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 2020  dicembre 03 Giovedì calendario

Fondi europei, in 13 anni spesa la metà di 178 miliardi

Cabine di regia, task force e superconsulenti si stagliano all’orizzonte per promettere di spendere rapidamente (e si spera bene) 209 miliardi in arrivo dall’Europa con il programma Next Generation Eu. Si preannuncia un’impresa eroica. Dal 2007 a oggi, considerando cioè sia il ciclo di programmazione 2007-2013 sia quello 2014-2020, in Italia è stato speso appena il 50% del pacchetto di 178 miliardi di euro per le politiche di coesione. Solo 89 miliardi.
Il dato appena elaborato da OpenCoesione, il sistema coordinato dal Dipartimento per le politiche di coesione, va contestualizzato nell’ambito di procedure di spesa, regole europee e italiane che non si possono paragonare a quelle ora allo studio per accelerare al massimo l’utilizzo dei fondi legati al rilancio post pandemia. Ma dall’enorme mole di numeri disponibili si può comunque ricavare un racconto fedele di alcuni vizi e difetti strutturali della capacità di spesa italiana. A partire dall’iper-frammentazione dei progetti e dalla loro scarsa qualità che ne complica l’esecuzione, un problema riconducibile anche alla carenza di professionalità idonee all’interno di una pubblica amministrazione dall’età media sempre più avanzata e costretta spesso (e a costi elevati) a delegare a consulenze esterne.
Il costo pubblico monitorato da Open Coesione, 178 miliardi, di cui circa l’80% per il Mezzogiorno, include i fondi strutturali europei, il Fondo nazionale sviluppo e coesione, il Piano di azione e coesione e le cosiddette “risorse attratte”, cioè altri finanziamenti pubblici per cui le risorse della coesione fanno da volano ad esempio finanziamenti regionali, provinciali e comunali che contribuiscono a incrementare il valore dei singoli interventi. Impressionante il numero dei singoli progetti: oltre 1,6 milioni (per la precisione 1.617.282), andando da grandi opere infrastrutturali a un singolo individuo beneficiario di un aiuto o altra forma di contributo ad esempio un voucher. I progetti che risultano conclusi sono il 25% (avanzamento finanziario superiore al 95% e data di fine esecuzione), quelli liquidati il 5% (in questo caso manca la fine esecuzione), ancora in corso il 65%, non avviati il 6 per cento.
In particolare il monitoraggio OpenCoesione segnala per il 2007-20213 66,1 miliardi di pagamenti su 94,4 miliardi; per il 2014-2020 22,9 miliardi su 83,7. Il grado di dettaglio consente di classificare anche i settori di intervento dei progetti (trasporti al 30%, ricerca e innovazione al 14%, ambiente all’12%, occupazione e istruzioni all’8% e poi a scendere) e la natura dell’investimento (le fette maggiori sono 96,7 miliardi per le infrastrutture, 45,7 miliardi per acquisti di beni e servizi, 22,3 miliardi per incentivi alle imprese). Tra gli interventi conclusi i più costosi riguardano l’ammodernamento di tratti della Salerno-Reggio Calabria (376 milioni e 223 milioni in due progetti) e l’acquisizione di materiale rotabile per le ferrovie (217 milioni in Lombardia). Tra i progetti non avviati, spiccano il collegamento Ragusa-Catania (387 milioni) e gli incentivi alle imprese del Patto Puglia finanziato con il Fondo sviluppo e coesione (176 milioni).
I problemi di spesa di carattere ormai storico sono ben noti al ministero del Sud, che di recente con il ministro Giuseppe Provenzano ha comunque tenuto a sottolineare, per quanto riguarda i fondi strutturali, un «apprezzabile miglioramento» tra il consuntivo dello scorso agosto e quello di febbraio. Un progresso che dovrebbe essere reso più visibile quando nei dati di monitoraggio compariranno anche gli 11,5 miliardi riprogrammati dagli accordi tra governo e regioni per fronteggiare l’emergenza. Ora, arrivati a inizio dicembre, un’ulteriore urgenza è definire l’Accordo di partenariato con le Regioni per il prossimo ciclo, il 2021-27. Ci sono a disposizione circa 43 miliardi di fondi Ue ai quali la legge di bilancio all’esame del Parlamento affianca 39 miliardi di cofinanziamento nazionale. L’obiettivo del governo è scongiurare i gravi ritardi che furono accumulati nel 2014 e arrivare stavolta a chiudere l’accordo già entro l’anno. Un punto rilevante sarà il programma di rigenerazione amministrativa, in parte già anticipato nella manovra, proprio per assunzioni nella Pa di personale qualificato in grado di migliorare elaborazione e gestione dei progetti.