Il Sole 24 Ore, 4 dicembre 2020
Bond italiani, le banche raccolgono 22 miliardi
Non sarà forse appariscente come per i BTp. Ma quella che si sta consumando nelle ultime settimane fra i mercati e il debito emesso dalle banche italiane è simile a una «luna di miele» ed è animata soprattutto dagli investitori esteri, proprio sulla falsariga di quanto sta avvenendo per i titoli del nostro debito pubblico. A dimostrarlo sono le soltanto emissioni più recenti – ultime in ordine di tempo quelle effettuate durante settimana da Mps e Poste italiane e ieri da Banco Bpm e Illimity – ma anche lo stesso bilancio di un 2020 che si avvia a conclusione in modo forse insperato qualche mese fa.
Nel complesso, se si escludono dal computo i covered bond, i titoli collocati dalle banche italiane da inizio anno superano i 22 miliardi di euro. E se è vero che 12 mesi fa di questi tempi si viaggiava oltre 29 miliardi, occorre anche considerare come dopo l’ottimo avvio del 2020 il mercato si sia di fatto congelato per tre mesi durante la fase più acuta della pandemia per poi riprendere la marcia a partire dall’estate. La frattura provocata da Covid è evidente anche nei rendimenti dai bond finanziari targati Italia sul mercato secondario: il differenziale rispetto al resto d’Europa, volato oltre i 100 punti base fra marzo e aprile, è tornato poi gradualmente sui suoi passi per attestarsi sotto quei 30 punti base che rappresentano i livelli dai quali si era partiti a inizio anno.
«La riduzione del premio al rischio richiesto per investire nei bond delle banche italiane è stata indotta dalla compressione dello spread BTp-Bund, che ha creato un ciclo virtuoso, infondendo negli investitori una percezione di maggior tranquillità nei confronti del nostro Paese e spingendoli a puntare l’attenzione anche su emittenti di minori dimensioni», spiega Alfredo Maria De Falco, responsabile del Corporate and investment banking di UniCredit per l’Italia, sottolineando il ruolo chiave degli investitori esteri alla continua ricerca di rendimenti. L’interesse di questi ultimi è confermato anche dalla presenza internazionale rilevante, circa due terzi della platea, nella Italian Financials Debt Conference in cui la scorsa settimana la banca ha messo in contatto 160 rappresentanti di fondi provenienti da 20 paesi diversi con i principali emittenti italiani.
La situazione non è tuttavia uguale per ciascuna delle banche italiane, né per tutti gli strumenti da loro emessi. «Nel confronto con i concorrenti europei le distanze si sono ridotte soprattutto fra le principali, mentre per quelle di seconda e terza fascia il recupero è stato più limitato», sottolinea De Falco, facendo notare come in modo analogo occorra differenziare anche tra bond senior e subordinati «perché solo per i primi siamo tornati ai livelli di rendimento di febbraio». E se in quest’ultimo caso si tratta principalmente di una questione tecnica e condivisa con il resto d’Europa, perché gli strumenti richiedono un premio al rischio maggiore e tempi di reazione più lenti nell’adeguarsi ai nuovi scenari, per gli emittenti di secondo e terzo piano la nota incoraggiante, ricordano da UniCredit, risiede nel fatto che «il mercato resta aperto a tutti per gli strumenti senior, come dimostrano le recenti emissioni, con opportunità anche per i subordinati».
L’altro elemento positivo è che l’attuale «finestra» favorevole sembra in grado di restare aperta più a lungo del solito, «grazie a una migliore visibilità sulle politiche monetarie e fiscali, che rimarranno accomodanti ancora a lungo», sottolinea De Falco, che invita però anche a sfruttare rapidamente le opportunità, soprattutto nel caso delle banche più piccole. Per il 2021 UniCredit – che mantiene la leadership in Italia come bookrunner per le operazioni sui bond finanziari – si attende infatti una sostanziale conferma dei volumi di quest’anno e la possibilità di affacciarsi ulteriormente sul mercato per emittenti non di primo piano.
«L’offerta di bond senior sarà dettata soprattutto dall’esigenza di soddisfare i requisiti minimi di capitale richiesti dal Mrel e dagli eventuali impatti derivanti dalla scadenza delle moratorie», suggerisce De Falco. Quest’ultimo elemento è in effetti un’incognita non da poco sul futuro del credito in Italia, ma non sembra al momento preoccupare gli esperti: «Le nostre banche – spiegano – affrontano la sfida partendo da una posizione di maggiore solidità, sia perché hanno rafforzato il capitale sia perché la qualità dell’attivo è decisamente migliore». Sfruttare la finestra prima dell’arrivo di eventuali sorprese sembra in ogni caso più che mai opportuno.