di pensare profondamente antisemita e razzista» che sarebbe «ancora radicato nella società» tedesca, ha promosso un’iniziativa per sostituirlo. Entro il 2022 la Germania ne adotterà uno nuovo, probabilmente ispirato alle città (come quello italiano).
Molti hanno obiettato a Blume, facendo notare che è raro che un tedesco conosca l’origine dell’alfabeto fonetico. Insomma, che usare “S come Sigfrido” non sia sintomo di appartenenza all’estrema destra antisemita. Certo, proprio “Sigfrido” era stato sostituito alla fine degli anni ’40 con “Samuele”, e i tedeschi hanno continuato a usare il nome dell’eroe nibelungo che affrontò il drago. In ogni caso ha ragione il capo della Comunità ebraica, Josef Schuster: «È tempo che ci liberiamo dal linguaggio nazista e dai suoi retaggi». Klemperer sarebbe stato entusiasta.