Attore con una lunga carriera di film importanti, 62 anni, amato dai più giovani per il Sirius Black della saga di Harry Potter e dai cultori di Batman per il James Gordon della Trilogia del Cavaliere Oscuro, Oldman ci incontra in video da un albergo di Londra, sua città natale.
Mankiewicz era un personaggio controverso, affascinante e complesso. Come è il suo Mank, che idea s’è fatto?
«Penso che avesse un’ambizione, quella di scrivere "il" grande romanzo americano, o forse la più grande opera teatrale, in ogni caso raggiungere l’eccellenza nella letteratura. Ma era anche un giornalista acuto, capace di scrivere un paragrafo in un istante. Per varie ragioni non ce l’ha fatta. L’alcolismo, ad esempio.
E poi la seduzione che Hollywood ha esercitato su di lui. Aveva scritto a sua moglie Sara "vedrai che ti piacerà stare qui, con i giardini, i bungalow in stile spagnolo, le palme, il sole e le piscine", tutte cose che lo attraevano. E in un telegramma, famoso, che mandò agli amici a New York scrisse "venite qui, ci sono milioni di dollari da guadagnare e l’unica concorrenza è animata da idioti". Forse aveva ragione Billy Wilder: "Una volta che hai la piscina, sei loro schiavo". Più tardi Mank disse che il suo atteggiamento nei confronti di tutto questo era stato sempre molto critico e che il peso di quell’ambiente aveva soffocato la sua creatività. E più frequentava Hollywood, più disprezzava l’industria e le persone che aveva intorno. Pensava che scrivere sceneggiature fosse un lavoro non al suo livello».
Eppure il film sembrerebbe una lettera d’amore nei confronti di Hollywood.
«Chi conosce Hollywood e Citizen Kane troverà varie ragioni per amare il film. Come certe chicche che Fincher ha seminato qua e là.
Chi non è affascinato da Hollywood, dalle celebrità? Non seguo i social ma so che tutti sanno quello che fanno i ricchi e famosi.
Io preferisco sapere di meno.
Quando vedo un film Marvel o un film come The Lighthouse , non so quale sia la storia, non so niente di quei personaggi. Ma seguo la narrazione e vivo quell’esperienza. Così come non so niente del mondo Marvel, quale supereroe è collegato a chi ma mi piace scoprirlo. Vale sia che si parli di finzione che se si parla di realtà.
Se Coppola, all’inizio de Il Padrino avesse scritto "basato sua una storia vera", cosa sarebbe cambiato? In questo senso mi piace pensare che la gente veda il film e si diverta. E se sei un amante di Citizen Kane , te lo divori».
Classica prova d’attore: ha dovuto mettere su un bel po’ di peso per interpretare Mank. E anche comportarsi da alcolista.
«Non è un mistero che io sia un ex alcolista, sobrio da quasi 24 anni.
Ma ricordo quei giorni. Quindi, per usare un termine del "metodo", usi quella memoria sensoriale. La sceneggiatura richiedeva quel tipo di comportamento e lo catturava bene, e ho saputo riconoscerlo, ritrovarlo».
Un film girato in bianco e nero, con uno stile di recitazione molto Anni Trenta, ad esempio le battute accelerate. Una scelta inusuale.
«Sì, ma nel modo di girare di Fincher non c’è stato niente di insolito. Almeno, noi attori non ce ne siamo accorti. A inizio riprese ci ha detto cosa aveva in mente e consigliato di rivedere vecchi film.
Ho cercato materiale su Mank ma non c’è quasi nulla. In compenso ho trovato molto su suo fratello Joseph Mankiewicz, ho pensato che magari non fossero tanto diversi e ho costruito il mio accento sul suo. Quanto alle scene più veloci, tanti anni fa ho lavorato con Stephen Frears, in Prick up your ears , a volte girava una scena poi chiedeva allo script supervisor "quanto è lunga?". Se quello gli diceva, che so, un minuto e 42 secondi, lui replicava "ok, rifacciamola ma riducila di 30 secondi". Non significava farla più affrettata, ma più pulita e asciutta».
A causa della pandemia i cinema sono chiusi, molti set fermi. Com’è la sua vita in questo periodo?
«Somiglia parecchio alla mia vita precedente. Non esco molto, sono un po’ un eremita, ci sono voluti quattro mesi prima che arrivassi al cancello di casa per dare un’occhiata in strada. Mi arrivavano lavori da valutare, studiavo… Confesso che è stato piacevole. Io vivo così, quando non lavoro mi chiudo in casa. Sto bene con le mie cose. E tutto quello che ho adesso lo devo proprio a quella decisione, ventiquattro anni fa, di buttare l’alcol e salvarmi la vita. È stata la mia scelta più coraggiosa».